giovedì 18 settembre 2008

La telenovela Doña Bárbara sfida la letteratura venezuelana

1.jpg (11567 byte)Nelle infinità de los llanos, le grandi pianure venezuelane, si rincorrono le leggende di doña Bárbara, che una violenza dell'adolescenza ha trasformato in un'arida devoradora de hombres e in un'autoritaria proprietaria terriera, e di Santiago Luzardo, l'unico uomo che fa battere il suo cuore, ma che non può amarla, innamorandosi invece di Marisela, la figlia che lei ha rifiutato, costringendola a vivere nell'indigenza.
Doña Bárbara è uno dei capolavori della letteratura latinoamericana. Per il Venezuela è una specie di Promessi Sposi, scritto negli anni 30 da Rómulo Gallegos Freire per raccontare l'epopea della civilizzazione de los llanos, le grandi pianure interne in cui i terratenientes criollos si comportavano come veri e propri caudillos, approfittando della lontananza di Caracas. Doña Bárbara, dura e crudele, rappresenta questo mondo selvaggio e senza legge che non sia quella del più forte; anche il suo nome, che ha perso l'accezione greca di "straniero", indica la mancanza di civiltà. Santos Luzardo, retto e coerente, cresciuto in città, sebbene nato nelle grandi pianure, rappresenta la civiltà, la legge condivisa come unica base per la convivenza; lo si legge anche in questo caso nel suo nome, Santos, e nel suo cognome, Luzardo, con la luz, la luce, della civiltà. Il mondo primitivo e senza legge di Barbara non può fondersi con quello civilizzato e onesto di Santos, sono due mondi destinati a scontrarsi, non a innamorarsi. Così la pensa Gallegos Freire, che vede una speranza solo in Marisela, la giovane figlia di Barbara: abbandonata dalla madre, trova in Santos prima un protettore che l'aiuta a trovare un'identità e quindi uno sposo, sintetizzando così i due mondi e dando vita al nuovo Venezuela, con regole e ordine anche nel mondo dei terribili terratenientes de los llanos.
Doña Bárbara si trova in questi giorni al centro di un appassionato dibattito che parte da una domanda senza risposta: si può portare un libro su uno schermo? E, soprattutto, si può stravolgere un libro, sul modello di quello che è stato fatto di Omero in Troy?
Telemundo, che si rivolge agli ispanici degli Stati Uniti, ha appena trasformato il libro addirittura in una telenovela. Ad interpretare i due principali protagonisti ha chiamato il peruviano Christian Meier e la messicana Edith González. Non ha lesinato i mezzi: il budget è quello di una grande produzione nordamericana, gli scenari delle grandi pianure attraversate da immensi fiumi silenziosi danno idea dell'umidità e della sensualità di quelle terre, tra i produttori c'è anche la Sony, che garantisce mezzi tecnici e stile nordamericano.
La telenovela ha però stravolto il libro, spostando l'azione ai nostri giorni, e i personaggi, che per forza di cose sono stati attualizzati. Si è così perso tutto il simbolismo che stava dietro il libro e che, ai nostri giorni, non avrebbe più senso. Così se cinque delinquenti uccidono davanti a Barbara padre e fidanzato e poi la violentano, il telespettatore moderno non la considera disonorata, ma tende ad avere simpatia per lei e a capire la sua arroganza e la sua aridità. Quando si innamora del bel Santos Luzardo appena tornato nel llano per vendere le proprietà familiari, il pubblico tende a tifare per lei, a sperare che possa avere un'occasione di felicità. Certo, si è già intravista l'adolescente Marisela, che Telemundo trasforma in una ragazzina irruente e selvaggia il cui ruolo è far sorridere con le sue gaffes. Ma per Marisela possono esserci altre opportunità per conoscere l'amore ed essere felice: Santos, così bello ed educato, deve offrire un'occasione di riscatto a doña Bárbara, regalarle quel calore che non ha mai avuto e che l'ha trasformata nella spietata devoradora de hombres, senza leggi che non siano le sue.
Nei forum che seguono la telenovela il dibattito tra i sostenitori di Barbara e di Marisela è serratissimo. I primi chiedono una chance per la protagonista della telenovela, i secondi chiedono fedeltà totale al libro. Ma può una telenovela, diretta a un pubblico eterogeneo e statunitense, essere fedele a un libro? Telemundo non dà una risposta chiara e trasforma il capolavoro della letteratura venezuelana in un polpettone confuso e confusionario.
E' un po' il problema di tutte le telenovelas di Telemundo, che quando raccontano il continente che si stende sulla riva meridionale del Mar dei Caraibi, tendono ad affidarsi ai cliches più primitivi. Anche in pieno XXI secolo, nella Colombia e nel Venezuela che Miami ridisegna per un pubblico soprattutto messicano, abbondano stregonerie e superstizioni, non esistono radio, televisioni e cellulari, non esistono automobili, ma solo cavalli. Il che può essere vero se si parla di campesinos senza terra, ma se, come nel caso delle telenovelas miamensi, si raccontano amori e dolori delle classi più ricche che vivono ne los llanos e che hanno continui contatti con le solite capitali senza nome perché i messicani degli Stati Uniti si possano riconoscere, non è molto credibile.
Così, dopo 30 puntate, Doña Bárbara si dibatte tra dubbi e delusioni del pubblico. E gli sceneggiatori li stanno risolvendo in modi che incendiano i forum ispanici. L'attrazione tra Santos e Barbara, che nel libro era irrisolta e quasi a senso unico da parte di Barbara (il selvaggio è attratto dal civile, ma il contrario può succedere? per Gallegos Freire no), nella telenovela ha trovato soluzione in ardenti scene di passione. Un po' era scontato; difficile attualizzare una storia, portarla ai nostri giorni, parlare di passione e di tensione sessuale senza darle una soluzione. Soprattutto se uno dei protagonisti in causa è interpretato da uno dei sex-symbols più amati del continente, Christian Meier. Ma dare una risposta a questo conflitto che il libro lascia irrisolto significa stravolgere il personaggio maschile: Santos Luzardo non ha mai ceduto alla passione di Barbara, che era la sua antagonista, perché rappresentava l'onestà e la rettitudine della civiltà. E, come reclamano nei forum, le inviperite sostenitrici di Marisela, "come può essere che vada a letto con la madre e poi sposi la figlia? che schifo!". Piacevole effettivamente non è, neanche per il più scafato sostenitore della libertà sessuale. Il problema, però, è che Santos e Barbara sono stati trasformati in personaggi in balia del proprio desiderio sessuale, a cui lui sacrifica la propria coerenza di uomo di città e lei la propria dignità e intransigenza di terrateniente. In mezzo continua ad esserci Marisela, gelosa dell'attrazione sessuale tra i due, ma senza ancora i mezzi per combatterla e proporsi come antagonista della madre.
A 30 puntate dall'inizio non si capisce ancora cosa Telemundo voglia fare del capolavoro della letteratura venezuelana e lascia in preda al timore che stia creando il solito pastiche che ha reso inguardabili El Zorro la espada y la rosa e La tormenta, entrambi, guarda caso, con il bel Christian Meier che, a questo punto, meriterebbe progetti molto più convincenti.
Mentre nei forum infuria il dibattito sull'opportunità di trasformare un libro in telenovela, gli ascolti non sono entusiasmanti. Si capisce.