sabato 11 giugno 2011

La Colombia risarcirà tutte le vittime del suo conflitto interno

Juan Manuel Santos ha aspettato l'arrivo a Bogotà del Segretario Generale dell'ONU Ban Ki-moon per firmare la Ley de Victimas y de Restitución de Tierras, che intende ripagare le centinaia di migliaia di vittime della guerra che oppone il Paese alla guerriglia e ai paramilitari. E' una legge storica per la Colombia: per la prima volta non si fanno distinzioni tra le vittime della violenza delle guerriglie e dell'Esercito e per la prima volta si riconosce il diritto a un risarcimento ai profughi, costretti a lasciare la propria terra e i propri beni per sopravvivere. Si calcola che in Colombia ci siano oltre 2 milioni di rifugiati, alcuni dei quali riparati anche nell'Ecuador e a Panama.
La Legge firmata ieri dal presidente Santos ha un periodo di applicazione di 10 anni, durante i quali verranno create tre istituzioni dedicate solo alle vittime del conflitto: la Unidad Administrativa Especial de Atención y Reparación de las Víctimas, che si occupera di pagare gli indennizzi, la Unidad Administrativa de Tierras Despojadas, che cercherà di restituire le terre, laddove possibile, ai campesinos che le coltivavano prima di essere costretti alla fuga, e il Centro Nacional de la Memoria Histórica, che si occuperà di ricordare le vittime del conflitto, probabilmente anche con una Giornata ad esse dedicata. Entro la fine di quest'anno partirà il Registro Único de Víctimas, a cui dovranno iscriversi le vittime che intendono essere parte del programma; e, questa è una delle conquiste della legge, per iscriversi non saranno necessarie documentazioni infinite, ma una semplice dichiarazione. La compensazione economica prevista varia dai 20 milioni di pesos (circa 8mila euro) per casi di assassinio, invalidità permanente, sequestro o sparizione, ai quasi 5mila per i casi meno gravi. Le vittime avranno inoltre il diritto all'assistenza psicologica e all'assistenza sanitaria prioritaria.
La restituzione delle terre, che è uno dei grandi principi accolti nella legge, è tema più complicato, che potrà essere risolto solo quando lo Stato riprenderà il controllo del territorio in molte zone del Paese. Ma è importante, notano a Bogotà i sostenitori della legge, aver stabilito il principio.
E che questa sia una legge più di principi e di buone intenzioni che di azioni concrete, è cosa che notano tutti i media. Per molti progetti annunciati mancano i finanziamenti, per la restituzione delle terre ci sono i problemi già accennati. Anche per questo la legge ha una durata di 10 anni.
Ma per Santos e il suo Governo era importante stabilire il principio di uguaglianza delle vittime della guerra davanti alla Colombia. Non importa se sono state spogliate dei propri beni, della propria terra, intesa come luogo in cui si è nati e vissuti, e della propria famiglia dalle FARC, dalle Forze Armate regolari o dai paramilitari: quello che importa è che sono figlie della Colombia e come tale il Paese deve trattarle.
Il presidente Santos, che ha creduto profondamente in questa legge, tanto da arrivare a sostenere che anche solo per la sua approvazione è valsa la pena arrivare al Palacio de Nariño, ha detto ieri parole molto emozionate. "Ci metteremo e ci fermeremo sulla riva che ci corrisponde, al lato delle vittime, al loro fianco, abbracciando e comprendendo la loro sofferenza". L'epoca della durezza e dell'intransigenza di Álvaro Uribe sembrano definitivamente alle spalle, a meno di un anno dall'elezione del suo successore. "Non saremo gli stessi dopo questo dolore. Non saremo gli stessi dopo tanto sangue, dopo tante lacrime, dopo tanta sofferenza. Non saremo uguali dopo aver percorso, con l'anima rinchiusa per il dolore e la sofferenza, decenni di violenza tra figli di una stessa nazione" ha detto Santos, abbracciando tutte le vittime, senza distinguere tra quelle causate dai terroristi e quelle causate dalla reazione dello Stato.
Proprio per dare solennità a questo passo avanti compiuto dalla Colombia nell'accettazione del suo violento passato prossimo (e presente), Juan Manuel Santos ha voluto accanto a sé il Segretario dell'ONU Ban ki-moon, in visita ufficiale in America Latina. Per aspettare il suo arrivo ha ritardato di qualche giorno la firma della legge e ha così ottenuto il riconoscimento delle Nazioni Unite, che, però, non solo danno "il loro totale sostegno", ma chiedono anche che ci sia una vera "protezione" per le vittime perché "non è accettabile che la gente muoia per difendere i propri diritti". Ban ki-moon ha anche ricordato al presidente che "una buona legge non è sufficiente, deve esserci un effetto davvero trasformatore nella vita delle vittime e una sua applicazione appropriata per determinare se le aspettative vengono compiute".
Sulle aspettative Santos è stato chiaro e ha spiegato che l'applicazione della Ley de Victimas sarà graduale, dato che dovranno essere create le strutture e le istituzioni necessarie e dovranno essere trovati i finanziamenti adeguati. "Il nostro obiettivo più ambizioso è ottenere, in un orizzonte di 10 anni, di tutte le vittime del conflitto" ha sintetizzato.
Per quanto accolta come un significativo passo avanti nel riconoscimento della Colombia al suo conflitto interno, la Legge ha suscitato numerose perplessità tra le ONG impegnate su questi temi, tra queste anche Colombianas y Colombianos por la Paz, il movimento guidato dall'ex senatrice Piedad Córdoba, protagonista di molte liberazioni unilaterali di ostaggi compiute dalle FARC. E ha evidenziato, ancora una volta, la distanza semrpe più profonda che separa Juan Manuel Santos dal suo predecessore, Álvaro Uribe. L'ex presidente, che tanto si era speso nell'elezione del suo successore, considerandolo una sorta di continuatore delle sue politiche, non si riconosce nelle sue politiche e nelle sue aperture ed è sempre più inquieto. Su Twitter ha commentato già varie volte la propria contrarietà alla Ley de Victimas; l'ultima volta ha scritto: "Combattere il terrorismo non piace a tutti, ma beneficia tutti, non retrocediamo!" TVE1 cercava di spiegare ieri il diverso approccio dei due presidenti alla guerriglia servendosi delle loro origini: Uribe è figlio di un allevatore benestante e conservatore ucciso dalle FARC, espressione dell'aristocrazia terriera del Paese, Santos è figlio della borghesia illuminata e benestante urbana, aperta al mondo (la sua famiglia è stata a lungo proprietaria del quotidiano più importante del Paese, El Tiempo).
Il dualismo tra Santos e Uribe è sempre più evidente, così come la reciproca insofferenza. Tempo fa Santos ha detto che una volta terminato il suo mandato vorrebbe tornare all'insegnamento e vorrebbe stare in un posto in cui dare "meno fastidio possibile al successore". Ovviamente tutti hanno letto la sua frase come un messaggio indiretto a Uribe, anche se poi lui ha tentato di sdrammatizzare le sue parole.
Ma, l'abbia presa come l'ha presa l'ex presidente Uribe, la Ley de Victimas è, come spiega bene El Mundo di Madrid, "una legge necessaria per una nazione che si sta dissanguando da decenni e che è unica nel pianeta non solo per generosità, ma anche perché non si è mai fatto niente del genere prima di finire le guerre. Ma con grandi interrogativi come i finanziamenti, forse il punto più criticato da Alvaro Uribe, o come il suo avvio, una sfida colossale in un Paese in cui le istituzioni, tanto le vecchie come le nuove, sono deboli, inefficaci e con elevati indici di corruzione".