sabato 24 marzo 2012

La Siviglia violenta e inaspettata di Grupo 7, con Mario Casas

E' difficile che il cinema riesca a raccontare Siviglia oltre i suoi stereotipi di città meridionale, dalla luce abbacinante, dalla fervente religiosità e dal sensuale edonismo. Neanche i thrillers più intensi riescono a resistere alla tentazione di inciampare in qualche processione della Settimana Santa.
Cerca di uscire dallo stereotipo Grupo 7, poliziesco che uscirà il 4 aprile e che in questi giorni sta vivendo le ore più calde della sua promozione. E' stato girato a Siviglia la scorsa estate dal regista sivigliano Alberto Rodriguez, che deve la sua notorietà al film 7 virgenes e la sua conferma ad After (presentato in concorso anche al Festival di Roma 2009); con Grupo 7 Rodriguez firma il suo quinto lungometraggio e un omaggio sui generis alla sua città.
L'azione ci riporta indietro, fino alla fine degli anni 80, quando la città si preparava alla grande vetrina dell'Expo92. "La Spagna della Expo lasciava alle sue spalle il franchismo e presentava al mondo la Siviglia moderna, dunque la casa doveva essere pulita e, se non c'era tempo, si metteva sotto il tappeto tutto quello che era necessario. E i poliziotti fanno quello che possono" spiega Antonio de la Torre, uno dei protagonisti. Proprio per "pulire in tempo la casa", racconta il film, a Siviglia si forma il Grupo 7, una brigata di quattro poliziotti che, violenti e senza scrupoli, hanno il compito di ripulire le strade cittadine di delinquenza, drogati e pusher. La Siviglia che il film racconta, è molto diversa da quella descritta dagli stereotipi, anche se si muove negli stessi ambienti, come uno dei tanti mondi paralleli che frequentano le strade cittadine, senza incontrarsi mai davvero, neanche nei bar sempre pieni. E' una Siviglia violenta e disperata, senza scrupoli e senza futuro, che non lascia indifferenti e anche le vite dei poliziotti non saranno più le stesse dopo la dura e violenta esperienza del Grupo 7.
"Ma" mette le mani avanti il regista "è tutta finzione, il Grupo 7 non è mai esistito"; l'idea del film è nata dopo aver letto le note di un piccolo caso di corruzione, "molto domestico, ma ci ha ispirato l'ambiente"; il resto lo hanno fatto le cronache dell'epoca, lette attentamente, con il co-sceneggiatore Rafael Cobos, nelle emeroteche. "C'è una scena di dialoghi presa da un articolo di Interviú" svela il regista "E anche se questo è un film d'azione, alla fine è un film di personaggi; la cosa che più mi interessava e che ha in comune con gli altri film che ho fatto, è che parla della condizione umana, che è piena di contraddizioni".
Non è comunque Siviglia né la violenza con cui il film immagina che siano state ripulite le sue strade, il vero motivo d'interesse mediatico di Grupo 7. Il protagonista principale, il giovane poliziotto che prenderà decisioni fatali per la vita di tutti i personaggi, è interpretato da Mario Casas, che odia essere considerato "l'attore del momento", dato che recita da quando aveva 10 anni e, in fondo, sta raccogliendo, a 25, quello che ha seminato, e che però, indubbiamente, è l'unico attore giovane che trasforma in oro tutto quello che tocca. Grupo 7 segna un cambio di registro per lui: "E' il personaggio più adulto di tutti quelli che ho interpretato; anche se siamo coetanei, lui è padre, ha una famiglia, che per me sono state cose nuove" ha detto ai media in questi giorni. C'è molta differenza, effettivamente, tra Ángel, il suo poliziotto di Grupo7, e Aitor, il romantico poliziotto di Los hombres de Paco, Ulises, il taciturno marinaio di El barco o Hache, il tormentato motociclista di Tres metros sobre el cielo (e Tengo ganas de ti a giugno nei cinema). Questi ultimi sono personaggi adolescenziali, diretti a un pubblico di giovanissimi e, soprattutto, giovanissime, interessato più all'aspetto fisico di Casas che alle sue qualità recitative (che tutti siamo in fervente attesa di scoprire); Ángel è invece un ruolo adulto, che ha creato anche qualche grattacapo all'attore: "Più che le scene di botte, mi è costato stare in un bar con qualcuno, non parlare e dover dire tutto con lo sguardo. Sono sequenze che ti fanno impazzire, che ti girano in testa e torni a casa disfatto" ha spiegato.
Se il pubblico accetterà o meno questo cambio di personaggi e capirà che, a 25 anni, l'attore galiziano aspira a qualcosa di più che a mostrare i muscoli, lo si saprà dal 4 aprile. Però, Mario Casas sta dando prova di grande senso dell'umorismo e di consapevolezza dei meccanismi del divismo: "Sono stato quasi a punto di uscire in copertina con una maglietta, però..." ha scritto su Twitter, pubblicando una sua foto con in mano il numero di El Pais Semanal in edicola oggi, in cui lo si vede, inevitabilmente, con il torso nudo. Otra vez será, Mario. Sarà per la prossima volta.