venerdì 22 giugno 2007

La rivincita del quechua: i movimenti indigeni rivalutano la lingua degli incas

Yayayku hanaq pachapi kaq,
sutiyki yupaychasqa kachun.
Kamachikuq-kayniyki takyachisqa kachun,
munayniyki kay pachapi ruwakuchum,
Imaynan hanaq pachapipas ruwakun hinata.
Sapa p'unchay mikhunaykuta quwayku.
Huchaykutapas pampachawayku,
imaynan ñuqaykupas contraykupi huchallikuqniykuta panpachayku hinata.
Amataq watiqasqa kanaykuta munaychu,
aswanpas saqramanta qispichiwayku.
Qanpan kamachikuq-kaypas, atiypas,
wiñaypaqmi yupaychasqa kanki

E' il Padre Nostro in quechua, la lingua parlata da quasi 10 milioni di persone nella zona andina, tra la Colombia e l'Argentina settentrionale e diffusa dagli Incas come lingua franca del loro impero. Una sorta di latino delle Ande, che ha conosciuto la sua massima espansione nella fase finale dell'impero precolombiano e nella prima parte della Conquista spagnola. Anche se è con l'aymara e il guarani la più importante lingua indigena dell'America Latina, il quechua è stato codificato dagli spagnoli: prima del loro arrivo mancava un ente regolatore, una specie di Accademia della Crusca che ne preservasse l'uso e ne stabilisse le regole; anche per questo la lingua si è frammentata in vari dialetti, i più importanti dei quali, quelli di Cuzco e di  Ayacucho, sono tra loro incomprensibili.
Lo stesso nome della lingua, quechua, derivante dalla parola indigena qishwa, zona temperata, è un'imposizione spagnola: gli Incas lo chiamavano runa simi, lingua dell'uomo; il runa simi era la lingua popolare, le classi dominanti parlavano invece l'inca simi, una variante del quechua che si ritiene fosse una specie di lingua segreta.
Gli spagnoli stabilirono una grammatica, scritta da Domingo de Santo Tomás nel 1560, e iniziarono a insegnare il quechua all'Università di Lima, una delle più antiche del continente, fondata nel 1551. Del 1470 è l'Ollantay, l'opera più nota della lingua indigena, scritta da un anonimo.
L'attenzione dei conquistadores per il quechua fu esclusivamente strumentale: il loro scarso rispetto per le culture precolombiane è noto ed è causa di dibattito anche in Spagna, 500 anni dopo la sanguinaria conquista dell'Imperio. Attraverso il quechua, la lingua più diffusa dell'area andina (ci sono testimonianze delle sue infliuenze anche tra i mapuche cileni), i conquistadores potevano controllare meglio il territorio e gli indigeni. Ma essere un quechua-parlante era fino a poco tempo fa tutt'altro che un vantaggio. Una delle discriminanti della gerarchia sociale sudamericana era proprio il controllo e la conoscenza delle lingue: nel Perù e in Bolivia, dominati e controllati da una piccola minoranza di origine europea, non parlare il castellano, la lingua importata dagli spagnoli, impediva qualunque progresso sociale. Un bambino della puna andina, nato e cresciuto nella cultura quechua, non aveva alcuna speranza, una volta arrivato a Cuzco o a Lima, di avere successo perché il potere e la burocrazia parlavano esclusivamente spagnolo (senza poi dimenticare le discriminazioni razziste a cui sarebbe stato sottoposto per essere un indio). Sulle Ande hanno convissuto senza conoscersi, discriminandosi, e a un prezzo sociale altissimo, la cultura europea dei criollos, i discendenti dei conquistadores, e i quechua, eredi dei figli del Sole: ai secondi era negato l'accesso alla ricchezza nazionale perché non conoscevano la lingua dei primi, ai primi era negato l'accesso a buona parte della cultura originaria del loro Paese perché non conoscevano la lingua dei secondi.
Solo da pochi decenni, con le rivendicazioni dei movimenti indigenisti e la conseguente rivalutazione delle culture locali, il quechua ha ritrovato il suo posto ed è diventato lingua ufficiale nel Perù e in Bolivia, dove è parlato dalle popolazioni degli altipiani. In Ecuador, Bolivia e Perù molti deputati usano in Parlamento la lingua indigena per rivendicarne l'importanza e il valore nell'identità nazionale: è stato il dominio del quechua, tra le altre cose, che ha permesso ad Evo Morales di presentarsi come candidato credibile degli indigenas alla presidenza della Bolivia. E proprio in Bolivia le grandi campagne di alfabetizzazione che il Governo sta sostenendo con l'appoggio del Venezuela e di Cuba, puntano prima sull'insegnamento del quechua e poi dello spagnolo.
Un nuovo grande strumento di appoggio all'apprendimento della lingua è arrivato lo scorso anno da Microsoft, che ha tradotto il Pacchetto Office e il sistema operativo Windows in quechua, con l'appoggio del governo e di vari enti peruviani. Grazie a questo strumento solo nel Perù 700mila bambini quechua hanno maggiori possibilità di conoscere le tecnologie moderne e Internet: "Vogliamo incentivare l'uso di questa lingua ufficiale e contribuire alla sua diffusione come referente culturale peruviano perché i quechua hanno il diritto di imparare nella propria lingua" aveva detto al momento del lancio di Windows l'allora ministro dell'educazione Sota Nadal. Per non rimanere indietro, Google ha lanciato un motore di ricerca in quechua, dando ai popoli andini la possibilità di non rimanere esclusi dal progresso. E la gente delle Ande, che sia di lingua quechua o castellana o, come sarebbe meglio, bilingue, non si lascia scappare l'occasione offerta da Internet per lanciare la propria cultura: numerosissime pagine web in spagnolo offrono dal Perù, dall'Ecuador e dalla Bolivia corsi di quechua, soggiorni vacanze alla scoperta delle tradizioni locali, con tanto di ricette curiose e di esempi di folklore andino, e raccolte di leggende e miti andini, di quando i Figli del Sole erano i signori del Tahuaninsuyu, nome quechua dell'impero incaico.