lunedì 27 agosto 2012

I nazionalisti e gli indipendentisti baschi hanno il 61% delle intenzioni di voto

Se si votasse oggi nei Paesi Baschi, non ce ne sarebbe per nessuno, né per socialisti, né per conservatori. Secondo un sondaggio pubblicato ieri da El Mundo, il Partito Nazionalista Basco (PNV) e Bildu, la coalizione della sinistra indipendentista, otterrebbero il 61% dei voti, aggiudicandosi tra i 45 e i 47 dei 75 seggi del Parlamento di Vitoria. Il PNV avrebbe il 33,7% dei voti e Bildu balzerebbe al 27,3%; il PSE (il Partito Socialista Basco) scenderebbe al 21,4%, perdendo 8 dei 25 seggi che controlla attualmente, e il PP conquisterebbe il 12,8% dei voti, perdendo un seggio, (attualmente ne ha 13).
Colpisce l'ascesa di Bildu, inarrestabile dal suo debutto, alle elezioni amministrative del 22 maggio 2011, quando ha conquistato la provincia di Gipuzkoa, il Comune di San Sebastián e una miriade di Comuni minori; alle elezioni nazionali del 20 novembre 2011, con il crollo socialista e lo storico rifiuto dei baschi per il PP, è diventato la prima forza politica della regione. Con l'uscita di scena dell'ETA, che ha dichiarato a ottobre 2011 la rinuncia alla lotta armata, è evidente che in Euskadi i partiti nazionali sono fuori gioco ed è guerra tra nazionalisti, per stabilire chi sia il più puro, quello che può portare la regione alla sospirata indipendenza o,almeno, a forme sempre più radicali di autonomia.
Stanno succedendo cose strane in Euskadi. Da una parte i partiti nazionalisti sono quelli che vinceranno le elezioni, aprendo uno scenario che la vicepresidente del Governo spagnolo Soraya Sáenz de Santamaria ha già definito "preoccupante", dall'altra la vera preoccupazione dei baschi, secondo le inchieste, è la crisi economica, con i tagli sociali e la disoccupazione che comporta. Potranno essere i nazionalisti a risolvere la crisi economica, essendo la questione basca e il processo di pace la priorità di Bildu? Risulta difficile crederci: Bildu chiama i baschi a lottare per la liberazione degli etarras malati in carcere, organizza manifestazioni per chiedere una nuova politica pentienziaria, con l'avvicinamento a Euskadi dei terroristi dispersi nelle altre regioni, reclama l'avvio di un processo di pace autentico, che risolva i nodi rimasti insoluti con la rinuncia delle armi da parte dell'ETA. La crisi economica, la disoccupazione, i tagli alle politiche sociali preoccupano da un secondo piano e comunque accentuano il distacco da Madrid, in mano al conservatore e inviso PP (la sinistra indipendentista è anticapitalista, più vicina a Karl Marx che a John M. Keynes).
Nella lotta tra PNV e Bildu per assicurarsi l'egemonia sul nazionalismo basco, sembra che al primo tocchi il compito di essere rassicurante e credibile a Madrid e al secondo quello di enfant terrible, che dice e fa quello che il primo non può dire e fare (stiamo parlando solo di ideologia nazionalista, a livello economico-sociale il PNV è molto più conservatore di Bildu); il PNV spinge per un'autonomia sempre più profonda, Bildu vuole l'indipendenza tout-court (e sogna poi l'ingresso della Navarra e dei Paesi Baschi francesi in questo nuovo mini-Stato incastonato tra i Pirenei e il Golfo di Biscaglia.
Nell'evoluzione che i Paesi Baschi stanno compiendo in questi ultimi mesi, da quando è stata legalizzata Bildu e si è riconosciuto il diritto della izquierda abertzale di avere rappresentanti nelle istituzioni politiche, si nota tutta l'inadeguatezza del PP e si pagano le conseguenze dei suoi errori politici durante gli anni dell'opposizione al Governo di José Luis Rodriguez Zapatero. Non solo il PP ha boicottato qualunque tentativo di dialogo del PSOE con l'ETA, per porre fine al terrorismo, ma ha anche accusato i socialisti di essere complici dell'ETA e di cedere al ricatto del terrorismo, con manifestazioni, interviste incendiarie e un impressionante protagonismo concesso alle vittime del terrorismo, a cui è stata data una sorta di autorità morale sulla Giustizia nei Paesi Baschi, con toni protervi e aggressivi che non fanno onore alla loro condizione di "vittime". Ma con questo atteggiamento da tolleranza zero, tenuto negli anni dell'opposizione, il PP è oggi ostaggio delle sue forze più radicali e dei rappresentanti più intransigenti delle vittime, che si sentono autorizzati a giudicare qualunque mossa del Governo, avendo avuto questo ruolo, riconosciuto dal PP, negli anni socialisti.
Il risultato è stato chiaro in questi giorni: un etarra in carcere, Jesús María Uribetxebarria Bolinaga, ha ottenuto la libertà condizionale, che, tra l'altro, gli spetta per legge, all'essere un malato terminale di cancro; sui media affini al PP, El Mundo soprattutto, è partita la solita campagna che vuole il Governo "debole" davanti all'ETA, è stata data voce ai leaders popolari più intransigenti e alle vittime, pronte allo sciopero della fame, pur di non vedere gli etarras fuori dal carcere, è stato dimenticato che lo Stato non è l'ETA. Pedro J Ramirez, il direttore di El Mundo, e su Twitter uno dei 10 giornalisti spagnoli più influenti, ha retwitteato i tweet più arrabbiati che gli arrivavano, in cui si chiedeva che Uribetxebarria rimanesse e morisse in carcere e in cui si ricordava che in simili circostanze l'ETA non avrebbe fatto sconti all'eventuale ostaggio malato terminale, che non si può avere pietà degli etarras che non hanno avuto pietà, ecc ecc. Ed è qui che il PP è completamente debole e manca dell'autorità morale per ricordare che lo Stato democratico non è una banda terrorista, che ha leggi precise con cui si difendono diritti umani e pietas, appartenenti a tutti gli esseri umani in quanto tali, e dunque non potrà mai comportarsi come una banda terrorista; pertanto uno Stato democratico libererà un etarra a cui rimangono pochi mesi di vita, affinché possa ricevere le ultime cure e morire tra i propri cari. Uno Stato democratico, inoltre, non solo non può essere ostaggio dei "ricatti" dei terroristi, ma non può esserlo neanche delle ansie di vendetta e dei rancori delle "vittime", così disponibili alla visibilità mediatica che a volte ci si chiede quanto ci sia in loro di dolore e quanto ci sia di smania di apparire (c'è una ragazza, Irene Villa, che ha perso entrambe le gambe in un attentato dell'ETA e che è spessissimo sui media per raccontarci la sua vita, per mostrarci il suo matrimonio, la sua gravidanza e la nascita del suo primo figlio. E siamo tutti felici che abbia saputo superare la tragedia che le è toccata, ma è necessaria tanta presenza mediatica? ed è necessario che sia lei a giudicare se il Governo sta facendo bene o male, ottenendo la prima pagina di El Mundo e simili a ogni occasione? io credo di no; un po' di pudore del dolore, invece di tanta esibizione, a volte ci vuole).
Sono ancora Ramirez e la destra a dichiararsi preoccupati davanti allo scenario di Euskadi nelle mani nazionaliste: ma che i baschi siano nazionalisti, quando non indipendentisti tout-court, è cosa che si sa da decenni; il PNV ha sempre ottenuto almeno il 30% dei voti ed è sempre stato il primo partito della regione, la izquierda abertzale ha ottenuto il 25% dei voti sin dalla sua prima apparizione, dopo la sua legalizzazione; non voler vedere che esiste una questione basca a prescindere dall'ETA e che, anzi, l'ETA è stata l'espressione violenta di quell'esigenza di indipendentismo che almeno un quarto dei baschi condivide, è stata pura cecità del PP e dei suoi dirigenti, impegnati più a disarcionare Zapatero che a trovare una soluzione che possa essere condivisa da tutti i baschi. Il PP, grazie alle manipolazioni e alle intransigenze delle due legislature passate, per far cadere Zapatero, non è nella posizione ideale per prendere alcuna iniziativa né per denunciare alcuna interferenza. Adesso Soraya ed El Mundo si dichiarano "preoccupati" davanti a un possibile trionfo nazionalista, che metta da parte PSOE e PP: cosa possiamo fare? si chiedeva Ramirez su Twitter ieri, aizzando i più beceri dei suoi followers. Cosa possiamo fare? Rispettare la volontà popolare anche se non piace potrebbe essere un'idea? Si chiama democrazia, Pedro J.
Così l'iniziativa è nelle mani dei nazionalisti baschi e il PP, seppure al Governo a Madrid, continua ad avere un ruolo marginale a Vitoria. Oggi El Pais pubblica un'intervista al politico che sarà molto probabilmente il prossimo lehendakari di Vitoria, il leader del PP Iñigo Urkullu. Per lui il 2015 dev'essere l'anno entro cui si inizia a ripensare il rapporto tra Spagna ed Euskadi e si avvia un nuovo accordo costituente per la regione: "Ci sono stati cambi sostanziali nel contesto sociopolitico ed economico, non solo nei Paesi Baschi e in Spagna, ma anche in Europa. Questo ci porta alla necessità di ripensare quale sia lo status di autogoverno della  Comunidad Autónoma dei Paesi Baschi. Sarà un cammino che il PNV intende guidare, ma la premessa è la ricerca di un consenso previo, prima di arrivare al Parlamento basco". Urkullu rifiuta per ora qualunque alleanza a priori con i partiti nazionali, per evitare che Bildu governi, nel caso sia la forza più votata: "A priori non mi inclino né per un'alleanza con Bildu né con i nazionali. Mi inclino per spiegare il mio programma e vedere cosa succederà il 21 ottobre. Bisogna centrare bene gli obiettivi della prossima legislatura, se li centriamo e, in funzione dei numeri, coincidiamo con il programma di altre formazioni, vedremo". A Bildu, però, Urkullu chiede ulteriori passi avanti sulla via democratica: "Bisogna lavorare ancora nella normalizzazione della convivenza politica, che è la memoria e il risarcimento della sofferenza delle vittime del terrorismo. Nella izquierda abertzale in questo capitolo, e anche in altri ambiti, il rispetto delle regole democratiche, di maggioranze e minoranze, c'è ancora un lavoro da fare". E nel suo dopo-ETA c'è spazio per tutti, cercando di lasciare le ideologie che hanno separato Euskadi il più lontano possibile: "Ho già proposto al Presidente del Governo una riflessione del PNV sulla fine della violenza e sulla politica penitenziaria. E mi concentro anche su tutti i passi che dobbiamo dare per la risocializzazione e per la memoria di tutte le vittime, quelle dell'ETA e anche delle dell'abuso della Polizia. Dobbiamo approfondire anche l'educazione ai valori che devono caratterizzare una società plurale".