giovedì 22 febbraio 2007

El último imán de Ishbiliya, esordio letterario di Fernando Carrasco: un thriller per la Siviglia multietnica

"Preti, banchieri, pirati, duchesse e malandrini, i personaggi e le situazioni di questo romanzo sono immaginari e qualunque relazione con fatti o personaggi reali deve considerarsi accidentale. Tutto qui è fittizio, tranne lo scenario. Nessuno potrebbe inventarsi una città come Siviglia." La più bella dichiarazione d'amore ad una città, scritta da Arturo Pérez Reverte in La pelle del tamburo, uno dei libri più appassionanti che abbia mai letto. Forse perché anch'io, come una delle enigmatiche protagoniste, sono arrivata un giorno a Siviglia, mi sono innamorata della sua luce e ho cercato di non andare più via.
Siviglia è una città che ispira poeti, scrittori e intellettuali, il suo intenso passato, i suoi personaggi da copertina, la meridionale indolenza, la religiosità invadente. Vive senza contraddizioni l'assalto turistico che gira intorno alla Giralda, il minareto-campanile, e il Barrio de Santa Cruz e i ritmi scanditi dalla Semana Santa, la Feria de Abril e la Romeria del Rocio, le tre grandi manifestazioni edonistico-religiose. Da una parte l'internazionalizzazione, gli studenti americani e i turisti giapponesi che si mescolano nei tablaos, e dall'altra la vera preoccupazione delle dame sivigliane "cosa mi metto per la Feria". A volte danno l'impressione di essere due mondi paralleli, che si sfiorano, si incrociano, ma si passano accanto senza conoscersi, ignorandosi e con scarsa reciproca voglia di approfondire.
Mi sono innamorata di La pelle del tamburo non solo per i suoi personaggi, ma per come entra nell'anima di Siviglia e riesce a descrivere tutte le ragioni per cui da quasi dieci anni è la ciudad de mi corazón.
Per questo sono molto curiosa di leggere El último imán de Ishbiliya, opera prima del giornalista dell'ABC Fernando Carrasco. E' una Siviglia meno malinconica e dolente. Forse più inquietante, perché multietnica e senza risposte. Il libro parte da un fatto reale: a Siviglia verrà costruita la Moschea più grande d'Europa, tra le finora inutili proteste dei cittadini, preoccupati dal fatto che l'edificio religoso avrà una capienza maggiore del numero di fedeli musulmani dell'intera provincia. Sarà eretta in un quartiere marginale e problematico, nell'unico spazio che poteva essere destinato ai servizi ai cittadini; sarà dunque ben lontano dal glamour e dall'encanto delle pittoresche plazuelas che affascinano i turisti, ma, del resto, in qualunque città le costruzioni problematiche non sono mai nei quartieri benestanti.
La costruzione della più grande Moschea d'Europa nell'attuale capoluogo di quella che fu Al-Andalus ha un significato simbolico che non sfugge ai fondamentalisti islamici, per i quali è il primo passo per l'anelata Reconquista dei territori perduti, e neanche ai sivigliani più attenti.
Carrasco parte da qui per costruire il suo libro e cerca di immaginarsi il futuro di Siviglia, che potrebbe tornare a chiamarsi Ishbiliya, come ai tempi di Al-Andalus. Sarà una città in qualche modo riconquistata dagli islamici: "Non è qualcosa di così improbabile, la costruzione della Moschea è un fatto, e il progetto la configura come un complesso funzionane 24 ore su 24, più di 6000 mq che includono una scuola, una biblioteca  e un ristorante" ha spiegato Carrasco. Le due comunità, spagnola-cattolica e musulmana, "sono condannate a capirsi". Ma la convivenza viene messa in pericolo da una serie di assassinii di chiara matrice religiosa. Chi   vuole spezzare i precari equilibri tra le due comunità? Un sacerdote italiano, due ispettori di Polizia, uno cristiano e l'altro musulmano, un giornalista e l'imam della Moschea si trovano immersi in un thriller che gioca costantemente con rimandi alla realtà. Il terrorismo, la paura dell'altro, l'aspirazione alla convivenza, perché, in fondo, quello che vogliamo tutti è la pace e un futuro per i nostri figli, sono sullo sfondo, pronti a prendersi la propria parte di protagonismo. Carrasco dice che il suo libro è un invito "alla tolleranza, all'integrazione e al dialogo", dato che "siamo tutti pronti a considerarci aperti, ma quando il problema ci tocca da vicino, escono allo scoperto i pregiudizi razzisti che tenevamo nascosti". La città andalusa, che ha ben dieci comunità musulmane diverse, "deve essere un referente nella lotta per il rispetto reciproco, considerando che, per la nostra storia e le nostre radici, siamo profondamente legati al mondo musulmano".
Siviglia è una città che innamora e affascina. E' curioso come sappia anche offrirsi come sfondo di thriller inquietanti. In cui la religione ha sempre un ruolo rilevante.