Con Sevilla de mi corazón, Rio de Janeiro e Buenos Aires, Berlino è una delle mie città mito. Non so come e perché si decide di avere affinità, curiosità e interesse per città che non si sono mai viste. Sarà la luce di una foto? Sarà un momento della loro storia? Un flash della loro cultura rimasto dai tempi della scuola, dall'immagine di un film, dalla pagina di un libro o dai versi di una canzone? Non saprei. E non mi importa.
Fatto sta che sono a Berlino da due giorni e ho così realizzato il sogno di conoscerla. Mi tratterrò qui per varie settimane e dunque aggiungerò alle cronache del Sud-Ovest qualche idea dal Nord tendente ad Est. Ecco i miei primi appunti:
1 Il cielo sopra Berlino è grigio. E il grigio ha tante sfumature, da quello minaccioso e nordico, di nuvole gonfie di pioggerellina leggera, a quello bianco e sbarazzino, di nuvole che corrono via veloci. Il contrasto tra i tanti grigi è più intenso quando quasi all'orizzonte si aprono squarci di azzurro che ti fanno pensare che sì, il sole da qualche parte c'è ancora!
2 Anche a Berlino, nella solida e organizzata Germania, fanno sciopero. All'aeroporto di Schonefeld, prendo la S-Bahn, la metropolitana di superficie, guardo felice e contenta il panorama di architetture nordiche, i tedeschi che salgono e scendono dal vagone, sempre senza fare rumore e senza parole, e arrivo alla mia fermata. Non trovo l'ingresso alla U-Bahn e inizio ad avere subito insormontabili problemi de idioma. Fino a quando una signora gentile in english mi dice che la metropolitana e tutte le linee di trasporto pubblico, esclusa la S-Bahn, are on strike. Mi spiegano poi che lo sciopero è stato proclamato solo la sera precedente (chissà perché mi suona familiare) e che i lavoratori chiedono un aumento di stipendio per far fonte all'inflazione e perché, obiettivamente, sono malpagati. Da brava chica di sinistra, solidarizzo immediatamente con i dipendenti dei trasporti pubblici in sciopero, anche se ho dovuto andare a spasso con valigia al seguito per una buona mezz'ora. Lo sciopero è durato fino a ieri a mezzogiorno. I tedeschi sono tosti pure negli scioperi: un giorno e mezzo con Berlino paralizzata, senza autobus e senza metropolitana.
3 appartengo all'ultima generazione che ha visto la Guerra Fredda e si sente. Sulla S-Bahn vedo da lontano la Torre della Televisione ed esclamo tra me "Berlino Est!"; vedo le grandi case della periferia che fanno pensare al "grande oriente" che "dormiva dietro l'alba popolare", come cantavano i Pooh nella bellissima Dall'altra parte, scritta quando la perestrojka faceva sperare in un'altra Europa e in un altro mondo che non sono poi venuti. Mentre cammino a piedi per la città, con valigia al seguito, mi entusiasmo per un paio di negozi intitolati a John F. Kennedy, in ricordo del suo Ich bin ein Berliner. Che chissà perché è più famoso della più sintetica e feroce critica mai fatta al comunismo: "Ci sono molte persone al mondo che non capiscono, o che dicono di non capire, quale sia la grande differenza tra il mondo libero e il mondo comunista. Che vengano a Berlino" Ci penso mentre passo davanti al Rathaus di Schoeneberg, dove quel discorso fu pronunciato e la cui piazza è oggi intitolata al presidente americano ucciso. Intanto non vedo l'ora di andare alla Porta di Brandeburgo, ricordando quella mitica notte di novembre, in cui i berlinesi dell'una e dell'altra parte danzavano sul Muro, sotto lo sguardo dei cavalli imperiali di un'altra Berlino, che non sapeva e preparava le sue tragedie.
PS Scrivo queste note gettando di tanto in tanto uno sguardo alla Notte dei Goya, noiosa come tutte le notti di premi e trionfo annunciato di El Orfanato, sorprendente di Maribel Verdù e ormai abituale di Javier Bardem (qui premiato come produttore del documentario Invisibles). Intanto su repubblica.it e corriere.it mi informo sulle ultime dall'Italia. Bello il progresso. Bello essere nel Centro dell'Europa senza perdere i contatti con le sue estremità queridas (forse dovrò iniziare anche a cercare di imparare qualche parola di tedesco...)
Fatto sta che sono a Berlino da due giorni e ho così realizzato il sogno di conoscerla. Mi tratterrò qui per varie settimane e dunque aggiungerò alle cronache del Sud-Ovest qualche idea dal Nord tendente ad Est. Ecco i miei primi appunti:
1 Il cielo sopra Berlino è grigio. E il grigio ha tante sfumature, da quello minaccioso e nordico, di nuvole gonfie di pioggerellina leggera, a quello bianco e sbarazzino, di nuvole che corrono via veloci. Il contrasto tra i tanti grigi è più intenso quando quasi all'orizzonte si aprono squarci di azzurro che ti fanno pensare che sì, il sole da qualche parte c'è ancora!
2 Anche a Berlino, nella solida e organizzata Germania, fanno sciopero. All'aeroporto di Schonefeld, prendo la S-Bahn, la metropolitana di superficie, guardo felice e contenta il panorama di architetture nordiche, i tedeschi che salgono e scendono dal vagone, sempre senza fare rumore e senza parole, e arrivo alla mia fermata. Non trovo l'ingresso alla U-Bahn e inizio ad avere subito insormontabili problemi de idioma. Fino a quando una signora gentile in english mi dice che la metropolitana e tutte le linee di trasporto pubblico, esclusa la S-Bahn, are on strike. Mi spiegano poi che lo sciopero è stato proclamato solo la sera precedente (chissà perché mi suona familiare) e che i lavoratori chiedono un aumento di stipendio per far fonte all'inflazione e perché, obiettivamente, sono malpagati. Da brava chica di sinistra, solidarizzo immediatamente con i dipendenti dei trasporti pubblici in sciopero, anche se ho dovuto andare a spasso con valigia al seguito per una buona mezz'ora. Lo sciopero è durato fino a ieri a mezzogiorno. I tedeschi sono tosti pure negli scioperi: un giorno e mezzo con Berlino paralizzata, senza autobus e senza metropolitana.
3 appartengo all'ultima generazione che ha visto la Guerra Fredda e si sente. Sulla S-Bahn vedo da lontano la Torre della Televisione ed esclamo tra me "Berlino Est!"; vedo le grandi case della periferia che fanno pensare al "grande oriente" che "dormiva dietro l'alba popolare", come cantavano i Pooh nella bellissima Dall'altra parte, scritta quando la perestrojka faceva sperare in un'altra Europa e in un altro mondo che non sono poi venuti. Mentre cammino a piedi per la città, con valigia al seguito, mi entusiasmo per un paio di negozi intitolati a John F. Kennedy, in ricordo del suo Ich bin ein Berliner. Che chissà perché è più famoso della più sintetica e feroce critica mai fatta al comunismo: "Ci sono molte persone al mondo che non capiscono, o che dicono di non capire, quale sia la grande differenza tra il mondo libero e il mondo comunista. Che vengano a Berlino" Ci penso mentre passo davanti al Rathaus di Schoeneberg, dove quel discorso fu pronunciato e la cui piazza è oggi intitolata al presidente americano ucciso. Intanto non vedo l'ora di andare alla Porta di Brandeburgo, ricordando quella mitica notte di novembre, in cui i berlinesi dell'una e dell'altra parte danzavano sul Muro, sotto lo sguardo dei cavalli imperiali di un'altra Berlino, che non sapeva e preparava le sue tragedie.
PS Scrivo queste note gettando di tanto in tanto uno sguardo alla Notte dei Goya, noiosa come tutte le notti di premi e trionfo annunciato di El Orfanato, sorprendente di Maribel Verdù e ormai abituale di Javier Bardem (qui premiato come produttore del documentario Invisibles). Intanto su repubblica.it e corriere.it mi informo sulle ultime dall'Italia. Bello il progresso. Bello essere nel Centro dell'Europa senza perdere i contatti con le sue estremità queridas (forse dovrò iniziare anche a cercare di imparare qualche parola di tedesco...)