martedì 5 febbraio 2008

Domenica mattina di Carnevale, a Berlino

Nella Kurfüstendamm tranquilla e silente di una domenica mattina berlinese, un anziano signore, alto e vestito di chiassosi colori, ha inaspettatamente urlato Helloooo! Tutti i passanti si sono dapprima ritratti, come quando succede qualcosa di inaspettato e non si sa ancora che atteggiamento assumere, quindi si sono voltati a guardarlo e siamo scoppiati tutti a ridere, tornando alle vetrine di Zara & C. Poco più avanti la spiegazione di tanta allegria e di tanti colori improbabili indosso al bontempone.
Sotto le rovine della Kaiser Wilhelm Gedächniskirche, mai ricostruita dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, centinaia di persone aspettano l'arrivo dei carri di Carnevale. Bambini dallo sguardo scuro e i baffetti di Zorro, bambinette dal volto di future modelle con la bandana da pirata, indiani e fate. E poi ci sono gli adulti. Un cappello da jolly, un cerchietto con le corna del demonio, una parrucca fucsia o dorata, addirittura un vestito a righe bianche e rosse sopra il cappotto e un cappello da vecchia strega sono sufficienti per essere in clima. Perché i popoli che i luoghi comuni vogliono seri, compassati, ordinati e un po' timidi hanno una sorprendente inclinazione per il kitsch che più kitsch non si può? Il colore più discreto visto sotto la chiesa, tra la Kurfüstendamm e la Budapester strasse, è il fucsia; il giallo e il rosso l'accoppiata più contenuta; la predilezione per le parrucche viola e dorate è quasi imbarazzante.
Nell'attesa dei carri, la colonna sonora offerta da due tizi che stanno in una specie di cabina di gru e che ogni tanto nominano Berliiiin, è un curioso misto di ritmi da discoteca degli anni 80 con orrecchiabili motivetti della musica popolare. I berlinesi cantano ogni canzone come se fossero allo stadio, le signore di ogni età accennano qualche passo di danza, i turisti alla fine non resistono e si scoprono anche loro a ballare queste canzoncine a metà tra il folk e la disco e peccato non sapere le parole. Di tanto in tanto si formano capannelli di persone che chiacchierano e ridono, controllando, vestite da pappagalli e da pagliacci, piccoli e instancabili pirati e streghette dai cappelli impossibili. Poi finalmente arrivano i carri.
Sono tutti sponsorizzati da qualche impresa berlinese: agenzie di viaggi, mobilifici, discoteche. Ognuno suona la propria canzoncina a metà tra musica disco e folk con motivetto che tutto il pubblico conosce a memoria. Sopra ci sono ancora pirati e principesse, pagliacci e buffoni, costumi accuratissimi con piume, coroncine, velluti e colori impossibili. C'è persino un carro abitato da suore e preti di un'allegria sospetta, che ridono e salutano come se fossero delle rockstar. Tutti lanciano caramelle, cioccolatini e cioccolatoni al pubblico. E i rigorosi tedeschi perdono completamente il controllo. Si lanciano su caramelle cioccolatini e cioccolatoni finiti a terra come i bambini africani sui sacchi di farina lanciati dagli elicotteri. Si capisce anche perché tanti siano armati di ombrello, nonostante il cielo sopra Berlino sia azzurro, come quello di qualche migliaia di km più a sud. Un ombrello capovolto cattura varie caramelle in più di una mano non necessariamente agile.
Passa una mattinata di carri sotto la Kirche del Kaiser. I berlinesi continuano ad aspettare e raccogliere caramelle, i turisti asiatici ed europei, italiani e spagnoli in testa, si stufano e iniziano ad andare a zonzo. I vari stand della platz offrono cimeli della DDR, con una particolare predilezione per i berretti con la Stella Rossa, cucina thailandese, l'immancabile pizza con una canzoncina sempre a metà tra disco e folk che però dice "Pronto? Pronto? pizza, spaghetti, italiano" e meglio non sapere come continua in tedesco. Meglio optare per un panino con salsiccia, spezialität della Turingia. Meno male che i berlinesi sono aperti e gentili, abituati al contatto con turisti che hanno nella lingua un ostacolo insormontabile. Al banco e a gesti arrivano salsiccia e prezzo, poi si avvicina il più furbo dei camerieri e dice "dos euros", che si capisce meglio di two euros, ok, ma è inutile dopo l'indicazione delle dita. Gli basta un gracias! per dare una gomitata all'amico, come a dire, hai visto, ci ho preso!
E così, mentre i carri fanno il giro dalla Budapester strasse e passano nella Kurfüstendamm, ma chi ha voglia di rivederli, ci sono due cose da chiedersi: ma chi l'ha detto che i tedeschi sono freddi e distanti, se riescono a giocare con i turisti senza una lingua in comune? perché mi prendono continuamente per spagnola?