sabato 1 gennaio 2011

Oltre 3000 morti a Ciudad Juárez, nel 2010

Ciudad Juárez ha chiuso il 2010 con 3039 persone assassinate, il 13% in più rispetto al 2009, fermatosi a 2643 assassinii. La città, alla frontiera con gli Stati Uniti si conferma così come la più violenta del Messico e una delle più violente del mondo. Da gennaio 2008 sono morte nelle sue strade 7mila persone, per un totale di 9mila bambini rimasti senza un genitore o, in alcuni casi, senza entrambi, tragedia nella tragedia. L'analisi delle cifre proposta dai giornali ispanici è agghiacciante: nel 2007 sono state uccise dal crimine 301 persone, nel 2008 1587, nel 2009 2643, nel 2010 si è superata quota 3000; sono aumentati anche i femminicidi, arrivati a 300 in un solo anno, il che significa che ogni 28 ore a Ciudad Juárez viene uccisa una donna.
La lotta contro la criminalità e il narcotraffico sembra perduta, al leggere le parole che un'abitante della città, Isabel Vázquez, dice a El Mundo di Madrid: "Due anni fa ci stupivano al sapere che avevano giustiziato due persone nello stesso posto, poi ci spaventavamo al sentire che avevano decapitato qualcuno; adesso uccidono 15 persone allo stesso tempo, squartano le persone e le gettano in strada, uccidono bambini indifesi e viviamo terrorizati al sapere che possiamo essere sequestrati, senza che le autorità facciano qualcosa. Tutti noi che viviamo qui siamo stati testimoni di esecuzioni, ci hanno ucciso qualche familiare o abbiamo un conoscente sequestrato. Siamo indifesi".
Tra gli omicidi che hanno particolarmente colpito e indignato l'opinione pubblica messicana, c'è quello di Marisela Escobeda, uccisa il 16 dicembre da uno sconosciuto, che le ha sparato in testa, mentre protestava davanti al Palazzo del Governo di Chihuahua perché le autorità avevano rilasciato il fidanzato-assassino della figlia 16enne. Un assassino rintracciato da lei, con indagini private, e reo confesso, ma legato alla criminalità e, forse per questo, rilasciato da tre giudici. Sull'ondata emotiva che ha percorso il Paese al suo omicidio i tre magistrati sono stati sospesi, ma che la criminalità sia disposta a qualunque prezzo pur di difendere la propria impunità lo dimostrano gli eventi successivi: la falegnameria del compagno di Marisela è stata incendiata e suo cognato, che si trovava all'interno al momento dell'irruzione dei malviventi, è stato sequestrato e ucciso poco dopo. Questa è la fine promessa dai criminali a chiunque protesti: il clima del terrore instaurato a Ciudad Juárez non trova alcuna resistenza da parte delle autorità, a parte le parole di circostanza.
E al narcotraffico e allo status di città più violenta del Paese, la città messicana paga un pesantissimo prezzo economico. Il 2010 si è concluso con il 75% di posti di lavoro in meno rispetto al 2007 e con uno spopolamento che ha lasciato abbandonati il 25% degli alloggi cittadini. Fuggono gli investitori e gli stessi abitanti. Ciudad Juárez ha bisogno di un urgente cambio di rotta e di strategia, ma pare che il segnale non possa arrivare dalle autorità locali; nortedigital.mx denuncia un'emblematica irregolarità della passata amministrazione recentemente scoperta: per il trasporto pubblico sono stati acquistati 50 autobus, per 117,2 milioni di peso, un prezzo gonfiato di almeno 49 milioni, cosa che però non ha impedito l'approvazione dei bilanci pubblici del 2009 da parte dell'Auditoría Superior del Estado e del Congreso. Alla caduta economica di Ciudad Juárez corrisponde l'ascesa di El Paso, la città statunitense sull'altro lato della frontiera: la fuga dei juarenses ha portato un movimento 1,2 miliardi di dollari per infrastrutture, alloggi ed attività. Ed è una crescita che non accenna a diminuire, dato che i messicani non hanno alcuna intenzione di tornare in patria nei prossimi anni e stabiliscono dunque i loro affari nella città di frontiera di fronte alla propria.
Tra i settori più colpiti, quello del traffico di passaggio. Si calcola che solo durante le festività di fine anno circa 30mila persone hanno preferito sbrigare le pratiche d'ingresso, dagli Stati Uniti al Messico, al passaggio di San Jerónimo, 25 km a ovest di Ciudad Juárez, per evitare la violenza. Per la città è stato un ulteriore colpo economico: "La violenza ha colpito molto il nostro settore, per questo, nel tentativo di attirare i compatrioti, abbiamo promosso tariffe speciali per le Feste, garantendo anche le migliori condizioni di sicurezza durante il soggiorno" spiega ai media Jorge Ruiz Garcés, presidente dell'Asociación de Hoteles y Moteles de Ciudad Juárez. Non aiutano i consigli delle autorità federali, che invitano i viaggiatori a non muoversi di notte, a organizzarsi in carovane di vari veicoli e a non fare fermate non necessarie. Sembra quasi un film del Vecchio West, con i messicani nella solita parte di banditi e assaltatori di treni e cavalieri solitari, ma è la realtà in cui Ciudad Juárez e lo Stato di Chihuahua stanno sprofondando.