domenica 9 ottobre 2011

El Espectador: Julio Mario Santo Domingo ci ha trattati come una risorsa culturale

Cercando le reazioni del quotidiano El Espectador alla morte del suo proprietario, il milionario Julio Mario Santo Domingo, ho letto questo editoriale di Héctor Abad Faciolince. Generalmente cerco sempre notizie degli autori degli articoli che mi piacciono; non avevo idea di chi fosse Abad (lo siento, l'ignoranza non è mai un vanto) e cercando di lui ho scoperto che ha studiato Lingua e Letteratura all'Università di Torino, il che me lo ha reso immediatamente simpatico, e che ha rapporti molto stretti con l'Italia, avendo tradotto in spagnolo opere di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Italo Calvino, Leonardo Sciascia, Stefano Benni, e partecipando spesso a conferenze nelle Università (Torino, tra le tante d'Italia) e manifestazioni culturali. E' uno dei columnist di riferimento di El Espectador e questo è il suo ricordo dell'imprenditore scomparso, diventato proprietario del quotidiano in un gesto anche di generosità. Mi piace molto l'idea di un proprietario di quotidiano che lo considera una risorsa culturale, come un museo, un'orchestra o una biblioteca; mi piace per l'idea di un quotidiano paragonato a una biblioteca, a un'orchestra e a un museo, per l'arricchimento culturale che può offrire; e, soprattutto, mi piace l'idea di un uomo d'affari che non considera un quotidiano come mezzo per affermarsi, ma come risorsa di libertà per il suo Paese. Se volete leggerlo in lingua originale, lo trovate su elespectador.com

"Conosci Julio Mario?" mi ha chiesto molto tempo fa García Márquez. "Claro que no" gli ho detto io, con questo tono un po' sgradevole che usiamo a volte, quando ci chiedono di qualcuno che, data la sua immensa ricchezza, sembra appartenere a un'altra specie e venire da un altro pianeta. "Devi conoscerlo" ha insistito García Márquez "è una delle persone più straordinarie che esistano". Prima che me lo dicesse, non avevo molto interesse a conoscerlo; era come se qualcuno mi avesse chiesto se conoscevo il Papa o il presidente degli Stati Uniti. Persone misteriose, di un mondo strano, a parte, a cui non appartengo né voglio appartenere.
Dopo sono successe cose. E' successo che un imprenditore, che uno associava più alla birra o ai cellulari che alla conoscenza, decise di salvare El Espectador da un fallimento imminente. E non solo ha salvato quest'impresa, che è un orgoglio del giornalismo colombiano, ma (è quello che mi consta come membro del Consiglio Editoriale) non ha mai messo mano per dire quello che bisognava pensare o pubblicare e quello che no.
In qualche modo, credo io, il nostro quotidiano lo vedeva più come un patrimonio culturale colombiano che come un'impresa a cui bisognava far generare guadagni. Sostenere un museo o un'orchestra, costruire una biblioteca e una sala di concerti, patrocinare una Scuola di Arte e Mestieri non era così diverso (nella sua immaginazione) dal sostenere un quotidiano che crede nella libertà e nella democrazia, soprattutto in un periodo in cui i quotidiani di carta sono in crisi economica ovunque.
Per questo, e seguendo il consiglio di García Márquez, mi sono sentito molto onorato l'unica volta che ho potuto conoscerlo e chiacchierare per un attimo con lui. Andando verso casa sua mi sono ricordato che un suo amico mi aveva detto che a don Julio Mario dava fastidio se non si usava la cravatta nei pranzi a casa sua. Meno male che a New York vendono cravatte, non molto belle, ma neanche orribili, agli angoli e poco prima di arrivare da lui ne ho comprata una e me la sono messa meglio che ho potuto.
Fu un pranzo gradevole. Don Julio Mario, elegante come sempre e con una cravatta che sembrava arrivare da un altro pianeta, disse quanto si sentiva orgoglioso all'avere un quotidiano come questo, in cui tanti giornalisti lavoravano in libertà. Orgoglioso della sua storia di indipendenza, della famiglia Cano che lo aveva fondato e orgoglioso di poterlo sostenere, come si sostiene un'orchestra, un museo o una biblioteca. Se se ne può ricavare denaro, bene e speriamo. Ma prima di tutto come pilastro della libertà, di democrazia e di libero pensiero in una società che ha tanto bisogno di voci e giornalismo indipendente.
Solo per questo, solo per il suo impegno per un giornalismo libero in Colombia (non solo El Espectador, ma anche Cromos, Shock e il Canal Caracol), dobbiamo rendere un tributo di gratitudine all'uomo d'impresa che è stato Julio Mario Santo Domingo. Come tante volte, García Márquez aveva ragione: era un uomo straordinario.