venerdì 23 luglio 2010

I 10 anni di José Luis Rodriguez Zapatero alla guida del PSOE


Il PSOE ha celebrato ieri il decimo anno di José Luis Rodriguez Zapatero alla guida del partito. Era il 2000, eravamo in piena era Aznar e i socialisti continuavano a dibattersi nel dopo Felipe, incapaci di trovare un leader all'altezza del carisma dell'ex presidente del Governo e dilaniati nella lotta tra felipistas e guerristas, tra i seguaci di Felipe González, che proponevano un socialismo moderno e pragmatico, e del suo ex numero 2 Alfonso Guerra, che volevano un socialismo fedele alle radici di sinistra. 
L'arrivo al potere di questo 40enne, dallo sguardo azzurro e dalla popolarità incipiente, leader di una corrente nuova e imprevedibile, Nueva Via, che riuniva i suoi coetanei, fu una sorpresa e una boccata d'ossigeno. Intorno al giovane e sconosciuto deputato di León erano riunite le giovani leve del partito, che non ne potevano più di felipismo e guerrismo e volevano un nuovo progetto politico e di governo, più consono alle sfide della Spagna del XXI secolo e del PP, avviato a un quadriennio di maggioranza assoluta. Nel nuovo esecutivo voluto dal neo-segretario Rodriguez Zapatero, per dire, c'erano solo volti nuovi e nessun felipista o guerrista. Il rinnovamento generazionale si fa anche così, tagliando con il passato e guardando al futuro. Con i militanti che appoggiano e fanno il lavoro di sostegno dalle sezioni e dalle strade. 
Zapatero all'opposizione è stato l'uomo che ha firmato con il governo il patto contro il terrorismo, garantendo lealtà assoluta al PP su questo argomento, una lealtà che non gli è stata ricambiata quando lui è entrato alla Moncloa e il PP ha usato la lotta contro l'ETA per scatenargli contro una delle più violente campagne che si siano viste in democrazia. E' stato allora, quando era il leader dell'opposizione, che Rodriguez Zapatero ha introdotto il concetto di talante, l'atteggiamento positivo e gentile in contrasto con quello superbo e vagamente prepotente del José Maria Aznar della maggioranza assoluta, che si rifiutava di ascoltare chiunque e che, piccolo Bush da periferia dell'Impero, considerava che chi non la pensava come lui fosse contro di lui e, dunque, un anti-patriota. 
La vittoria alle elezioni, il 14 marzo 2004, dicono sia stato un regalo degli attentati terroristici alle stazioni di Madrid. Si dimentica di dire che nei tre giorni successivi alla tragedia il PP, nel terrore di perdere le elezioni, ha mentito agli spagnoli, insistendo su una matrice basca dell'attentato, quando era chiaro a tutti che era islamica. "Mi sembra di essere tornata ai tempi del franchismo, per sapere cosa succede in Spagna dobbiamo ascoltare le radio straniere e leggere su Internet Le Monde e il New York Times!" mi diceva nel MSN un'amica catalana di quegli anni. E forse anche questa sensazione di ritorno al passato di tanti spagnoli è una delle ragioni della sconfitta del PP, il 14 marzo 2004. Senza dimenticare che gli ultimi sondaggi davano il PSOE in ripresa e molto vicino al PP. 
Ricordo lo Zapatero di quel 14 marzo 2004, che aveva accolto la vittoria senza sorpresa perché in fondo, probabilmente unico leader socialista, se lo sentiva, per come aveva condotto la campagna elettorale, per le reazioni dei militanti e del pubblico ai comizi e per quegli ultimi sondaggi che indicavano un trend in cambiamento. E' stato allora che si è iniziato a parlare della baraka, la buona sorte, del giovane segretario, diventato secondo presidente socialista della storia democratica di Spagna e unico a vincere le elezioni al primo tentativo: non ci sono riusciti né Felipe González, battuto da Adolfo Suárez, né José Maria Aznar, riuscito a liberarsi di Felipe solo grazie alla crisi economica e agli scandali di corruzione dell'ultima tappa socialista. No nos falles, Non ci deludere, urlavano nella notte della vittoria, nella calle Ferraz, sotto la sede nazionale del PSOE, i 20enni che avevano votato José Luis Rodriguez Zapatero. Perché è stato soprattutto grazie ai giovani, stanchi della Spagna ombrosa e assoluta dell'ultimo José Maria Aznar, che Zapatero è entrato alla Moncloa. Les ha fallado, li ha delusi, il presidente del Governo?
E' difficile rispondere a domande che richiedono un bilancio, nel momento più basso della popolarità di un leader. Si ricordano più facilmente i suoi errori, si dimenticano i suoi successi. E invece no. Nel momento più difficile della sua carriera politica, non si può dimenticare che José Luis Rodriguez Zapatero è l'uomo che ha lanciato la Spagna tra i Paesi più progressisti del mondo e che ha mostrato che si può essere tolleranti, aperti e socialdemocratici persino sulle latitudini mediterranee, nonostante l'opposizione della Chiesa e le resistenze dei conservatori. Non c'è soltanto il matrimonio per le coppie omosessuali, ovviamente. Ci sono le leggi per la parità tra i sessi e contro la violenza di genere: è stato sotto i governi di Zapatero che, grazie alle campagne di sensibilizzazione, al ruolo dei media, alle dure parole di condanna del premier a ogni omicidio e al suo appoggio senza ma e senza se alle donne maltrattate, i maltratadores hanno perso ogni giustificazione e sono condannati a prescindere dalla società. Ci sono state le misure sociali per aiutare i giovani a rendersi indipendenti dalle proprie famiglie nonostante gli stipendi da fame dell'ingresso al mondo del lavoro e per aiutare le giovani coppie con bambini. C'è stata l'idea di una Spagna plurale, che accoglie diverse nazionalità e  diverse lingue, permettendo a ognuna di svilupparsi e autogovernarsi. C'è stata l'idea di una Spagna che guarda al futuro avendo chiara la sua memoria storica, avendo riconosciuto a tutti i suoi figli il ruolo avuto nelle vicende del passato. 
L'opposizione della destra a una Spagna plurale e a una Spagna che sappia fare i conti con il proprio passato è stata furibonda e su Rotta a Sud Ovest se n'è parlato spesso. I conservatori accusano Zapatero di governare cercando di dividere la società ed è curioso, dato che il matrimonio per le coppie omosessuali include nei diritti chi ne era privato, che la Spagna plurale include nel patrimonio spagnolo lingue e culture che ne sono escluse, che la Spagna che guarda al futuro deve restituire la verità storica che i conservatori ancora negano, e cioè che il franchismo è stato una dittatura nata da una ribellione illegale contro le istituzioni democratiche spagnole e dunque i repubblicani difendevano al legalità e i franchisti il suo sovvertimento, deve cioè includere nella propria storia quei repubblicani sepolti nelle fosse comuni e lì dimenticati anche dalla democracia
La crisi economica di questi ultimi due anni ha messo a dura prova talante e baraka. Che Zapatero non sia stato in grado di affrontarla, negandola e sottovalutandola all'inizio, perdendo buona parte della sua credibilità per risolverla, è cosa di cui si è parlato molte volte in questo blog. Il presidente del governo ha iniziato a prendere le misure alla crisi solo quando la Spagna è finita nel mirino degli speculatori. Sono arrivate le misure impopolari che hanno deluso la sinistra, perché a pagare i costi di anni di successi economici basati sulla speculazione, i prestiti e uno stile di vita superiore alle possibilità del Paese, sono i soliti, i dipendenti pubblici, i pensionati, le mamme single, i giovani. I settori più deboli della popolazione, quelli che avrebbe colpito anche la destra. E' probabilmente in questo che Zapatero ha fallado, ha deluso, nell'incapacità di trovare risposte di sinistra a una crisi annunciatissima e che avrebbe avuto il tempo di governare da sinistra, se solo non si fosse rifiutato di riconoscerla. 
Ieri il PSOE ha organizzato una celebrazione sobria e allo stesso tempo festosa per celebrare i 10 anni di potere zapaterista. Ha anche diffuso un video, che raccoglie tutti gli slogan del leader di León in questi anni in cui ha cambiato la Spagna. Lui ha parlato con il solito ottimismo d'ordinanza, che ha abbandonato molta Spagna, molti militanti e molti dirigenti, ma non lui. Ha svelato di avere un "convincimento intimo", che "non stiamo così male. Stiamo molto meglio di quello che sembra e ve ne accorgerete". E siccome un paio di anni fa era convinto di avere nel mirino il reddito individuale di Francia e Germania, da raggiungere e superare, c'è da incrociare le dita. Nonostante tutte le difficoltà, Zapatero si sente orgoglioso, non solo dei socialisti e del loro lavoro in questi suoi 10 anni, per il quale li ha ringraziati più volte de corazón, ma soprattutto "della Spagna e degli spagnoli di questi tempi moderni, che sanno dare il meglio di se stessi. Mi sento orgoglioso dei cooperatori, dei soldati che portano la pace nel mondo, di tutti gli uomini che nella scienza e nella ricerca si fanno notare nel mondo, di tutti gli uomini della cultura, delle arti e delle lettere". Non so perché i leaders socialisti spagnoli della democracia abbiano sempre questo embrujo, questa capacità di affascinare. Sono incantatori di serpenti, dicono i loro detrattori. E magari lo sono. Ma lasciano anche una certezza, che è poi una delle cose più ammirevoli della Spagna. Il cuore del Paese è progressista e socialista: in trent'anni di democrazia il PSOE ha governato per quasi vent'anni, lo ha fatto tra luci e ombre, chiaramente, ma ha portato la Spagna in Europa, l'ha resa uno dei Paesi più europeisti dell'Unione Europea, l'ha inserita nell'euro e l'ha dotata delle leggi più progressiste d'Europa. Come in una piccola Scandinavia del Mediterraneo, la destra non è mai andata al potere per i propri programmi, ma solo per la chiusura dei cicli socialisti, per gli errori e le mancanze del PSOE; il tempo di rinnovarsi, di elaborare una nuova proposta di governo e i socialisti tornano alla Moncloa. E' il cuore della Spagna che batte per l'inclusione e la tolleranza del progetto socialista e anche questo spiega i suoi successi e i suoi incredibili progressi in soli 30 anni di democracia.