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domenica 2 febbraio 2014

La misteriosa morte di 500 delfini allarma il Perù: è colpa di un'alga tossica?

Né i pescatori né l'estrazione illegale dei minerali. Non si sa ancora cosa abbia ucciso circa 500 delfini sulle coste settentrionali del Perù, ma gli esperti escludono l'azione umana. Non sono stati i pescatori, che magari hanno gettato in mare qualche sostanza tossica, non sono state le estrazioni illegali dei minerali, una delle piaghe del Perù contemporaneo, con inquinamento da mercurio o sostanze tossiche nel mare. Eppure nelle scorse settimane centinaia di cetacei sono morti sulle spiagge del Perù settentrionale.
Alla fine di gennaio, alcuni ricercatori dell'Instituto del Mar del Perú (IMARPE) hanno realizzato una spedizione scientifica tra Pimentel, in provincia di Lambayeque e Illescas, in provincia di Piura, e hanno verificato la morte di almeno 500 cetacei. Alcuni pescatori da loro contattati hanno confermato che i delfini spesso rimangono imprigionati nelle loro reti e muoiono, per mancanza di ossigeno (un delfino può stare sott'acqua per massimo 15 minuti, poi deve risalire in superficie per respirare). Sulle spiagge i ricercatori hanno trovato circa 400 delfini morti, da aggiungere a un centinaio trovato nelle scorse settimana. Impossibile attribuire tutte queste morti alle reti dei pescatori. Le prime analisi scartano gli avvelenamenti per l'attività umana e la ricerca si sta orientando verso qualche alga tossica, che i delfini hanno ingerito.
La morte massiccia dei delfini sta preoccupando le autorità peruviane: in questo periodo i cetacei si avvicinano alle coste in cerca dell'anchoveta, di cui si alimentano, e per la riproduzione. Le morti misteriose, in questa stagione, potrebbero dunque avere conseguenze catastrofiche.



Le impressionanti foto del vulcano Tungurahua, in eruzione nell'Ecuador

Magari è la distanza a far giudicare spettacolari le immagini di un vulcano in piena eruzione. Perché se fosse a poche decine di km da casa, altre sarebbero le emozioni (anche se ci sono città e culture abituate a convivere da millenni con i giganti silenziosi e pericolosi, vedi Catania e Messina con l'Etna, Napoli con il Vesuvio, le isole Eolie e i popoli andini con i loro vulcani).
Nell'Ecuador, nelle province di Tungurahua e Chimborazo, a sud di Quito, sono in allarme per l'eruzione del Tungurahua, un gigante di 5.029 metri, che è in attività dal 1999, è stato davvero pericoloso nel 2006, quando ha ucciso sei persone con la discesa della lava su un villaggio sulle sue pendici, e adesso è di nuovo in piena attività.
Le autorità ecuadoriane hanno disposto l'evacuazione di centinaia di villaggi nei suoi dintorni e il vulcano lascia immagini impressionanti, raccolte dal sito web cileno latercera.com, da cui è tratta quest'immagine. 




martedì 7 gennaio 2014

Itinerari nella puna del Perù: nei boschi di queñuales, pietre e Puya Raimondi, intorno a Lampa

Il quotidiano peruviano La República ha pubblicato una bella galleria fotografica dedicata al paesaggio dell'altopiano andino, a uno dei circuiti turistici cordilleranos più spettacolari.
Punto di partenza è Lampa, capoluogo dell'omonima provincia nel dipartimento meridionale di Puno, poco più a ovest del Lago Titicaca. Siamo a circa 3900 metri di altezza sul livello del mare e intorno a Lampa si stendono boschi di grande fascino, rocce dalle forme sorprendenti e, soprattutto, insiste il quotidiano limeño, solitudine e silenzio.
L'itinerario dura circa sei ore e inizia con i boschi di queñuales, diffusi nei distretti di Lampa, Palca e Vilavila; la queñua è un albero tipico delle sierras del Perù, soprattutto di Puno; la sua chioma è più larga che alta e ricorda la disposizione di un ventaglio. "La struttura dei tronchi si caratterizza per la disposizione a crescere con forme curve e capricciose" scrive La República. Si arriva nelle città delle pietre, Tinajani, famosa per un grande canyon in cui le rocce presentano un curioso aspetto gigantesco e antropomorfo; siamo in una zona dall'intensa storia geologica: "Milioni di anni fa tutta quest'area era coperta di acqua, poi, con i cambi geologici, seccò, fino a rimanere in quello che è oggi il lago Titicaca". Intorno ai 4mila metri ci sono i boschi di Puya Raimondi, "una delle piante più impressionanti della Terra". E' una delle bromeliacee più grandi e per vari decenni le sue foglie spinose crescono e crescono e la pianta raggiunge i 4 metri d'altezza, il che è "uno spettacolo inusuale nel paesaggio arido della puna". Poi inizia improvvisamente a fiorire, raggiungendo gli 8-10 metri di altezza. "Non c'è una fioritura maggiore sul pianeta, arriva a produrre fino a 5mila fiori. Dicono che la pianta fiorisca solo quando arriva ai 100 anni, e poi, dopo aver lasciato andare i suoi semi, ne produce circa 6 milioni, muore". Una storia triste, che però illumina il paesaggio andino.




sabato 4 gennaio 2014

Dieci cose da fare e da non perdere nell'Amazzonia colombiana

L'Amazzonia colombiana inizia a 75 minuti d'aereo a sud di Bogotà, ha la propria capitale in Leticia, una cittadina di 30mila abitanti che si trova sul confine con il Brasile e il Perù e, soprattutto, sul Rio delle Amazzoni, il grande fiume che è anche la principale via di comunicazione dell'area. Occupa circa un terzo del territorio colombiano, oltre 400mila kmq, in cui si trovano numerose tribù autoctone e una gran varietà di animali e vegetali, per un patrimonio che mette la Colombia tra i primi posti al mondo per la biodiversità.
Da qualche tempo la Colombia sta cercando di lanciare turisticamente la sua selva: i dialoghi di pace in corso a L'Avana tra il Governo e le FARC fanno sperare anche per il futuro di questa regione isolata, lontana e di grandi potenzialità. Tempo fa Viaggi del Corriere della sera aveva dedicato un bel reportage a Leticia e ai suoi dintorni, parlando dell'Amazzonia come di un territorio non tanto diviso tra i tre Stati, Colombia, Brasile e Perù, quanto di un mondo a se stante, in cui i confini politici non hanno alcun valore, essendo prevalenti la natura lussureggiante, le tribù autoctone e, su tutti, il grande fiume, dispensatore di vita.
L'Ente del Turismo Colombiano propone, nel suo sito web, dieci piani per visitare il polmone verde del mondo nel suo territorio. Sono dieci cose da fare davvero, se avete in mente di atterrare a Leticia: 
1 Una visita guidata nel Lago Yahuarcacas, per osservare il delfino rosato, un animale tipico della regione e una delle sue maggiori attrazioni turistiche
2 Una passeggiata nell'isola delle scimmie, posto imperdibile in cui si può interagire con le scimmie e avvistare uccelli. Si può anche praticare canottaggio e canopy (traversata appesi alle funi).
3 A soli 15 minuti da Leticia c'è la Reserva Natural Flor de Loto, un posto in cui si può passeggiare in canoa, pescare, osservare la Victoria Regia, il fior di loto più grande dell'Amazzonia. Ci sono anche un servizio di ospitalità e un bar-ristorante.
4 Il Lago Tarapoto, a circa 80 km da Leticia, è il posto giusto per chi ama lo sci nautico, il canottaggio e la pesca sportiva. Si può osservare anche il pirarucú, considerato il pesce d'acqua dolce più grande tra quelli conosciuti
5 Il Jardín Botánico Zoológico Francisco José de Caldas, a Leticia, offre una panoramica sulla biodiversità della Colombia
6 L'area della Chorrera è il punto in cui i turisti possono interagire con gli indigenas Huitoto, Bora, Okaina d Muinane.
7 La Reserva Tanimboca, a 8 km da Leticia, è un bel posto in cui ci si può dedicare a numerose attività come il kayak o il canopy. Chi programma l'attività per tempo può dormire sulla cima di un albero
8 Nel km 9,8, tra Leticia e Tarapacá, c'è lo spazio indigena Witoto di Monilla Amena. E' un bel posto di paesaggi unici, in cui i turisti possono condividere il proprio tempo con gli abitanti, mentre offrono rituali e camminate.
9 Nel Parque Ecológico Mundo Amazónico, a 7 km da Letizia, i turisti possono osservare il meglio della fauna e della flora dell'Amazzonia. In particolare, c'è l'acquario Etuena, l'unico nell'Amazzonia in cui si possono osservare i pesci esotici.
10 Nell'Amazzonia colombiana si trova anche il Parque Nacional Natural Cahuinari, un posto perfetto per vedere ogni tipo di rettile. Tra le specie che si possono osservare, i caimani neri e le tartarughe giganti.



lunedì 11 novembre 2013

Immagini e suoni all'avanguardia per Guadalquivir, il primo documentario spagnolo sul grande fiume andaluso

Ci sono voluti 16 mesi per realizzare Guadalquivir, lo splendido documentario che racconta la natura sulle rive del grande fiume andaluso (al-wadi al-kabir, in arabo), dalla sierra de Cazorla alle dune del Parco di Doñana e che è stato appena presentato al Festival del Cinema Europeo di Siviglia. E' il primo documentario sulla natura prodotto dalla Spagna e presentato sul grande schermo dagli anni 60, il primo realizzato con i moderni strumenti per il suono e il video. Ed è stato curato con molta passione.
Il regista è Joaquín Gutiérrez Acha, che ha lavorato in numerose produzioni di Canal+ e National Geografic. La voce narrante appartiene a Estrella Morente, una delle cantaoras più apprezzate.
Tutto inizia nella Sierra de Cazorla, in provincia di Jaén, dove il Guadalquivir nasce e dove regna l'aquila reale. Il filo narrante è la storia di una volpe, che parte dalla Sierra de Cazorla, attraversa la Sierra Morena e scende fino a Doñana, all'inseguimento delle sue prede. Il cammino lungo il grande fiume permette di conoscere la grande varietà dei suoi paesaggi, della sua fauna e della sua flora; le lunghe ore di appostamento hanno permesso a Gutiérrez Acha di registrare casualmente la cattura di un coniglio da parte di una lince iberica; la tecnica del time-lapse, che accelera il movimento, permette di vedere la nascita di un'orchidea, il volo di un'aquila reale, la lotta di due volpi. 
Oltre a usare le moderne tecniche visive, Guadalquivir è il primo documentario al mondo registrato con il suono Dolby Atmos, utilizzato generalmente nelle produzioni 3D: è una tecnica che avvolge lo spettatore, che ha così l'impressione di trovarsi in mezzo a ogni scena, siano le lotte tra gli animali o una nevicata sulla sierra.
Il trailer di Guadalquivir è su youtube, per vedere il documentario sul web, bisognerà aspettare.

venerdì 8 novembre 2013

In Spagna e nel Cile le riserve mondiali dei cieli senza contaminazione luminosa. Una spinta al turismo astronomico

I cieli notturni senza contaminazione luminosa, così da permettere una visione quasi perfetta del firmamento, parlano spagnolo. Tre dei quattro ultimi riconoscimenti della Fondazione Starlight, al termine di un lungo processo, sono andati infatti alla Spagna e al Cile: il Parque Nacional de Monfrague, in provincia di Cáceres, la Costa Norte Fuerteventura, nelle isole Canarie, e il Parque Nacional Fray Jorge, nel Cile offrono i cieli notturni più incontaminati del mondo; unico luogo non ispanico a ottenere la distinzione è il Lago Tekapo, nella Nuova Zelanda.
Queste aree, segnalate da Starlight con una certificazione ad hoc, si distinguono per l'impegno a difendere la qualità del cielo notturno e l'accesso alla luce delle stelle e per divulgare le risorse a questo associate, siano esse scientifiche, astronomiche, naturali o paesaggistiche. Le Canarie e il Cile, per fare un esempio scientifico-culturale, ospitano alcuni degli osservatori astronomici più importanti e grandi del mondo, grazie ai loro cieli notturni privi (o quasi) di contaminazione luminosa.
E questa caratteristica può diventare anche un'importante risorsa turistica, come ha sottolineato il Sottosegretario cileno al Turismo Daniel Pardo: "Circa il 79% dei turisti che visitano il Cile lo fa spinto dalla natura del nostro Paese e dai suoi paesaggi, per cui questa distinzione contribuirà ad attrarre un maggior numero di astronomi e di turisti attratti da questo tipo di esperienza".
Il Cile si è impegnato particolarmente per ottenere il riconoscimento: il Parque Fray Jorge, che si trova nel Cile centro-settentrionale, nella Regione di Coquimbo, è stato monitorato per un anno, durante il quale sono stati misurati parametri come l'oscurità del cielo, la nitidezza, la trasparenza, le notti senza nubi (la media è di 280 notti all'anno). Con questa distinzione, il Parco aggiunge una ragione in più per visitarlo: è la prima riserva sudamericana di cieli notturni incontaminati. Tra le altre ragioni, la più affascinante è che è l'ultimo sistema boscoso prima del deserto di Atacama, a nord. I suoi boschi sono riusciti a sopravvivere grazie a un particolare fenomeno climatico: la condensazione della camanchaca, la nebbia della costa, prodotta dall'incontro della corrente di Humboldt, nell'Oceano Pacifico, con i venti marini, fa sì che si crei un ambiente umido particolare, che garantisce la sopravvivenza del bosco. Questa caratteristica fa anche sì che nel Parco si trovi l'estrema frontiera settentrionale di diverse specie vegetali autoctone del Cile, come l'olivillo o il copihue, il fiore nazionale del Cile. Dal 1977 il Parco è Riserva della Biosfera dell'UNESCO.

domenica 18 agosto 2013

Le spettacolari foto del Parco Yasuní, Patrimonio della Biodiversità che l'Ecuador apre allo sfruttamento petrolifero

Il presidente dell'Ecuador Rafael Correa ha annunciato pochi giorni fa di aver dato il via libera allo sfruttamento del petrolio nel Parco di Yasuní, dal 2008 riserva mondiale della biosfera. Per dare un'idea della ricchezza di questo parco, nell'Amazzonia ecuadoriana, a circa 300 km a est di Quito, ci sono i numeri:  nei suoi 982mila ettari ci sono 100mila specie di insetti, record mondiale per un'area relativamente piccola, 150 specie di anfibi, 121 di rettili, 598 di uccelli, circa 200 di mammigeri e oltre 3mila della flora. All'interno del parco vivono anche diverse comunità indigenas, in particolarei i tagaeri e i taromenane, dell'etnia waorani, che sono tornati nella giungla pochi decenni fa, per isolarsi dal resto del mondo e vivere secondo le proprie tradizioni, e che non hanno dato il loro consenso alla decisione di Correa, al non essere stati consultati. 
Lo sfruttamento del petrolio dell'area arriva dopo il fallimento del Sumak Kawsay, il piano Yasuní-ITT, con cui l'Ecuador rinunciava al petrolio dei campi di Ishpingo, Tambococha e Tiputini, in cambio dell' impegno della comunità internazionale a finanziare i piani di sviluppo del Paese, per un totale di 2,7 miliardi di euro, circa il 50% di quanto l'Ecuador avrebbe guadagnato con il petrolio. Il piano è stato annunciato sei anni fa e da allora sono arrivati solo 10 milioni di euro. Troppo pochi per continuare a crederci, così Correa ha gettato la spugna e ha detto sì alle compagnie petrolifere. "Non mi piacciono le miniere, non mi piace il petrolio, ma ancora meno mi piacciono la povertà e la miseria" ha detto Correa ai media. E l'Ecuador ha bisogno di 52 milioni di euro per finanziare i suoi piani contro la povertà. 
Il presidente attribuisce il fallimento del Sumak Kawsay alla sostanziale ipocrisia del mondo: "Il fattore fondamentale del fallimento è che il mondo è ipocrita e la logica che prevale non è quella della giustizia, ma quella del potere. I Paesi inquinanti sono anche i più ricchi e i più forti" ha spiegato. Ha anche ammesso gli errori compiuti dal suo Governo, che non è riuscito a convincere gli eventuali finanziatori della bontà della proposta di salvaguardia del parco Yasuní.
BBC World sottolinea come sia difficile spingere i possibili contribuenti a investire nel Parco se si ha sempre un piano B sotto la manica, cioè, lo sfruttamento petrolifero dell'area. 
La decisione di Correa sta causando grandi polemiche nel Paese andino: all'inizio dell'anno ben il 92% degli ecuadoriani di Quito e Guayaquil, le due città principali del Paese, sosteneva il progetto del Parco e il 66% era contro lo sfruttamento petrolifero del Yasuní, nel caso non si fossero trovati fondi sufficienti. I leaders indigenas minacciano mobilitazioni, perché le comunità Tagaeri e Taromenane che abitano la selva, e i cui territori sarebbero coinvolti nello sfruttamento, sono tornate volontariamente nella giungla per isolarsi e vivere secondo i propri costumi. Correa non si è dichiarato contro il referendum che da più parti gli stanno chiedendo e ha anzi assicurato che lo avrebbe vinto: "Ma datevi una mossa e raccogliete le firme!" ha commentato. Per il presidente il progetto Yasuní-ITT è fallito da un punto di vista finanziario, probabilmente perché ha precorso troppo i tempi: "La nostra iniziativa ha rotto schemi e ha aperto una porta, forse prematuramente. Il mondo non lo ha capito, ma la storia ne farà tesoro e vedrete che nel futuro questo tipo di iniziative, in un altro contesto storico, sarà accolto molto meglio".
elmundo.es pubblica oggi una lunga e splendida galleria di immagini del Parco Yasuní e della sua eccezionale ricchezza di flora e fauna, che rischiamo di perdere per ipocrisia, incomprensioni, ingenuità o quello che è stato. Eccone alcune.







giovedì 8 agosto 2013

In Galizia fiorisce per la prima volta una delle ninfee più grandi del mondo

E' stata una giornata speciale a Vigo, in Galizia. Nel Giardino Botanico della Fundación Sales è fiorita la ninfea gigante Victoria Cruziana, una delle piante più rare del mondo e una delle più grandi di questa specie, originaria del fiume Paranà, tra il Paraguay e l'Argentina settentrionale. Il momento fatale, attesissimo dai ricercatori galiziani e britannici, è stato alle 21.10 di un paio di giorni fa, quando si è aperto il primo fiore. La ninfea galiziana è di 'origine' inglese: il Giardino Botanico dei Kew Gardens, a Londra, ha ceduto a gennaio il seme da cui è nata questa preziosa pianta. E a Vigo ha trovato il suo habitat quasi naturale: le sue quattro foglie misurano 1,10 metri di diametro e continuano a crescere (possono raggiungere i due metri). Secondo il direttore della Fondazione Oliver Weiss la ninfea ha già dimensioni eccezionali e ha una grande forza: una bambina di tre anni può stare seduta su una sua foglia senza problemi. 
La fioritura della ninfea è stata un vero e proprio evento per il Giardino Botanico della Fondazione Sales: i suoi spazi chiudono generalmente alle 20, ma in questi giorni di attesa sono rimasti aperti fino alle 22, in modo da condividere con il pubblico lo storico momento. Quando il primo fiore si è aperto, si è brindato, come se fosse Capodanno: per lo staff del Giardino Botanico è stato un momento storico, perché difficilmente le ninfee si sviluppano nei climi europei. Questo esemplare, per esempio, è unico in Spagna. 
E adesso, con il primo bocciolo già sbocciato, l'attesa è per gli altri due boccioli, che dovrebbero aprirsi da un momento all'altro. Ma i fiori hanno vita breve, che rende la loro bellezza ancora più affascinante e struggente: si aprono solo per due notti, si chiudono di giorno e poi muoiono. Riuscita la fioritura, la Fondazione Sales ha davanti una nuova sfida: fornire a questa pianta uno stagno adeguato alle sue dimensioni. Per questo chiede la collaborazione dei visitatori: "L'ingresso continuerà a rimanere gratuito, ha spiegato la coordinatrice delle attività del Giardino Sarah-Jane Burke, ma "abbiamo messo un salvadanaio, affinché chi viene possa contribuire a questo progetto, se vuole". 


venerdì 26 luglio 2013

Le foto delle più belle cascate della Spagna

Non c'è bisogno di invidiare le cascate del Niagara o di Iguazù, anche l'Europa, nel suo piccolo offre spettacoli naturali di grande fascino. 
Ditelo altrimenti alla Spagna, che, soprattutto nelle sue regioni settentrionali, presenta cascate di grande bellezza, intorno alle quali è possibile anche praticare sport numerosi sport come il trekking, il kayak e la rampicata (o discesa) con le corde. 
El viajero di El Pais ha selezionato 12 supercascate, che sono come un inedito itinerario fotografico e turistico nel Paese. Tra queste segnalo El Velo de la Novia, in provincia di Saragozza: nei pressi di Calatayud, il fiume Piedra si chiude in un canyon e forma laghi e cascate, una delle quali è questa del Monasterio de Piedra. Nel Parco Nazionale di Ordesa, in provincia di Huesca, in Catalogna, il fiume Arazas forma una serie di cascate, la più spettacolare delle quali è questa, la Cola de Caballo. La cascata del fiume Asón, in Cantabria, tra La Gándara e Arredondo, si ammira da un apposito belvedere, che si trova sulla strada che unisce le due località e che offre un grandioso paesaggio, impreziosito da questa cascata di 70 metri. In provincia di Salamanca, vicino ai paesini di Masueco e Pereña, si trovano le cascate del Pozo de los Humos, secondo El Viajero tra le più belle di Spagna: il fiume Uces si getta nel vuoto di per 50 metri, formando vere e proprie nuvole di vapore, di qui il nome delle cascate.
La galleria fotografica delle dodici cascate, assolutamente consigliabile, è sul sito di El viajero.





giovedì 25 luglio 2013

500 orti urbani a Barcellona: un fenomeno in crescita tra poesia, didattica e autogestione

A Barcellona ci sono circa 500 orti urbani: 13 li gestisce direttamente il Comune, attraverso un programma specifico, oltre 200 si trovano all'interno delle scuole, attraverso il programma didattico Agenda 21 Escolar, 8 sono gestiti da entità sociali e altri sono nati da iniziative degli indignados e delle piattaforme che ad essi fanno riferimento. Lo riporta El Periódico de Catalunya, che racconta una Barcellona inedita e inaspettata, nascosta dietro le vetrine del turismo internazionale e dell'avanguardia architettonica. 
"Ogni orto è un mondo" assicura il quotidiano catalano "con una sola caratteristica in comune: in tutti le insalate crescono a pochi metri da una fermata di metropolitana. E un'altra in più: la gran parte sono orti ecologici. In quelli del Comune per obbligo, non si permette agli utenti di usare alcun tipo di pesticida, nella maggior parte degli orti autogestiti per convinzione".
E che ogni orto sia un mondo è vero. Per esempio, in uno degli orti degli indignados, l'Hort Indignat gestito dall'Assemblea Social de Poblenou, oltre agli ortaggi si coltiva la mente, con incontri e letture. "Queste piante sono così belle perché ascoltano poesia. Qui si sono recitati i versi di Miguel Hernandez" dice il coltivatore Pep a El Periódico "Le piante sono belle perché le trattiamo con affetto".
Dal 1997 il Comune di Barcellona offre circa 350 parcelle coltivabili, in una rete di 13 orti urbani; sono la delizia dei pensionati e degli anziani, che qui ritrovano il contatto con la terra e con la campagna, in piena città; le parcelle vengono assegnate a estrazione e l'assegnazione dura cinque anni, non rinnovabili, perché ci sono lunghe code di attesa. I primi orti urbani sono precedenti a quest'esperienza: nel 1994 crollò la casa del custode del Parque Güell e i residenti della zona, per evitare occupazioni illegali dell'area, chiesero i terreni per coltivarli, in orti che sono ancora esistenti.
Se gli anziani ritrovano negli orti sia i legami con la terra che le opportunità di socializzazione, attraverso lo scambio di esperienze e di libri da cui apprendere nuove tecniche e le ultime novità della coltivazione, i più giovani scoprono la natura e i suoi cicli negli orti delle scuole barcellonesi. Sono 320 le scuole che partecipano al progetto Agenda 21 Escolar, un processo educativo, spiega El Periódico de Catalunya, che "comprende una serie di obiettivi, azioni e risorse per ottenere lo sviluppo della coscienza e dei valori che rendano in grado di impegnarsi nei confronti dello Sviluppo Sostenibile". 213 scuole hanno un orto vero e proprio e grazie a questo "sono sempre meno i bambini che ignorano che le patate nascono sottoterra e i piselli in baccelli e non nelle buste dei congelatori dei supermercati".
PS Gli orti urbani sono un fenomeno in espansione anche in Italia; se ne parla in un bel documentario di Dario Cicchero, Ortiloquiando: dell'orto e delle sue declinazioni, che dedica ampio spazio all'esperienza torinese (la visione del documentario è ampiamente consigliabile a chiunque sia curioso, anche se non ha idea di cosa sia un orto urbano; su Rotta su Torino, un'intervista a Dario Cicchero e il video di Ortiloquiando). 

mercoledì 12 giugno 2013

Cinque meraviglie della natura spagnola in cui accadono cose curiose

Potrebbero essere un lago naturale, un paesaggio vulcanico, un belvedere naturale, una parete rocciosa, un piccolo fiume nel bosco. Invece no. Sono autentiche meraviglie della natura spagnola, perché oltre alla loro bellezza naturale, regalano anche eventi curiosi. Li ha scelti il sito web 101lugaresincreibles.com, che li illustra con fantastiche fotografie, davvero affascinanti. In realtà la lista comprende dieci meraviglie naturali e vi invito caldamente ad andare a vedere le altre cinque, che non troverete qui, perché potrebbero essere anche ottimi suggerimenti per vacanze spagnole insolite e fuori dall'ordinario.
Qui i cinque posti incredibili che più mi hanno colpito; curiosamente, la maggior parte appartiene alla Spagna insulare.

Le Grotte del Drach si trovano a Maiorca, sulla costa orientale, si estendono per circa 2,4 km, a 25 metri di profondità, e in una delle sale, tra stalattiti e stalagmiti, conservano un grande lago sotterraneo, il Llac Martel, in catalano, lungo ben 115 metri.


Il Parco nazionale Timanfaya conta su oltre 300 vulcani, la cui attività è cos recente da permettere di lasciare le impronte sulla lava pietrificata. E la temperatura è così alta, a pochi centimetri di profondità dalla superficie, che se si lancia un cubetto di acqua in una delle crepe del paesaggio lunare, viene restituita immediatamente sotto forma di geyser.


Ancora alle Canarie, questa volta nell'isola di Gran Canaria, c'è un promontorio roccioso alto circa 1500 metri, il Roque Nublo, intorno al quale, soprattutto in primavera e d'estate, gli alisei creano un mare di nuvole; così si ha l'opportunità di godere di uno dei tramonti più insoliti che si possano vedere: un manto di nuvole, sottostante, che si fa sempre più infuocato sotto i raggi declinanti del sole.


Nel complesso montagnoso del Picco d'Europa, nelle Asturie, c'è un promontorio roccioso verticale di ben 550 metri, il Picco Urriellu, una sorte di torre che arriva ai 2519 metri di altezza e che sembra un grattacielo naturale, lì, nel cuore delle montagne più imponenti del Principato.


I fiumi turchesi si immaginano nei film esotici statunitensi, stile Laguna Blu. Bisogna andare in Navarra, per trovarne uno vero: è l'Urederra, che in basco significa Acqua Bella, che nasce nel Parco Naturale Urbasa Andía e percorre solo pochi km, prima di gettarsi nell'Ebro. Ma in quei pochi km riesce a creare paesaggi di grande poesia e bellezza.

domenica 28 aprile 2013

La Sierra de Guadarrama diventa Parco Nazionale: le sue splendide immagini

La Sierra de Guadarrama, a nord di Madrid, in direzione Castilla y León, è diventata recentemente un parco nazionale. E' uno dei rifugi prediletti dei madrileni in cerca di svago e fresco nelle giornate più calde dell'estate, in cerca di gastronomia rurale (il cochinillo!) nei giorni di festa, in cerca di natura e libertà, tra le rocce, i laghi e i grandi boschi.
Per decenni si è cercato di trasformare la Sierra in Parco, senza mai raggiungere l'accordo: lo richiedevano la fauna, la flora, gli ecosistemi delicati dell'alta montagna, le specie a rischio, i panorami di grande bellezza, alcuni sulla stessa capitale spagnola. L'accordo che è arrivato non soddisfa tutti, ma permette di garantire una certa protezione ad alcune delle aree più emblematiche di Guadarrama, una delle sierras spagnole a più alta densità di storia e letteratura, oltre che di paesaggi, natura e gastronomia.
Per celebrare la creazione di questo nuovo Parco, il quindicesimo di Spagna e il quinto per estensione, con i suoi 33.960 ettari, elpais.com ha pubblicato una splendida galleria fotografica, di flora, fauna, paesaggi e panorami della Sierra de Guadarrama. E' davvero imperdibile.




venerdì 8 febbraio 2013

La magia di colori e culture del Lago Titicaca, frequentato da turisti e UFO

Il lago Titicaca è il lago più grande e più alto del Sud America; a circa 4mila metri d'altezza, è anche il lago navigabile più alto del mondo. Diviso tra Perù e Bolivia, è abitato da numero e popolazioni indigene, i tequiles, gli amanti e i più famosi di tutti, gli uros, che vivono in isole galleggianti.
E' un luogo magico per la cultura inca perché la leggenda vuole che un giorno siano usciti dalle sue acque l'Inca Manco Capac e sua sorella Mama Ocllo, i figli del dio Sole, a cui il padre aveva ordinato di fondare l'Impero degli Incas. L'isola del Sole, la più grande di quelle del lago, raggiungibile più facilmente dalla riva boliviana di Copacabana, una cittadina che conserva probabilmente l'unica cattedrale in stile mudéjar del Cono Sur, è il centro della tradizione incaica. Il centro del Sudamerica e della Bolivia, secondo i suoi abitanti. E' anche un luogo caro agli ufologi: secondo i suoi abitanti, infatti, i contatti con gli extraterrestri sono costanti, perché, spiegano, "vengono per trasmetterci conoscenze ignote agli uomini, sono grandi medici, grandi saggi, conoscono il tempo e la materia. Le nostre culture del passato hanno imparato tanto da loro".
Il lago Titicaca è anche un tempio della flora e della fauna, con piante di coca che crescono solo a quest'altezza, con colture di patata, caffè, quínoa che a queste altezze e latitudini assumono sapori particolari. E' anche una festa per i sensi, con contrasti di colore, luci e culture, che lo rendono ua delle mete turistiche più importanti del Perù e della Bolivia.
Il quotidiano colombiano El tiempo gli ha dedicato una bella galleria fotografica, sul suo sito web; qui alcune immagini, le altre al link indicato







mercoledì 22 agosto 2012

Le impressionanti foto della fauna cilena

Un Paese lungo 4000 km, che nelle sue poche centinaia di km di larghezza passa dalle coste pacifiche alle vette più alte d'America, deve per forza conservare una varietà di animali impressionante.
elconfidencial.com pubblica oggi una bella galleria fotografica dedicata alla diversità della fauna del Cile. Si passa dalle balene, che raggiungono le coste cilene per nutrirsi del plancton e che possono raggiungere le 130 tonnellate di peso, al piccolo colibrì, l'uccello più piccolo del Paese, che deve mangiare continuamente, "perché il suo consumo energetico è altissimo per la quantità di riserve che può immagazzinare"; ci sono poi le vigogne, gli animali degli altopiani andini, dove vengono utilizzati da secoli per il lavoro, per il loro pelo, per la carne e il latte, l'avvoltoio dalla testa colorata, capace di sentire da 6 km di distanza l'odore del cibo e dotato di una delle viste più acute degli animali cileni. La galleria raccoglie immagini di uccelli, mammiferi, rettili e c'è da imparare a ogni foto.
Qui alcune immagini, le altre al link già indicato









domenica 11 marzo 2012

La Colombia, paradiso degli animali migratori di entrambi gli emisferi

Quando l'emisfero boreale e quello australe cadono a turno nell'inverno, le loro specie migratorie hanno un paradiso che le aspetta, per godere del clima temperato necessario per la riproduzione e la sopravvivenza. Per entrambi gli emisferi del continente americano, questo paradiso è la Colombia. Nell'unico Paese sudamericano che è allo stesso tempo andino, amazzonico, caraibico e pacifico, passano ogni anno oltre 530 specie migratorie, dalle balene agli uccelli, passando per insetti di inaspettata bellezza; secondo i calcoli di due dei più importanti ricercatori del fenomeno, Juan Manuel Díaz Merlano e Carolina García Imhof, la Colombia è terra di passaggio per 275 specie di uccelli, 174 di pesce, 39 di insetti, 28 di pipistrelli, 8 di mammiferi acquatici e 6 di tartarughe. La loro destinazione possono essere le acque temperate del Pacifico, i terreni umidi della Ciénaga Grande di Santa Marta o, persino, la grande Bogotà, sui cui cieli volano uccelli migratori del NordAmerica e della Patagonia. La biodiversità della Colombia fa sì che il 10% degli animali del mondo l'abbia scelta come propria casa.
Gli animali migratori che si fermano in Colombia temporaneamente si sottopongono a viaggi massacranti: gli arenques e i tonni risalgono dal Brasile, passano per la Colombia e arrivano nel New England in meno di 60 giorni; alcune specie di farfalle volano fino all'isola di Pasqua, in pieno Oceano Pacifico, le tartarughe de La Guajira, la penisola che segna il confine caraibico con il Venezuela nuotano fino a una spiaggia del Costarica per deporre le loro uova; una volta è stata identificata nella Guyana una tartaruga, ritrovata 28 giorni più tardi nell'isola di Terranova, in Canada.
C'è un libro, uscito a gennaio, che racconta i fenomeni migratori di cui è protagonista il territorio colombiano; si intitola Colombia, paraíso de animales viajeros, è edito dal Banco de Occidente e mostra splendide immagini scattate da Angélica Montes e Daniel Uribe, che raccontano l'avventura di vivere e sopravvivere di migliaia di animali. Alcune immagini sono arrivate anche su Internet e sono una delizia per gli amanti della natura. Eccone alcune, altre ne trovate nella pagina che la rivista Credencial ha dedicato al libro.







domenica 4 marzo 2012

Il ghiacciaio del Perito Moreno si è rotto nella notte argentina

E' successo nel cuore della notte argentina, in piena solitudine: la diga che il ghiacciaio Perito Moreno costruisce sul Lago Argentino è crollata intorno alle 3.30-4 di questa mattina. Non c'erano turisti, solo alcuni dipendenti del parco, di guardia, che hanno osservato il fenomeno dal rifugio, senza però vedere granché. "Pioveva a catinelle e non c'era più nessuno nel belvedere; il rumore è stato fragoroso, poi, passata la notte, l'alba è stata completamente serena e si è visto il canale" ha detto il responsabile del Parque Nacional Los Glaciares Carlos Corvalán ai media.
Il fenomeno è iniziato a metà della scorsa settimana, secondo un copione che si ripete con cicli di 4-6 anni: le infiltrazioni d'acqua indeboliscono la diga dall'interno, lasciandola praticamente a forma di arco, con grossi pezzi che cadono mano a mano nell'acqua, fino alla fragorosa caduta finale dell'intero arco, che riapre i due bracci del Lago Argentino.
Queste le prime foto del Perito Moreno dopo la rottura; sono state pubblicate su lanacion.com.ar, dove le dimensioni originali danno una maggiore idea della spettacolarità



sabato 3 marzo 2012

Nel fine settimana ci sarà la rottura del ghiacciaio Perito Moreno

E' iniziato ieri il processo di rottura del ghiacciaio Perito Moreno, che si ripete ciclicamente, richiamando turisti di tutto il mondo nella provincia andina e argentina di Santa Cruz. Il Perito Moreno è l'unico ghiacciaio al mondo che continua ad avanzare. E nella sua avanzata forma una specie di diga tra il Lago Argentino e il suo Brazo Rico (il lago ha vari bracci, tra i quali il Sur e il Rico, che formano la penisola di Magallanes, su cui si trova il ghiacciaio), fino a quando il dislivello tra i due bacini e la pressione delle acque del Lago Argentino provocano la spettacolare rottura del ghiacciaio. Il processo inizia quando dal lago l'acqua inizia a infiltrarsi, fino a provocare vere e proprie grotte all'interno della diga e, quindi, il suo indebolimento e la sua rottura.
Ieri, intorno alle 13 argentine ci sono stati i primi crolli, a cui hanno assistito alcuni turisti già presenti sulla passerella del Parque Nacional Los Glaciares. Gli esperti prevedono per questo fine settimana la caduta della "diga", ridotta ormai a una specie di arco di ghiaccio. Si prevede che per la rottura del ghiacciaio arriveranno fino al parco migliaia di persone, per questo gli orari sono stati ampliati dalle 6.30 alle 20.
Il Perito Moreno ha un'estensione di circa 200 kmq, il suo fronte d'avanzata è di 2,8 km, per circa 70 metri di altezza sul livello delle acque del lago. L'ultima volta che si è prodotta la rottura è stato nel 2008. E' possibile assistere in diretta alla rottura nel web grazie a un accordo tra il Parque Los Glaciares e la Cooperativa Telefónica de El Calafate; per ragioni di sicurezza la webcam è attiva dalle ore 9 alle 22 argentine (-4 ore rispetto all'Italia), il link è questo (per accedere alla webcam bisogna cliccare su Acepto, per accettare il contratto in cui si assicura l'uso personale e senza fini di lucro delle immagini).
Dal web, l'immagine di un crollo avvenuto ieri, sullo sfondo l'arco del Perito Moreno che sta per rompersi.

venerdì 13 gennaio 2012

Un itinerario fotografico tra gli alberi che impreziosiscono Buenos Aires

Tempo fa, volendo scrivere un post su un curioso fenomeno che caratterizza la primavera di Buenos Aires, il "pianto" delle tipas, mi sono imbattuta in questo blog argentino, Personas Comunes, che pubblica splendide foto degli alberi di Buenos Aires. Lo fa con comprensibile orgoglio per il contributo che le piante danno al fascino della "capitale degli argentini".
Ci sono alberi esotici come le tipas, i gomeros e i lapachos e altri a noi più conosciuti come le jacarande e i platani. Tutti esplodono di colori in primavera e in autunno, regalando davvero a Buenos Aires atmosfere a volte europee e aristocratiche e altre inevitabilmente esotiche. Il vantaggio di essere la città più europea di Lanoamérica e di essere patria di tante culture.
Lo dimostrano le bellissime fotografie di Mariano D'Amico che illustrano il post argentino; qui quattro di quelle che mi hanno più colpito, le altre, con le didascalie che le illustrano, su personascomunes.blogspot.com







sabato 26 novembre 2011

La pioggia che cade dagli alberi di Buenos Aires

In questo periodo numerose strade di Buenos Aires sono protagoniste di un fenomeno curioso. Dagli alberti che le decorano cade una specie di pioggia, anche se il cielo è sereno e non c'è traccia di nuvole. Cosa succede, allora? Lo spiega a BBC Mundo Graciela Barreiro, direttrice del Giardino Botanico della capitale argentina.
Gli alberi coinvolti in questa insolita pioggia sono le tipas, autoctoni dell'Argentina settentrionale e portati a Buenos Aires alla fine del XIX secolo, per decorare le strade cittadine con il gusto europeo che caratterizza molti quartieri porteños. Il fenomeno è in realtà molto poco poetico, come spiega Graciela Barreiro: "E' dovuto all'attacco di un insetto chiamato chicharrita de la espuma (cephisus siccifoluis). Questi insetti sono afidi che pungono la foglia per berne la linfa. E la linfa che non assorbono, la espellono, formando una schiuma che, quando raggiunge il volume sufficiente, cade, facendo pensare alla pioggia".
E' una pioggia che non ha niente di tossico e non sporca gli abiti dei passanti, anche se lascia qualche impronta sulle auto parcheggiate sotto le tipas, come, del resto, farebbe la pioggia vera.
Il fenomeno della "pioggia" inizia alla fine di ottobre e continua fino all'inizio di dicembre, coinvolgendo praticamente buona parte della primavera australe.
Ma questa non è l'unica caratteristica curiosa della tipa. E' un albero che perde le foglie in primavera e presenta le prime gemme in autunno. Il che è piuttosto svantaggioso in una città che usa gli alberi per abbellire le sue vite e ne vorrebbe, però, anche un uso pratico: i rami delle tipas, senza foglie, non fanno ombra nella calde giornate d'estate e, al contrario, d'inverno, con le foglie che impediscono al sole di filtrare sui marciapiedi, raffreddano la temperatura delle vie. Ma le tipas si fanno perdonare, a dicembre iniziano a fiorire e i loro fiori gialli illumineranno le vie di Buenos Aires che adornano.
La tipa si diceva, è un albero dell'Argentina settentrionale, precisamente di un'area che si estende dal confine con la Bolivia fino alla provincia di Tucumán. L'architetto di origine francese Charles Thays, che stava disegnando la nuova Buenos Aires, la importò nella capitale perché, spiega ancora Graciela Barreiro a BBC Mundo, "provava le specie del resto dell'Argentina a Buenos Aires e se vedeva che funzionavano bene le usava nel disegno delle piazze dei viali". Le tipas, che decorano adesso le principali avenidas porteñas, evidentemente hanno funzionato. E anche se hanno un ciclo delle foglie invertito rispetto a quello tradizionale, se le loro dimensioni hanno superato ogni previsione di crescita di Thays, creando qualche inconveniente, per la gestione delle radici e per la stessa chioma, che è costretta a crescere verso il centro della strada, a causa della presenza degli edifici, sono ormai imprescindibili nel paesaggio porteno. E non si vede l'ora che arrivi dicembre per vedere i loro fiori gialli.

martedì 7 giugno 2011

Eruzione del Cordón Caulle: è emergenza a Bariloche, in difficoltà gli aeroporti di BsAs e Montevideo

E anche il Cono Sur ha il suo Eyjafjallajökull. L'omologo sudamericano del vulcano islandese che ha chiuso i cieli europei la scorsa primavera è il complesso cileno Cordón Caulle, in eruzione da alcuni giorni e adesso responsabile della chiusura e/o delle cancellazioni registrate in numerosi aeroporti argentini, compreso quello di Buenos Aires, e uruguayani, compreso quello di Montevideo. La nuvola di ceneri vulcaniche è stata spinta dai venti verso l'Oceano Atlantico e nelle scorse ore ha raggiunto il Rio de la Plata: non risulta tossica per la popolazione, di fatto non è neanche visibile, assicurano gli esperti, ma può creare problemi agli aerei.
A causa dei ritardi e delle cancellazioni dei voli da e per Ezeiza, l'aeroporto internazionale di Buenos Aires, è in forte difficoltà anche la Nazionale argentina di calcio: di ritorno a casa, dopo la doppia sconfitta rimediata contro la Nigeria e la Polonia, nelle amichevoli di preparazione per l'imminente Copa América, la squadra è stata fermata a São Paulo, nel Brasile, data l'impossibilità di atterrare a Buenos Aires. Adesso, ospitati nel lussuoso Guararema Parque Hotel Resort, calciatori e tecnici aspettano buone nuove.
Ma non sono Buenos Aires né Montevideo le città che stanno vivendo le loro ore più difficili. La situazione è caotica a Bariloche e a Villa la Angostura; le cittadine argentine, situate rispettivamente a 80 e 40 km dal complesso vulcanico cileno, sono letteralmente coperte di cenere, anche se nelle foto diffuse dai forum e dai media argentini sembra neve. La popolazione di entrambe le località è stata invitata a non uscire di casa e a farlo solo se munita di mascherine e in entrambe le località si registrano sia scosse di terremoto che black-out elettrici; l'aeroporto di Bariloche, il primo a essere stato chiuso dalle autorità argentine, rimarrà chiuso fino al 21 giugno.
La situazione la raccontano più i blog e i forum che le pagine di informazione. Su taringa.net l'utente _FlashWOW_ raccontava così, un paio di giorni fa, le prime ore di La Angostura sotto la pioggia di cenere: "Stanotte, intorno alle 9, ha iniziato a cadere cenere fina ed è stato così per tutta la notte. Oggi mi sono svegliato e credevo fossero le 8. Erano le 10.40! e per terra c'erano circa 10 cm di cenere. Ci chiedono di non uscire di casa e di bloccare qualunque ventilatore. Bisogna chiarire che le particelle di cenere sono così sottili che respirarle provoca problemi post-respiratori, perché aderiscono alla parete polmonare. Le strade per il Cile, San Martin e Bariloche sono bloccate per sicurezza e si accetterà solo l'arrivo dei rifornimenti per i supermercati e gli aiuti del governo provinciale e/o nazionale. Insomma, siamo isolati. Ogni 5 minuti si sentono tuoni e si può vedere a una distanza di 200 metri". Il lago Nahuel Huapi, su cui si affaccia Villa La Angostura, è adesso ricoperto di ceneri e, riportano i media argentini, più che un lago sembra un'immensa pozzanghera. La migliore descrizione della sua situazione si legge su Clarin, il quotidiano più importante di Buenos Aires: "Si chiama Bahía Brava perché di solito lì il lago Nahuel Huapi è sempre agitato. Ma adesso dovrebbe avere un altro nome perché non c'è né lango né baia, ma una statica fangaia, color ocre, che si stende fino a perdersi in un manto brumoso e grigio. Il molto, che sembra inchiodato sul fango, ha acquistato un evidente aspetto fantasmagorico e la cenere non smette di scendere. Si percepisce la sua aggressione silenziosa: come si accumula sulle spalle e il cappuccio del giubbotto, il modo in cui copre i cipressi, le case e le strade, come annichila lentamente i contorni di quello che fino a venerdì era un eden. E' una cartolina della desolazione, o forse qualcosa di peggiore: della bellezza, a Villa la Angostura, parlano solo i ricordi".
La pioggia più che un sollievo è una minaccia: come spiegavano in alcuni blog, in cui invitavano a togliere la cenere dalle auto senza usare l'acqua, il contatto dei due elementi li trasformerebbe in una sorta di ceramica. Per questo, siccome nell'area minaccia pioggia (di fatto è già piovuto ieri sera), ci sono squadre specializzate che aiutano a togliere la cenere dai tetti; le squadre aiutano anche a tenere liberi dalla cenere gli impianti di riscaldamento, dell'acqua e delle fogne, in modo che non siano tappati e smettano di funzionare.
Una buona fonte di notizie di quello che succede a Bariloche e dintorni è l'agenzia di stampa locale Agencia de Noticias Bariloche ANB. Qui si lamenta l'assenza d'informazione alla popolazione, nonostante l'attività vulcanica del Puyehue fosse iniziata in aprile e nonostante il Cile fosse in allerta rossa da sabato e avesse iniziato ad evacuare le 4000 persone che vivono in un raggio di 10 km dal vulcano: la popolazione è stata avvertita solo all'ultimo momento dell'allerta gialla a causa della pioggia di cenere. Qui si danno informazioni sui black-out di energia elettrica e acqua potabile (secondo le ultime notizie entrambe sono state parzialmente ristabilite). Qui si osserva, anche, che la popolazione è piuttosto indisciplinata e continua a uscire, nonostante l'invito a stare a casa, complicando il movimento dei veicoli d'emergenza, compresi quelli che raccolgono la cenere. Qui, infine, si informa che l'emergenza potrebbe durare ancora per molti giorni.
Le ceneri vulcaniche hanno raggiunto 10 province argentine e hanno di fatto paralizzato i trasporti della Patagonia. Informazioni su quello che succede nelle città argentine più colpite sia su anbariloche.com.ar che su http://www.lmneuquen.com.ar/
Le fotografie da taringa.net, dal blog di Juan Pablo Cadario e da molto web argentino; una buona galleria fotografica dell'eruzione, sia sul versante argentino che su quello cileno, su elpais.com