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martedì 9 giugno 2015

Felipe e Letizia, un ebook per celebrare il loro primo anno sul trono di Spagna

A dieci giorni dal primo anniversario dalla proclamazione di Felipe VI, arriva su Amazon Felipe e Letizia – Un anno sul trono di Spagna, il mio primo ebook.

In dieci capitoli racconto questi ultimi, cruciali dodici mesi, segnati non solo dall'ascesa al trono di un giovane re e della sua discussa regina, ma anche dall'irruzione di Podemos, la formazione politica che ha assestato un duro colpo al bipartitismo, dal referendum sull'indipendenza in Catalogna, che ha gelato i rapporti tra Barcellona e Madrid, dagli scandali di corruzione, che stanno minando la credibilità di tutte le istituzioni spagnole.

Si inizia dall'abdicazione di re Juan Carlos, sorprendente, ma non inaspettata, avvenuta in un "quadro shakesperiano" e dominata da "tre problemi, tutti con nome di donna", e si termina con una bandiera repubblicana che sale verso la Puerta del Sol, in una manifestazione degli indignados madrileni. Nel mezzo ci sono i ritratti di Letizia, che "non era la Principessa delle Asturie che gli spagnoli si aspettavano", e di Felipe, "il miglior partito d'Europa e il Principe più preparato della storia spagnola". Letizia, che è stata il tallone d'Achille di Felipe, per le sue insofferenze, i segreti del suo intenso passato e gli atteggiamenti altezzosi; Felipe, che ha percorso la Spagna da cima a fondo e che negli ultimi anni del regno paterno si è trovato nella triste situazione di chi paga errori commessi da altri.

Sono saliti al trono in un clima di sfiducia e desilusión, a causa della crisi economica e a causa degli scandali che hanno coinvolto la Famiglia Reale negli ultimi anni. Ma sin dal giorno della proclamazione, hanno mostrato di avere le idee chiare sulla Monarchia che volevano e hanno sorpreso gli spagnoli. Ricordate? Felipe e Letizia sono arrivati in Parlamento, per il giuramento, in una Madrid semi-deserta, ma quando sono usciti, dopo il bel discorso di Felipe, ormai re, sono stati accolti da migliaia di persone: "Non è stata la folla oceanica che ha salutato la salita al trono di Willem Alexander in Olanda, ma è stata folla inaspettata". E' un po' quello che è successo in questo primo anno di trono: non è stato un trionfo (né poteva esserlo, viste le premesse di crisi da cui è iniziato il regno di Felipe VI), ma è stato un consenso crescente, fino agli ultimi, incoraggianti sondaggi.

In Felipe e Letizia – Un anno sul trono di Spagna si raccontano i cambiamenti che Felipe VI ha mano a mano imposto nel funzionamento della Monarchia, si parla dell'ascesa di Letizia, che continua a piacere più all'estero che in patria e che continua a cercare un ruolo meno decorativo per le consorti del XXI secolo, si racconta del faticoso equilibrio che la coppia reale sta cercando tra vita pubblica e privata, non riuscendo ancora a trovare una sintesi per Leonor e Sofia, le principessine meno viste d'Europa.

Nelle pagine ci sono i pensieri degli spagnoli incontrati in questi anni, che mi hanno sempre aiutato ad avere la percezione delle persone comuni, non sempre coincidente con quella degli editoriali: a volte basta una frase, un flash, una battutaccia, come quelle che amano gli andalusi, per rovesciare una convinzione e aiutare a guardare da un altro punto di vista. Per questo devo ringraziare non gli editoriali o i libri letti, ma le persone incontrate alle fermate degli autobus di Siviglia (che magari ti vedono con Hola in mano e fanno una battuta), gli amici che sanno della mia professione e si divertono nelle conversazioni oziose, gli avventori dei bar di Triana, che commentano in libertà quello che stanno vedendo alla tv. Ho letto molti editoriali, di giornali monarchici come ABC o repubblicani come eldiario.es; ho consultato numerosi libri, anche gli instant book usciti subito dopo la proclamazione di Felipe, per avere un quadro del momento, i retroscena e le loro interpretazioni. Ho voluto tradurre in italiano il discorso dell'abdicazione di re Juan Carlos, il discorso della proclamazione e quello di Natale di Felipe VI, perché mi sembrava giusto dare le loro parole come strumento ulteriore per comprendere il momento storico (le versioni originali dei discorsi sono sui siti della Casa Reale e su youtube).

Spero ne sia uscito un ebook interessante, che incuriosisca sulla Monarchia spagnola e sul momento storico che la Spagna sta vivendo, al di là della lunghezza, non sempre adeguata, delle gonne della Regina.

Per ora Felipe e Letizia – Un anno sul trono di Spagna è in vendita su Amazon, a 9,05 euro, questo è il link; per la fine del mese, spero di poterlo proporre anche su altre piattaforme. A causa della legge sui cookies ho disattivato i commenti, ma sarò felice di leggere le vostre impressioni e di conversare con voi sui temi dell'ebook, se mi scriverete all'email o sulla pagina Facebook di Rotta a Sud Ovest.


martedì 2 giugno 2015

Un anno fa, l'abdicazione di re Juan Carlos: il racconto nel mio ebook

Quando, la mattina del 2 giugno 2014, il Presidente del Governo Mariano Rajoy ha annunciato l'abdicazione di re Juan Carlos, è stato come un fulmine a ciel sereno. Nessuno se lo aspettava. O meglio, la notizia è arrivata a sorpresa, ma non è stata sorprendente in sé. Della necessità dell'abdicazione del Re si parlava da almeno un anno. Lo scandalo di corruzione che coinvolgeva la figlia Cristina e il marito Iñaki Urdangarín, le numerose operazioni chirurgiche, gli errori di comportamento, la crisi economico-politico-sociale del Paese avevano indebolito la figura di Juan Carlos e rischiavano di indebolire l'istituzione, provocando una crisi dalla soluzione imprevedibile.

Inizia così Felipe e Letizia – Un anno sul trono di Spagna, l'ebook che ho scritto per raccontare i venti di cambiamento portati da Felipe VI nella Monarchia spagnola. E' il mio primo ebook, è una sorta di coronamento di otto anni di Rotta a Sud Ovest, è la mia testimonianza di un evento storico. L'ho scritto con affetto, curando le fonti, le mie sensazioni in anni di frequentazioni spagnole, il racconto attraverso le parole dei media e delle persone incontrate. Riporto le cose apprese in questi anni, traduco integralmente i discorsi più importanti pronunciati da Juan Carlos e da Felipe, affinché siano chiari i loro punti di vista, racconto luci e ombre di personalità che non sono così perfette come le raccontano i media e neanche così mediocri come le descrivono i detrattori. E' un lavoro che mi ha preso per vari mesi, che spero che incontri l'interesse di chi ama la Spagna e di chi è incuriosito dalla sua Monarchia.

Un anno fa a oggi ero impegnatissima a raccontare l'inaspettata, ma non sorprendente, abdicazione di re Juan Carlos. E come sempre accade, davanti a eventi storici di questa portata sentivo la sottile eccitazione che si sente al raccontare qualcosa di indimenticabile, cercando di capire e di spiegare le possibili conseguenze e, soprattutto, ascoltando le emozioni degli spagnoli.

Un anno dopo, Juan Carlos approfitta del nuovo ruolo di pensionato di lusso per viaggiare, per frequentare gli amici e per provare i migliori ristoranti spagnoli. Praticamente sparito di scena, il re emerito finisce sui giornali solo perché viene fotografato in qualche ristorante gourmet basco o catalano, con l'ormai inseparabile bastone e con un sorriso per chi lo avvicina chiedendogli una foto. Di tanto in tanto si fa vedere a qualche corrida, magari con Elena, l'unica dei tre figli che ha preso questa passione borbonica per los toros.

Il suo obiettivo era lasciare tutto il protagonismo a Felipe VI, affinché potesse consolidare il suo Regno, ed è stato fedele a questa promessa: nessuna intervista, in questi mesi, e una lealtà indiscutibile al nuovo Re, che rappresenta nelle cerimonie di insediamento dei Capi di Stato latinoamericani.

In questa sua nuova vita, Juan Carlos ha messo fine, in modo finalmente chiaro, anche al matrimonio con Sofia. La regina emerita ha un'agenda più intensa di quella del marito ed è probabilmente quella che ha sofferto di più per il secondo piano seguito all'abdicazione (ma sempre in modo molto discreto, senza mai togliere il protagonismo alla nuova sovrana e, anzi, sostenendola tutte le volte che ne ha avuto occasione). Da anni fanno vite separate, ma adesso la fine del loro matrimonio è ancora più eclatante: in un anno si sono visti insieme pubblicamente solo un paio di volte, il giorno della proclamazione di Felipe, sul balcone di Palazzo Reale, e alla Prima Comunione della Principessa Leonor, poche settimane fa.

In Felipe e Letizia – Un anno sul trono di Spagna, che uscirà alla vigilia del primo anniversario della proclamazione di Felipe VI, potrete leggere anche il racconto dell'abdicazione di Juan Carlos: le numerose ragioni che hanno causato le dimissioni, il quadro 'shakespeariano' in cui l'abdicazione è avvenuta, le diffidenze e i sospetti tra gli stessi membri della Famiglia Reale, con una certa insofferenza tra Juan Carlos e Letizia, il ruolo di Corinna zu Sayn-Wittgenstein, l'amante tedesca che re Juan Carlos sognava di sposare e trasformare in principessa. Stay tuned!


mercoledì 16 luglio 2014

La festa del caprone di Vargas Llosa diventa una telenovela

Le telenovelas continuano a puntare sulla della letteratura, per tradurre nel linguaggio del melodramma latinoamericano, best-seller e grandi autori. Si sono già viste telenovelas come Doña Barbara, dal capolavoro venezuelano di Rómulo Gallegos, e La reina del sur, dall'omonimo best-seller di Arturo Pérez Reverte. Attualmente la messicana Televisa sta trasmettendo La malquerida, dall'omonimo testo teatrale del Premio Nobel spagnolo Jacinto Benavente.

Ed è notizia di ieri che Televisa e la colombiana RTI produrranno insieme la telenovela El Chivo, tratta dal libro La fiesta del chivo (La festa del caprone) del Premio Nobel peruviano Mario Vargas Llosa.

La fiesta del chivo racconta gli ultimi anni della dittatura di Rafael Leónidas Trujillo, concentrandosi poi sul suo assassinio e le sue conseguenze nella Repubblica Dominicana. Un grande affresco del Paese caraibico negli anni 60, che, nonostante racconti lucidamente la dittatura, è stato accusato da alcune parti di contribuire a esaltare, in fondo, la figura del dittatore dominicano.

El chivo utilizzerà il linguaggio e le chiavi della telenovela per portare la vicenda sul piccolo schermo. Per questo la sceneggiatura ha introdotto la figura di Lázaro Conde, un fotoreporter interpretato da messicano Iván Arana, che non esiste nel libro di Mario Vargas Llosa. Conde sarà una sorta di ponte tra la letteratura e la telenovela: arriverà per lavorare per il Governo dominicano e finirà per trovarsi romanticamente coinvolto con Mariana Durán, la Primera Dama dominicana. "Inizia a scoprire cose e cercherà di rivelarle. Diventerà amico di Rafael e sentirà una specie di conflitto perché, tra le altre cose, si innamorerà di sua moglie Mariana. Vivrà grandi conflitti" ha spiegato Arana ai media.

Il cast è internazionale: Trujillo sarà interpretato dal messicano Julio Bracho, sua moglie Mariana dalla colombiana Eileen Moreno. Senza ancora una data per la messa in onda, la telenovela si sta girando in Colombia da maggio. In programma ci sono 60 puntate, durante le quali si mostrerà "come il potere cambierà Trujillo e lo renderà mezzo folle, capace di fare cose atroci". La telenovela verrà trasmessa prima negli USA e quindi in Latinoamérica.

I media latinoamericani si chiedono se con le riprese di El chivo, che arrivano durante la messa in onda di La malquerida e le repliche di La reina del sur, sia finito lo strapotere delle narco-novelas, le telenovelas ispirate al narcotraffico. Inizia lo strapotere delle telenovelas ispirate ai grandi capolavori della letteratura ispanica? Per Iván Arana il cambio non può che essere interessante: "El Chivo propone personaggi interessanti, che magari la gente non conosce, ma che sono stati importanti per la storia di Latinoamérica, mi sembra interessante che le telenovelas se ne interessino".

Da Mario Vargas Llosa, per ora, ancora nessun commento.

martedì 22 aprile 2014

Alejandro Magno y las águilas romanas di Javier Negrete: e se Alessandro avesse conquistato anche Roma?

Ho iniziato a leggere Alejandro Magno y las águilas romanas (Alessandro Magno e le aquile romane) di Javier Negrete per curiosità. Avendo una passione risalente al liceo per Alessandro il Grande, quando, nella Casa de Libro di Siviglia, mi sono trovata tra le mani un romanzo storico, un'ucronia, più che altro, che si basava su un quesito caro alla speculazione occidentale sin dai tempi di Plutarco, non ho potuto resistere: cosa sarebbe successo se Alessandro, dopo aver conquistato l'Oriente, invece di essere fermato da morte prematura, si fosse rivolto verso Ovest? Chi avrebbe vinto tra Alessandro e Roma? Da che parte si sarebbe schierata Cartagine?
Javier Negrete è professore di letteratura classica a Plasencia e scrive libri a sfondo storico molto apprezzati dal pubblico spagnolo. Essendo un'ucronia, Alejandro Magno y las águilas romanas si prende evidentemente qualche libertà storica per spiegare come il Re dei Re macedone sbarchi in Magna Grecia, alla testa di una Lega delle città greche, per portare soccorso alla Campania, decisa a non farsi conquistare da Roma. Nel giugno del 323 avanti Cristo, il 33enne condottiero macedone è vittima di un tentativo di avvelenamento da parte della bellissima e intrigante moglie battriana Rossane, con la complicità dell'amante Perdicca, uno dei generali più importanti dell'esercito greco e una delle persone più vicine ad Alessandro. Il tentativo di assassinare il re fallisce grazie all'intervento del medico Nestor, che riesce a salvare Alessandro e che si trasforma così nella sua ombra e nel suo uomo di fiducia.
Sei anni dopo, sistemate le questioni orientali, troviamo Alessandro in Italia, pronto allo scontro con Roma. E' alle soglie dei 40 anni, i primi segni della maturità solcano il suo volto, ma non ha perso l'abitudine di osservare tutto con la testa un po' inclinata, l'ira continua a essere leggendaria e lucida, ma non ci sono più le forti bevute che avevano caratterizzato la sua gioventù, l'interesse per l'astrologia/astronomia è sempre appassionato, ma anche più inquieto, l'occhio verde e l'occhio blu sono sempre curiosi, ma sono anche molto più riflessivi. E' un Alessandro malinconico e crepuscolare, che non ha perso la forza, l'energia e l'egocentrismo del re macedone vincitore dell'Impero persiano e conquistatore dell'Asia, ma che è rimasto profondamente colpito dal tentativo di assassinarlo. E' reso inquieto dalle frequenti emicranie, che indicano una salute declinante, e dalla presenza oscura di una cometa: se a 20 anni voleva conquistare il mondo, affamato di gloria e di tempo, a 40 anni vuole conquistare Roma, l'ostacolo per impadronirsi dell'Occidente, perché sente mancargli il tempo. A guardare il re da lontano c'è la giovanissima sposa siciliana, Agatoclea, appena adolescente, datagli in moglie dal padre Agatocle, tiranno di Siracusa, per suggellare il patto politico: per lei, lo sconosciuto re macedone è soprattutto un uomo quasi vecchio. Le prospettive cambiano, secondo lo sguardo di chi guarda.
Ho letto Alejandro y las águilas romanas con lunghi intervalli di tempo (devo averlo iniziato circa un anno fa), senza riuscire ad appassionarmi davvero fino a quasi metà del libro (sono 299 pagine in tutto). Però.
Nonostante ci siano un po' di lungaggini, nonostante ci siano episodi che non sono molto importanti per lo sviluppo della storia, le ricostruzioni di Roma e della Macedonia, nella ricca e colta Magna Grecia, sono credibili e l'intreccio di storie e personaggi è coerente e accattivante. C'è magari troppa insistenza sulle origini contadine di Roma, che la città, già convinta di essere eterna, vuole far dimenticare. Si rimane interdetti al sentir parlare di italiani, quando Roma non aveva neanche conquistato l'intera penisola. C'è l'eco delle imprese di Alessandro, che è arrivata a Roma, ma senza l'ammirazione che poi la letteratura romana avrebbe tramandato nei suoi generali, a cominciare dal più famoso di tutti, Caio Giulio Cesare.
I personaggi storici si mescolano abilmente con quelli di fantasia. Néstor, il misterioso medico di Alessandro, con un passato che ha dimenticato e che deve ricostruire, perché ha capito che stabilisce il suo destino accanto al Re dei Re. Caio Giulio Cesare, l'ambizioso tribuno della decaduta gens Julia, antenato, evidentemente, di Gulio Cesare, e il cognato Scipione, della ricca famiglia omonima, ovviamente antenato del vincitore di Cartagine. Lisania, il giovane ufficiale sempre accanto ad Alessandro, suo confidente e forse suo amante, come un nuovo Efestione per la sua maturità. Demetrio ed Euctemon, i due fratelli ateniesi, entrati nell'esercito greco dopo la rovina della loro famiglia, e arrivati ad Alessandro grazie alla passione per le stelle di Euctemon, autistico, ma grande calcolatore delle orbite delle comete e dei loro oscuri presagi. Perdicca e Rossane, amanti maledetti e pericolosi. Cratero, il generale macedone, compagno di epiche battaglie e pronto, ancora una volta, a morire per Alessandro, come, in fondo, buona parte dell'esercito, magari insoddisfatto e inquieto, ma pronto a infiammarsi e a seguire il suo re alla prossima sfida. Tra Roma e Posidonia, la città in cui Alessandro prepara la sua campagna italiana, si muovono lealtà, tradimenti, ambizioni personali, invidie, negoziati, spie e avventure, fino alla grande battaglia finale, il cui esito si scoprirà leggendo.
Alejandro Magno y las águilas romanas è il primo libro di una trilogia che Negrete ha promesso; il prossimo libro è El úlltimo viaje de Alejandro Magno. Non ci sono ancora notizie di una sua uscita, ma, dopo aver letto il primo e aver apprezzato quest'Alessandro riflessivo, reso inquieto dall'incipiente maturità e dalla possibile malattia, crepuscolare e sempre terribile, si aspetta con curiosità di averlo tra le mani. 
Se capite lo spagnolo e amate Alessandro il Grande, il libro è una bella lettura di primavera.
Potete trovare Alejandro Magno y las águilas romanas in lacasadellibro.com.


giovedì 17 aprile 2014

La morte di Gabriel Garcia Márquez: 25 frasi per ricordarlo

La Madrugá, la notte tra il Govedì e il Venerdì Santo, che segna il culmine delle processioni in corso a Siviglia, inizia con la morte di Gabriel Garcia Márquez. Devo essere una delle poche persone al mondo che non è rimasta affascinata dal realismo magico, che si è stufata di tenere il conto delle generazioni di 100 anni di solitudine sul block-notes, che ha apprezzato solo un paio di libri, per di più abbastanza d'appendice (Cronaca di una morte annunciata e L'amore ai tempi del colera), che non è riuscita a capire un concetto nei pochi tentativi compiuti di leggerlo in lingua originale (e non per problemi con lo spagnolo). Ma.
Mi era simpatico, mi piaceva la sua filosofia colombiana, lo spirito pronto e caraibico nelle interviste e l'immancabile ego dell'intellettuale.
Siccome non credo nei blablabla post-mortem, mi piace molto come l'edizione messicana di Caras ha deciso di salutare lo scrittore colombiano: 25 frasi famose pronunciate da lui o scritte nei suoi libri, (quasi) tutte cariche d'amore, di passione e di romanticismo.
Vi lascio questa, che mi piace molto, perché è vera:
Nessuna persona merita le tue lacrime e chi le merita non ti farà piangere.
Le altre 24, in spagnolo, sono su caras.com.mx

venerdì 4 aprile 2014

La Casa Reale ed ex collaboratori di Suárez contro il libro di Pilar Urbano: è pura finzione

Nella presentazione ai media di La gran desmemoria. Lo que Suárez olvidó y el Rey prefiere no recordar, Pilar Urbano ha chiarito il suo pensiero: "Il colpo di Stato del 23 febbraio 1981 c'è stato senza che Re Juan Carlos ne fosse a conoscenza". Il sovrano sì era a conoscenza della Operación Armada, un'operazione che doveva sostituire il Presidente del Governo Adolfo Suárez, ormai inviso all'establishment, con il generale Armada, in modo da soddisfare militari e industriali ed evitare il paventato golpe militare. E il sostegno del Re all'operazione è arrivato proprio per quest'ultima ragione: evitare il golpe. Ma Juan Carlos non era a conoscenza di quanto è avvenuto tra le dimissioni di Suórez e il tentativo di golpe del 23 febbraio: è stata un'iniziativa di Armada, vistosi estromesso dalla presidenza del Governo da Leopoldo Calvo Sotelo.
Questa la versione di Pilar Urbano, dopo il clamore suscitato dalla sua intervista a El Mundo, in cui presenta il suo nuovo libro. Si è trattato di un vero e proprio terremoto politico, che ha suscitato la reazione sdegnata di numerosi testimoni citati nel libro. Alcuni di loro hanno firmato un durissimo comunicato, in cui smentiscono le ricostruzioni della giornalista. E dopo questo comunicato, è scesa in campo la Casa Reale, che ha definito la ricostruzione dei dialoghi 'difficili da credere'.
Nel comunicato dei testimoni citati da Pilar Urbano nel suo libro, si legge che La gran desmemoria è "il tipico racconto romanzato-libello, che sembra avere come obiettivo la destabilizzazione delle istituzioni e l'attacco frontale alle figure del Re e del presidente Suárez, attraverso un'accusa infame e tergiversando la verità". E si assicura che "quanto messo loro in bocca è, secondo i casi, totalmente o parzialmente falso o in molti casi tortuosamente manipolato". La verità, sostengono, è che "al contrario di questo pretende 'rivelare' questa pubblicaizone, i rapporti tra il Re e il Presidente Suárez, due persone che hanno guidato insieme il cambio pacifico da una dittatura a una democrazia, affrontando ogni tipo di difficoltà, sono sempre state guidate, da entrambe le parti, dalla lealtà, dal rispetto reciproco in questioni isitituzionali e da un'amicizia sincera e profonda nella sfera più personale, tutto il contrario di quello che alcune conversaizoni immaginate e romanzate intendono suggerire". I firmatari condannano le ricostruzioni del libro, rinnovano la lealtà al re e affermano senza ombra di dubbio che: "a) il re non è mai stato anima di quella che il libro chiama Operación Armada né di alcuna attività al margine delle sue funzioni costituzionali; b) il Re non è mai stato dietro al golpe del 23F e non è mai stato l'elefante bianco (così i golpisti chiamavano il loro riferimento) né niente di simile. Tale supposizione è un'offesa gravissima; c) E' il Re e solo il Re chi mette fine al tentativo golpista e restituisce alla Spagna la sua normalità costituzionale".
I firmatari del comunicato concludono affermando che non faranno ulteriori dichiarazioni sull'argomento e che qualunque "ministro, collaboratore, testimone o amico di sua Maestà il Re o del presidente Suárez, che voglia sommarsi al comunicato, può farlo comunicandolo direttamente ai media". Tra i firmatari, i generali Fernando López de Castro e Andrés Cassinello, gli ex ministri Rafael Arias Salgado, Jaime Lamo de Espinosa, Rodolfo Martín Villa, Marcelino Oreja, José Pedro Pérez Llorca e Salvador Sánchez Terán, collaboratori di Suárez e di Juan Carlos, e lo stesso figlio di Adolfo Suarez, Adolfo Suarez Illana, che ha anche chiesto il ritiro del libro perché, sembra, Pilar Urbano ha utilizzato l'ultima foto di suo padre con il re, scattata da lui nel giardino di casa, senza permesso ("vorrà qualche moneta" ha commentato sprezzante Pilar Urbano).
Poco dopo questo comunicato, che potete leggere integralmente su abc.es, è stata la Zarzuela a far sentire la propria voce, attraverso un portavoce. Dopo aver ringraziato i firmatari del comunicato, "per la difesa del ruolo istituzionale del Re, nel suo rapporto con il presidente Suárez, basato sul rispetto mutuo e la lealtà reciproca, così come su una sincera amicizia a livello personale", il portavoce ha sottolineato "il carattere impeccabile con cui Sua Maestà il Re ha rispettato sempre i suoi obblighi istituzionali" e ha perciò smentito "qualunque sua partecipazione nell'Operazione Armada". I dialoghi ricostruiti da Pilar Urbano sono stati definiti "pura finzione, impossibile da credere".
Pilar Urbano continua a sostenere che il libro non è contro il Re e che non è colpa sua se c'è "gente che parla senza averlo letto".


lunedì 31 marzo 2014

Pilar Urbano nel suo nuovo libro: Re Juan Carlos coinvolto nel tentativo di golpe del 1981?

Che Re Juan Carlos possa essere stato l'ispiratore del golpe del 23 febbraio 1981, più che il salvatore della giovanissima democrazia spagnola, è cosa che in Spagna si sospetta e si sussurra da tempo. Lo mette nero su bianco la giornalista Pilar Urbano, già biografa della regina Sofia, nel suo nuovo libro, La gran desmemoria. Lo que Suárez olvidó y el Rey prefiere no recordar (La grande mancanza di memoria. Quello che Suárez ha dimenticato e il Re preferisce non ricordare). Un titolo lunghissimo, per un libro che fa luce sui dubbi, che parla di un Re impaziente e capriccioso e che racconta come il 23F abbia contato sul muto assenso di Juan Carlos. Pilar Urbano parla di questo suo nuovo lavoro in una lunga intervista a La otra crónica di El Mundo.
A introdurre il 23F, ci sono gli esplosivi incontri tra un sovrano sempre più insofferente al suo Primo Ministro, Adolfo Suarez, e un Presidente del Governo sempre più sorpreso e preoccupato. Si inizia il 4 gennaio 1981, spiega Urbano: "Il giorno prima, alla vigilia della Pascua Militar, il re riceve Alfonso Armada (il generale che guidò il tentativo di golpe) a Baqueria. Come faceva da almeno giugno 1980, il generale riempie la testa a Juan Carlos circa la situazione limite che sta vivendo la Spagna. Questo giorno, insisto, due giorni prima della Pascua Militar, gli dà una 'soluzione di Stato'. Gli rivela che ha già a buon punto non un colpo di Stato, ma un colpo di timone, un colpo di Governo; Armada, di cui il re si fida completamente, ha avuto molte riunioni con politici attivi di tutti i generi, politici di partiti con rappresentanza parlamentare, come il PSOE e Alleanza Popolare (il partito da cui è poi nato il PP)".
L'ostacolo a questo 'colpo di timone' è Adolfo Suárez, che re Juan Carlos ha già detto in privato, con toni sempre più insofferenti, non sa 'come togliersi di dosso'. Il sovrano e il Presidente del Governo hanno un drammatico incontro, in cui il primo dice al secondo che o fa qualcosa di drastico o i militari gli si getteranno contro. "Il re parla a Suárez di un problema con i militari e che Armada potrebbe risolverlo, ma non gli dice che Armada sarebbe il presidente. Juan Carlos comunica al presidente il panorama apocalittico militare descritto da Armada, con vari golpes militari pronti. La realtà è che era stato proprio Armada, con il CESID, insieme a civili, politici, imprenditori... a mettere in moto il ventilatore, per creare questo clima. Si stava creando un clima perché sembrasse che prima che arrivasse il peggio, un golpe militare duro e puro, era meglio il colpo di timone. Il re insiste che sono necessari rimedi straordinari e quando Suárez gli chiede a cosa si riferisce, il re, dopo avergli parlato di ministri intelligenti, dell'opposizione che tende la mano, conclude: 'Sarò franco, con un altro uomo alla presidenza'. Suárez torna a Madrid distrutto, si rende conto che gli hanno trovato il successore".
Tra il sovrano e il Presidente ci sono altri incontri, nel drammatico gennaio 1981, tutti finiscono in conversazioni durissime, con re Juan Carlos che cerca le dimissioni di  Sárez , 'per evitare il peggio', con Suarez che si nega a collaborare e che accusa il re di credere ai 'venditori di fumo, che vendono complotti'. In uno degli incontri alla Zarzuela il re è durissimo: "Tu sei lì perché ti ha messo il popolo con non so quanti milioni di voti... Io sono qui perché mi ha messo la Storia, con settecento anni. Sono successore di Franco, sì, ma sono l'erede di 17 re della mia famiglia. Discutiamo se la NATO sì o no, se Israele o Arafat, se Armada è buono o pericoloso. E come vedo che tu non cedi, la cosa è piuttosto chiara: uno dei due è di troppo in questo Paese. E, come comprenderai, io non intendo abdicare". Suarez offre nuove elezioni, ma il Re le rifiuta, sostenendo la necessità di "un governo forte, che conti su una maggioranza stabile, pertanto non firmerò il decreto di dissoluzione delle Camere". Tra i due nasce anche un conflitto costituzionale: le Camere le dissolve il Presidente del Governo e il Capo di Stato non può negare la propria firma.
Un'altra dura conversazione alla Zarzuela, stavolta con vari dirigenti militari, che avvertono  Suárez del rischio di golpe se non si dimette, e a fine gennaio, il Presidente del Governo annuncia le dimissioni.
Il 24 febbraio, dopo il fallimento del golpe, Suárez tenta inutilmente di fermare le proprie dimissioni, non ancora pubblicate nella Gazzetta Ufficiale spagnola, pensando a una Grande Coalizione che aiuti a ripulire il Paese e a "mettere limiti a chi vuole privarci della libertà". Il progetto non gli riesce, in un durissimo incontro con re Juan Carlos, lo accusa, praticamente, di aver alimentato le speranze di golpe dei militari prestando loro ascolto e dando ragione alle loro critiche, "dicendo quello che volevano sentire dalla bocca del Re". Il sovrano si infuria, accusando Suárez di aver causato il tentativo di golpe con il suo Governo debole, e di essere stato lui a salvare la democrazia.
"Per Suárez è chiarissimo sin da allora che l'Operazione Armada nasce alla Zarzuela e che l'anima è il Re, che don Juan Carlos appoggiava che Armada fosse il presidente di un governo di coalizione. Gli era anche chiaro che lo stesso Re conosceva la composizione del Governo che il golpista aveva preparato. Un Governo in cui, tra gli altri, Felipe González sarebbe stato vicepresidente" dice Pilar Urbano nell'intervista. I due uomini si confrontano in termini pesantissimi, Juan Carlos impone a Suárez di mantenere le dimissioni, tra le altre cose perché "sei morto politicamente, nessuno vorrebbe fare un Governo con te".
La ricostruzione di quelle drammatiche giornate lancia accuse pesanti contro il Re, ma Pilar Urbano sostiene di non aver alcun problema, perché tutto quello che scrive è documentato: "Ho parlato con decine di persone e più di una volta. Alcune delle cose che racconto me le hanno ratificate Aurelio Delgado Lito, il cognato di Suárez e intimo aiutante, e collaboratori vicini del presidente come Antonio Navalón, Eduardo Navarro, Jaime Lamo de Espinosa, José Pedro Pérez-Llorca, Rafael Arias-Salgado, Francisco Laína". Ci sono state anche lunghe conversazioni con  Suárez, prima che l'Alzheimer si impadronisse di lui, ed è stato l'ex presidente, ormai lontano dalla politica, a chiederle, di non lasciarsi confondere sul 23-F.
Urbano scrive che re Juan Carlos è stato l'animatore dell'Operazione Armada, del tentativo, cioè, di sostituire Suárez con il generale Armada, per tenere buoni i militari. E manifesta i suoi dubbi circa il reale coinvolgimento del Re nel 23-F: "Se il Re fosse a conoscenza o no... Ci sono cose strane, anomale. I figli del Re non vanno a scuola quel giorno, e neanche i figli degli americani della base di Torrejón; al medico della Zarzuela quel giorno hanno chiesto di essere a Palazzo sin dalla mattina; la vedette Bárbara Rey ha dichiarato, chissà se è vero, che il re la chiamò dicendole 'senti, lunedì 23 cerca di non andare a prendere i bambini a scuola perché può succedere qualcosa'. E' un'altra curiosa coincidenza. Così come non si capisce Osorio che dice a Fraga nel Congresso, in pieno tentativo di golpe 'Manolo, scendi e di' a Tejero di chiamare Armada'. Perché Osorio vuole chiamare Armada? Cosa sa? O anche che dei sette padri della Costituzione, cinque sapessero in cosa consisteva l'Operazione Armada e che durante il 25F stessero relativamente tranquilli nei loro scanni, Leggevano tranquillamente Gregorio Peces-Barba, Miguel Herrero, Gabi Cisneros, Jordi Solé Tura e Fraga, tutti nella lista del Governo di Armada. Al Re, in ogni caso, il comportamento d Tejero risultò antiestetico, irriflessivo e ripugnante, per la violenza degli spari... Non era presentabile. Logicamente io devo pensare che il Re non fosse coinvolto, un'altra cosa è che Armada sì parla con il Re quel giorno, anche se poi dopo nei processi si è voluta cancellare la loro conversazione di quella notte. Non appare negli atti, come se fosse passato un tipex: al posto del Re c'è Sabino, il capo della Casa del Re".
La lunga intervista a Pilar Urbano, su elmundo.es.

sabato 1 marzo 2014

Il mistero della morte di Lady Di in Puente de Vauxhall, l'ultimo libro di Javier Sebastián

La sorella Loretta Maria Semposki partecipa a un grande esperimento sulla capacità di memoria che hanno alcuni cervelli privilegiati del mondo. Così racconta i dettagli degli eventi a cui ha preso parte, alcuni piuttosto delicati, a una donna di cui non conosce l'identità e da cui è separata da uno schermo. Anni dopo spariscono due dei sei quaderni delle sue memorie. Il colonnello Dolado dell'MI6, i servizi segreti britannici, contatta così la monaca che ha preso gli appunti, affinché ricostruisca le conversazioni perdute, mentre un'altra fazione dell'intelligence si impegna a impedirlo. A rendere la faccenda interessante c'è un fatto: la sorella Loretta è stata amica e consigliere spirituale della principessa Diana del Galles. Cosa conservavano, dunque, i due volumi di memorie perduti? Quali segreti nascondevano? Potrebbero aiutare a chiarire i misteri sulla morte di Lady Di?
Tranquilli, non siamo davanti all'ennesima versione sulla morte di Diana Spencer. E' questo il punto di partenza di un giallo scritto da Javier Sebastián, autore, tra gli altri, de Il ciclista di Chernobyl; il libro si intitola Puente de Vauxhall ed è pubblicato da Editorial Destino (lo trovate in vendita online su lacasadellibro.com). "Un giorno mi sono immaginato Diana sola a Kensington Palace, annoiata e in pigiama. E allora mi sono reso conto che tutti facciamo ricostruzioni di personaggi popolari senza dare loro umanità" ha detto lo scrittore spagnolo ai media. Ed è da questo desiderio di umanizzare Diana che è partito il suo libro. Un libro di cui la Principessa è sì protagonista, ma rimanendo sempre sullo sfondo. Perché al centro del libro, c'è la trama che avrebbe potuto condurla alla morte. "E' la storia di tre donne che sono spie senza saperlo e il cui lavoro finisce con il portare Diana al Ponte dell'Alma" spiega Sebastián, che si è sempre sentito affascinato dalla figura della Principessa del Galles. "Per me rappresenta il dolore della vita. Era una donna che nessuno rispettava. C'è una frase di una delle sue biografie che dice che doveva essere destabilizzante che tutto il mondo la amasse mentre in casa la disprezzavano. E questo le è successo sin da bambina, dato che nella sua stessa famiglia lei era la tonta, mentre il fratello era il furbo".
Nel suo giallo, Sebastián ricostruisce gli ultimi giorni della Principessa, senza criticare le indagini ufficiali: "Ci sono cose che non sono chiare, ma bisogna rispettare le indagini dell'Operazione Paget, diretta da Lord Steven, uno degli alti dirigenti di Scotland Yard, che ha concluso che tutto è stato un incidente". Nel libro, più che un incidente, la morte di Lady Di è un'abile operazione condotta in porto dall'MI6 con la complicità inconsapevole di una monaca, che finisce in clausura, di una ragazzina di 15 anni, sua allieva, e della voce narrante, anch'essa femminile.
Troppe le cose che non sono chiare nell'incidente: la Mercedes di Diana e Dodi rubata una settimana prima e mai controllata prima di essere utilizzata, i radar spenti sul tragitto che stavano percorrendo, l'autista Henri Paul che aveva nel sangue almeno otto bicchieri di whisky, secondo le analisi, e nelle immagini video camminava come se fosse sobrio, il foglio autografo di Diana, pubblicato da The Sun, in cui annunciava che l'avrebbero uccisa in un incidente automobilistico, la lentezza dei soccorsi, l'imbalsamazione del suo corpo prematura. Tutti indizi di un possibile complotto nella sua morte.
Sebastián li ha uniti e ha messo a tirare i fili una spia che sembra un uomo grigio e anonimo, e che non spiega le mezze verità, le ambiguità, i sospetti, i dubbi, i misteri e i moventi che ancora oggi circondano la morte della Principessa. E' un thriller di spionaggio ed è l'omaggio a una donna "addolorata e ferita, incapace di governare la sua stessa vita. E' una metafora di quello che succede a tutti noi esseri umani".


domenica 23 febbraio 2014

Un libro argentino: Adolf Hitler fuggì in Argentina, si chiamò Kirchner e morì nel 1971 nel Paraguay

Adolf Hitler? E' morto il 5 febbraio 1971 ed è sepolto nel Paraguay, nella cripta di un antico bunker nazista, oggi sostituito da un lussuoso hotel, che, ogni anno, chiude durante la prima settimana di febbraio, affinché un esclusivo gruppo di nazisti possa rendere omaggio al proprio leader, nell'anniversario della sua morte. Lo sostiene il giornalista argentino Abel Basti, nel libro Tras lo pasos di Hitler (Sui passi di Hitler), pubblicato da Planeta.
Il leader nazista non morì suicida nella Berlino assediata dall'Armata Rossa, come sostiene la storia ufficiale e non crede la storia ufficiosa. Come molti ufficiali nazisti, anche lui riuscì a fuggire e a riparare in Sud America. La sua prima meta fu la solita Bariloche, nella Patagonia argentina, che accoglie una folta comunità tedesca, tanto da sembrare un angolo di Baviera piovuto sulle Ande; qui Hitler arrivò con il nome di Adolf Schütelmayor.
La prima volta che Basti sentì parlare della presenza di Hitler a Bariloche fu nel 1994, ma, come molti altri, accolse la notizia con scetticismo, perché "credevo nella verità ufficiale". Ma, incuriosito, iniziò a indagare e, confessa adesso a EFE, "mano a mano che mi muovevo nei circoli tedeschi del sud e in altre parti dl Paese, ho iniziato a vedere questa possibilità. E ho finito con crederci quando ho iniziato a intervistare testimoni che erano stati in contatto con Hitler, in Argentina".
Tra i testimoni citati, Eloísa Luján, che era l'assaggiatrice dei cibi destinati all'antico Führer tedesco, per controllare che non fossero avvelenati, o Ángela Soriani, nipote della cuoca di Hitler, Carmen Torrentegui, o il militare brasiliano, figlio di un ex gerarca nazista, che assicura la data della vera morte di Hitler, nel Paraguay.
La presenza del leader nazista in Patagonia era un segreto di Pulcinella: "Non è che tutti sapessero dov'era, ma quelli che lo sapevano tendevano a ridimensionare la sua importanza" ha detto Basti, giustificando l'atteggiamento con l'ignoranza dei locali: "Per la gente di campagna la guerra praticamente non c'era stata, non c'era radio, i giornali arrivavano periodicamente e non li leggevano tutti. Quindi sapevano che c'era una guerra, ma non avevano idea delle sue dimensioni né dei suoi protagonisti".
In Argentina, Hitler non fece vita da prigioniero o da persona che temeva di essere scoperto da un momento all'altro; non solo si muoveva liberamente in Argentina, ma visitò anche i Paesi vicini, in particolare ci sono prove della sua presenza in Brasile, Colombia e Paraguay. La sua fuga, commenta Basti, non poteva essere stata possibile senza un grande accordo militare tra nazisti e nordamericani. Un accordo che "consisteva nella fuga dalla Germania di uomini e tecnologie militati, che potevano essere riutilizzati contro il comunismo, in cambio di immunità per i nazisti e del loro riciclaggio nella strategia bellica nordamericana", nell'imminente Guerra Fredda contro l'Unione Sovietica e i suoi alleati. Quindi, ritiene ancora il giornalista argentino, i principali servizi segreti occidentali, avevano rapporti che confermavano la presenza di Hitler in Sudamerica, "ma non hanno mai agito per una sua detenzione, perché è ovvio che, se avessero voluto, avrebbero potuto catturarlo".
Hitler visse praticamente tranquillo e indisturbato in Argentina sotto le prime presidenze di Juan Domingo Perón, ma, quando questi fu deposto dalla Revolución Libertadora, nel 1955, preferì lasciare il Paese e trasferirsi nel Paraguay, dove assunse il nome di Kurt Bruno Kirchner, curiosamente lo stesso cognome del presidente argentino Néstor, a cui è succeduta sua moglie, l'attuale presidente Cristina Fernández de Kirchner. E nel Paraguay Htler spirò serenamente, senza aver pagato i conti con la giustizia terrena, e, a quanto pare, con la complicità delle potenze occidentali.


giovedì 20 febbraio 2014

Alla ricerca della tomba perduta di Miguel de Cervantes: si userà anche un georadar

Potete crederci? La Spagna ha perso le tracce dei suoi uomini più famosi dl Siglo de Oro. Nessuno sa dove siano i resti di Diego Velázquez, Miguel de Cervantes, Lope de Vega e Calderón de la Barca, spariti nel corso de secoli a causa di frequenti spostamenti, guerre, ripicche e crolli o distruzioni di conventi.
Ma si è iniziato a rimediare.
Dopo quattro anni di preparazione, nei prossimi mesi inizierà la ricerca dei resti di Miguel de Cervantes, l'autore delle avventure di El ingenioso hidalgo don Quijote de La Mancha e del suo fedele Sancho Panza. "E' lo spagnolo più illustre della storia" assicura lo storico Fernando de Prado, anima del progetto.
Miguel de Cervantes fu sepolto a Madrid, nel convento delle Trinitarias Descalzas, in cui era monaca sua figlia Isabel. I vari lavori di restauro e ristrutturazione, fecero sì che, nel corso dei secoli, si sia persa la memoria dl luogo esatto della tomba. Secondo Fernando de Prado, i resti di Cervantes non hanno mai abbandonato il convento, ed è qui che si concentreranno le ricerche. E' possibile che, durante i vari lavori realizzati, i resti di Cervantes non siano andati perduti, ma si siano mescolati a quelli delle altre persone sepolte in loco. Come riconoscere allora l'autore del Chisciotte?
In soccorso arrivano le nuove tecnologie. Per le ricerche si utilizzerà infatti un georadar, con cui si potranno individuare sepolture individuali, collettive e cripte varie; una volta stabilita una mappa di questi ritrovamenti, sarà possibile cercare le ossa di Cervantes, avendo a disposizione anche alcuni dati incontrovertibili: l'autore del Don Chisciotte morì il 22 aprile 1616 a 69 anni, un'età molto avanzata, rispetto alla media dell'epoca; il suo braccio sinistro era rimasto praticamente paralizzato a causa delle ferite sofferte nella battaglia di Lepanto, contro i Turchi. Sono tutti dati che dovrebbero aver lasciato un segno nel suo scheletro e, dunque, che aiuterebbero a un suo ritrovamento (il DNA dei discendenti di un suo fratello, non dovrebbe essere suffficiente). Se i resti di Cervantes venissero ritrovati, non solo si darebbe una tomba e un punto di riferimento a tutti gli amanti del Chisciotte e della letteratura, ma si potrebbe anche ricostruire l'immagine dello scrittore. A oggi, infatti, non esiste un suo ritratto.
Tra due anni la Spagna celebrerà i 400 anni dalla morte di Cerantes: riuscirà a farlo dando una nuova, degna sepoltura ai suoi resti? Il Comune di Madrid e la la Real Academia Española, che sostengono il progetto di ricerca, sperano di sì.
Cercando informazioni per scrivere questo post mi sono imbattuta in altro materiale interessante (è la cosa bella che regala la scrittura: si fanno ricerche e si imparano tante cose più di quelle che si stavano cercando).
Il grande rivale di Miguel de Cervantes fu Lope de Vega. Erano contemporanei, erano due geni dalle personalità contrapposte, erano rivali e, incredibilmente, vivevano a poca distanza l'uno dall'altro, in un incrocio continuo di vite e di coincidenze che dimostra come il destino si prenda volentieri gioco delle emozioni degli uomini. Entrambi avevano una figlia monaca nel Conventro delle Trinitarie Scalze (il corteo funebre di Lope de Vega si fermò davanti al convento affinché sua figlia Marcela potesse salutarlo); entrambi ebbero il funerale nella chiesa di San Sebastián e nesuno dei due ha una tomba sui portare un saluto. La cosa più curiosa di tutte è che Miguel de Cervantes visse nella strada intitolata oggi a Lope de Vega e quest'ultimo, ovviamente, visse nella strada intitolata oggi a Cervantes; e nella piccola srada che unisce queste due calles visse Quevedo. Com'era piccola, la Madrid degli ultimi Asburgo. Se volete salutarla, in un viaggio nella capitale spagnola, si trova alle spalle della plaza de Santa Ana, nel Madrid de las Letras.

venerdì 31 gennaio 2014

Mario Vargas Llosa: adesso gli interscambi abbattano la frontiera tra Cile e Perù

La frontiera terrestre tra Perù e Cile parte dall'Hito 1 o dal Punto de la Concordia? la nuova controversia tra i due Paesi, che sembra appassionare i media, per un territorio di circa 37mila metri quadrati, non interessa affatto a Mario Vargas Llosa, che, intervistato nella sua casa di Lima dal quotidiano cileno La Tercera, assicura che la sentenza de L'Aja sul confine delle acque territoriali tra i due Paesi sia "prudente". Secondo il Premio Nobel per la Letteratura, "è una sentenza che è stata data in modo che nessuno dei due Paesi possa considerarsi totalmente sconfitto o totalmente vincitore. C'è come un elemento salomonico e mi sembra che abbia una cosa molto positiva: abbiamo già frontiere, adesso dobbiamo iniziare a dissolverle attraverso lo scambio, il commercio e una cooperazione intensa, iniziata già da tempo e adesso da accelerare".
La nuova discussione sul cosiddetto triangolo terrestre "è insignificante. Si tratta di un paio di isolati, è ridicolo. Si risolve con un po' di buona volontà da parte dei due governi. E mi sembra importante che si risolva perché Cile e Perù hanno così tante sfide davanti, che è più facile lavorare in modo amichevole. Bisogna guardare in avanti e dimenticarsi di quello che è rimasto alle spalle". Vargas Llosa si sente ottimista per le future relazioni tra i due Paesi: sia il Cile che il Perù avevano annunciato che avrebbero rispettato la sentenza e solo una piccola minoranza, anche tra i politici, sta cercando il pelo nell'uovo. "Abbiamo visto mercoledì l'incontro tra i presidenti Piñera e Humala, a Cuba. E c'era anche la presidente eletta Bachelet. Lì c'è una ricerca di armonia e riconciliazione" commenta Vargas Llosa. I rapporti tra Cile e Perù son destinati a migliorare perché è cambiata anche la percezione degli uni verso gli altri; per i peruviani, lo sviluppo che il Cile ha avuto negli ultimi anni, è stato una motivazione, hanno finito "con l'accettare il suo modello, di fatto i due Paesi condividono adesso lo stesso modello. Per questo, credo che l'Alleanza del Pacifico sia il primo accordo latinoamericano che può funzionare, perché c'è somiglianza di politiche, linee economiche, obiettivi e consensi. Per l'Alleanza del Pacifico, la sentenza è qualcosa di enormemente positivo". 
Nel nuovo quadro disegnato dalla sentenza de L'Aja, manca la Bolivia, convitato di pietra su qualunque discussione sul confine tra Cile e Perù, con la sua esigenza dello sbocco sul mate perduto con le guerre del XIX secolo. "Credo che la Bolivia si sia sbagliata a rivolgersi a L'Aja; avrebbe dovuto scegliere un negoziato amichevole con il Cile, con una qualche partecipazione con il Perù, ovviamente. E' l'unico modo per arrivare a un accesso al mare per la Bolivia. Hanno cercato di approfittare della situazione. E le sentenze della Corte de L'Aja sono inappellabili, dunque una sentenza contro la Bolivia le chiuderebbe la porta per qualunque azione legale".



mercoledì 22 gennaio 2014

Un pompiere sexy per Melocotón loco, nuovo libro di Megan Maxwell, l'autrice più venduta del 2013

Questo libro è dedicato a tutte le persone che credono nel colpo di fulmine. Non c'è niente di più bello di quel magico momento. Lui è Rodrigo, il pompiere che farebbe sospirare qualunque ragazza, ma che non vuole sospirare per nessuna. E questa è Ana, fotografa, molto indipendente. E l'unica cosa che vuole è avere la vita che le piace a Madrid, lontano da Londra e dalla sua istrionica famiglia milionaria. Ma un incontro fortuito cambierà di colpo il suo mondo. E siccome le sorprese non vengono mai da sole, alcuni mesi folli aspettano Ana. Però con amicizia, un sorriso e molto buonumore le cose vengono molto meglio.
Così, in un video pubblicato qualche giorno fa su youtube, Megan Maxwell presenta Melocotón loco, il suo nuovo libro. Madrilena, madre di due figli, segretaria d'azienda fino a quando il successo letterario l'ha spinta a lasciare il lavoro, Maxwell è l'autrice spagnola più venduta del 2013. Merito della trilogia erotica Pídeme lo que quieras, che molti hanno considerato la risposta spagnola a 50 sfumature di grigio, ma che è certamente molto meglio, per stile di scrittura e ritratto psicologico dei personaggi.
In realtà Maxwell è da anni una delle scrittrici rosa più lette di Spagna; Pídeme lo que quieras è stato un divertissement, una pausa da tante storie romantiche, in cui si è rituffata non appena ha terminato la storia di Judith e di Eric. Melocotón loco nasce da una fantasia.
Qualche tempo fa in Spagna hanno avuto molto successo i calendari dei pompieri, ragazzoni baschi o catalani che si spogliavano per qualche causa benefica accendendo le fantasie delle ragazze di tutte le generazioni. E, racconta la scrittrice madrilena in un'intervista a Sevilla Magazine, lei voleva come protagonista proprio un pompiere da calendario, come quelli che hanno fatto sognare le ragazze e che ancora adesso risultano irresistibili. Anche il titolo del libro, che in italiano suona come Pesca pazza, è frutto di una fantasia, stavolta di Rodrigo, il tenebroso protagonista. "Per Rodrigo lei ha questo profumo e per questo glielo dice… Quando scrivo, per prima cosa scelgo il titolo, perché mi ispira molto. E qui volevo una fantasia da pompieri".
Quando scrive Maxwell ha le idee chiare: "So cosa vuole chi compra un romanzo romantico e uso questi elementi per costruirlo: due persone che si attraggono, ma discutono, che uno abbia più carattere dell'altro, la tensione sessuale… Non si possono innamorare dall'inizio. In questo caso, a Rodrigo Ana non piace e lei spera di essere sua amica. Poi, quando meno te lo aspetti, si accende la scintilla e la frittata si rovescia. Del resto, chi non si è mai innamorato di qualcuno che neanche lo guarda in faccia?!" E il rapporto con i personaggi è intenso: "Mi alzo e vado a dormire con loro" giura a Sevilla Magazine "Non me li posso togliere dalla testa. Accendo il computer alle nove di mattina e lo spengo alle nove di notte e continuo a prendere nota persino guardando la tv, figuratevi!"
Melocotón loco era un libro molto atteso dai fans di Megan Maxwell, che seguono le sue storie rosa da anni, perché propongono eroine moderne, quasi mai docili e sottomesse al principe azzurro che attraversa la loro strada. Tanto che le chiamano le guerreras de Maxwell e anche le fans si sono autodenominate così, donne battagliere, che difendono il proprio punto di vista, che non dicono di sì per fare contento il proprio uomo o per paura di perderlo e che alla fine lo conquistano sempre. Succede anche in Melocotón loco (che storia romantica sarebbe, altrimenti?).
Nei blog specializzati le prime recensioni sono positive e sottolineano, oltre al fascino dei personaggi e al ritmo della storia, tra Madrid e Londra, anche il ruolo, ancora una volta fondamentale della musica. La colonna sonora conta nomi importanti del pop britannico e spagnolo, Alejandro Sanz e i Depeche Mode tra i tanti, ma, soprattutto, Luis Miguel e Pablo Alborán. Il che dà un'idea di dove si andrà a parare.
Si può confessare? Dopo aver trovato Pídeme lo que quieras mille volte meglio di 50 sfumature di grigio, non si vede l'ora di leggere Melocotón loco!
Se capite lo spagnolo, potete trovarlo anche in casadellibro.com.



lunedì 20 gennaio 2014

Il Canto a Andalucía di Manuel Machado, in una serata d'inverno

Cádiz, salada claridad. Granada,
agua oculta que llora.
Romana y mora, Córdoba callada.
Málaga, cantaora.
Almería, dorada.
Plateado, Jaén. Huelva, la orilla
de las tres carabelas.
Y Sevilla.

Cadice, trasparenza salata. Granada,
acqua nascosta che piange.
Romana e mora, Córdoba silenziosa.
Málaga, cantaora.
Almería, dorata.
D'argento, Jaén. Huelva, la riva
delle tre caravelle.
E Siviglia
Sono i versi del Canto a Andalucía, uno dei poemi più celebri di Manuel Machado, uno dei più importanti poeti spagnoli del XX secolo, appartenente alla Generazione del '98. Manuel era il fratello maggiore di Antonio, che rese celebre il sivigliano Palacio de Dueñas dei Duchi d'Alba con i versi Mi infancia son recuerdos de un patio de Sevilla, y un huerto claro donde madura el limonero (La mia infanzia sono i ricordi di un cortile di Siviglia e di un orto chiaro, in cui matura il limone), riprodotti oggi su una targa di azulejos, all'ingresso del palazzo, e che fu uno dei celebri intellettuali aderenti alla Seconda Repubblica (morì in esilio, pochi giorni dopo essere riuscito a fuggire da Barcellona, ormai prossima alla conquista franchista). Nei due fratelli, la tragedia della Spagna della Guerra Civile: dopo il sollevamento di Francisco Franco, Manuel aderì ala causa dei ribelli, Antonio a quella dei repubblicani; la politica e l'idea di Spagna li divise, ma l'affetto fraterno non si spezzò.
La prima volta che ho letto il Canto a Andalucía è stato a Siviglia, in una scuola di spagnolo. Ogni tanto mi è tornato tra le mani, affascinandomi sempre per il verso finale. Poi, qualche giorno fa, mi è stata recitata da un sivigliano dagli occhi brillanti. E cosa non è stata la sua voce nel chiudere con Y Sevilla. Con meraviglia, perché non c'è altro da aggiungere, con ammirazione, perché como Sevilla no hay otra (come Siviglia non c'è nessuna), come un'esclamazione perché quello che rimane in sospeso chiunque se lo può immaginare. E la poesia non è tanto nelle parole, ma negli occhi e nei toni di chi la recita e sa trasmettere emozioni, stupori, orgoglio, commozione.


mercoledì 15 gennaio 2014

Muore il poeta argentino Juan Gelman, simbolo della lotta alla dittatura. Ritrovò la nipote nel 2000

Un pájaro vivía en mí.
Una flor viajaba en mi sangre.
Mi corazón era un violín.
Quise o no quise. Pero a veces
me quisieron. También a mí
me alegraban: la primavera,
las manos juntas, lo feliz.
¡Digo que el hombre debe serlo!
(Aquí yace un pájaro.
Una flor.
Un violín.)
Un uccello viveva in me
Un fiore viaggiava nel mio sangue
Il mio cuore era un violino
Amai o non amai. Ma a volte 
mi hanno amato. Anche a me
rallegravano: la primavera, le mani unite, l'essere felice.
Dico che l'uomo dev'esserlo!
(Qui giace un uccello.
Un fiore.
Un violino)
Si intitola Epitafio ed è la poesia con cui il quotidiano argentino Página 12 saluta oggi in Home Page uno dei suoi collaboratori, Juan Gelman, morto a 83 anni a Città del Messico, a causa di una leucemia. Era uno dei poeti più importanti dell'Argentina ed Epitafio appartiene alla sua prima raccolta, Violín y otras cuestiones.
Non conosco la sua vita e ignoro buona parte del suo lavoro, anche se le cronache sulla sua morte riportano che nel 2007 ha ottenuto il Premio Cervantes, il più importante della letteratura in lingua spagnola. Ma ho una buona memoria di lui perché uno degli episodi più toccanti della sua vita, mi aveva molto colpita.
Juan Gelman si iscrisse sin da giovanissimo al Partito Comunista Argentino, fu montonero e perseguitato dalla dittatura argentina. Negli anni bui del potere militare perse suo figlio Marcelo, che venne sequestrato insieme alla compagna, María Claudia García Iruretagoyena, incinta di sette mesi. Nel 1989 vennero trovati i resti di Marcelo, mentre di María Claudia si seppe che era stata trasferita nell'Uruguay, che lì diede alla luce una bambina e che rimase con lei alcuni mesi, prima di essere uccisa.
Macarena, questo il nome della bambina, fu ritrovata da suo nonno nel 2000 e ricordo quando successe. Ne parlarono persino i giornali italiani, mentre per quelli in lingua spagnola, soprattutto argentini, quel ritrovamento fu come un simbolo, una nuova speranza per recuperare i nipoti scomparsi e appropriati. E ricordo di aver pensato allora, forse per la prima volta, davanti al dramma delle abuelas, a tutte quelle vite spezzate e a come decine di giovani argentini abbiano vissuto non solo privati dei genitori, ma anche della propria famiglia e, alla fine, di se stessi e della propria identità. E come il recupero di questa identità sia doloroso, lasciandoli sospesi, innocenti, tra due vite e tra diversi affetti.
I contatti tra Macarena e Gelman non si sono mai persi e in queste ore lei sta viaggiando da Montevideo al DF, per partecipare ai funerali del nonno.
Stabilitosi in Messico, dopo il ritorno in Argentina, nel 1988 (e un giorno bisognerà approfondire perché questo Paese inquieto, scosso da tante rivoluzioni e insicurezze, continui a essere un faro e un riparo per i perseguitati di tutto il mondo), Gelman è stato un simbolo della lotta dell'Argentina per una società più giusta. E ha semrpe ammonito sull'importanza del ricordo, della Memoria Storica. Ne ha parlato anche nel suo discorso, dopo aver ricevuto il Premio Cervantes 2007. Mi piace riprodurre un passaggio di quel discorso, per ricordarlo oggi: 
"C'è chi vilipende questo sforzo di memoria. Dicono che non bisogna rimuovere il passato, che non bisogna avere gli occhi nella nuca, che bisogna guardare avanti e non impegnarsi ad aprire vecchie ferite. Si sbagliano profondamente. Le ferite non sono ancora chiuse. Battono nel sottosuolo di una società come un cancro senza timore. La loro unica cura è la verità. E, dopo, la giustizia. Solo così è possibile il vero oblio. La memoria è memoria se è presente e così come Don Chisciotte puliva le sue armi, bisogna pulire il passato, perché entri nel passato. E sospetto che non pochi di quelli che preconizzano la destituzione del passato in generale, in realtà vogliono la destituzione del loro passato individuale".
Parla dell'Argentina, sembra si rivolga alla Spagna. Che le sue parole siano di monito a tutti noi, affinché siamo consapevoli del passato, per poter disegnare il futuro. Che riposi in pace, l'anima di Juan Gelman.



martedì 14 gennaio 2014

Il primo trailer della serie Alatriste, con la benedizione di Arturo Pérez Reverte

E' il primo trailer di Alatriste, la serie di TeleCinco dedicata al famoso spadaccino creato da Arturo Pérez Reverte, e gode della benedizione dello stesso scrittore di Cartagena (è una delle cinque serie spagnole che Rotta a Sud Ovest consiglia di vedere quet'anno).
Ieri, su Twitter, Pérez Reverte ha lasciato il link per vederlo scrivendo: Il primo trailer di Alatriste, Aitor è splendido e gli altri anche.
Il trailer scorre a velocità rapida, si vede la decadenza triste dell'impero spagnolo, in mano a un re mediocre, Felipe IV, che non si occupa del regno e si preoccupa di sedurre signorine compiacenti; ci sono Diego Alatriste, che usa abilmente la spada e bacia volentieri le signore che lo aspettano, Íñigo de Balboa, giovanissimo, che si lascia affascinare dalle storie di guerra e dalla maliziosa Angélica, la menina della Regina che qui è addirittura alle porte dell'adolescenza. Il ritmo è incalzante, ma si fa in tempo a vedere la cura dei dettagli, l'attenzione ai costumi, la trasformazione di Aitor Luna, la ricostruzione delle enormi differenze sociali della Spagna del Siglo de Oro.
A occhio sembra rispettare una delle consegne più importanti della saga di Alatriste: insegnare la storia di Spagna e spiegare le ragioni per cui oggi la Spagna deve affrontare certe difficoltà (se volete capire quel periodo storico spagnolo, veramente poche letture introducono meglio di Alatriste alle idiosincrasie e alla mentalità dell'epoca). I produttori di Mediaset hanno detto che il rigore della costruzione storica è stata uno degli obiettivi principali, la missione sembra compiuta e non si vede l'ora che Alatriste arrivi sul piccolo schermo.
Il video, da terra.es.




lunedì 30 dicembre 2013

Il gioco di Ripper, il nuovo libro di Isabel Allende: un poliziesco tra adolescenti e giochi di ruolo

El juego de Ripper (Il gioco di Ripper in italiano) è il nuovo libro di Isabel Allende, la cui uscita, nei Paesi di lingua spagnola, è prevista per il 3 gennaio (ho visto che La Nación di Buenos Aires lo mette già tra i 10 libri da leggere sotto l'ombrellone dell'estate australe); negli stessi giorni uscirà anche in Italia, primo Paese non ispanico che potrà leggerlo tradotto nella propria lingua. Per la scrittrice cilena si tratta dell'esordio nel romanzo poliziesco e, addirittura, nei giochi di ruolo. Protagonisti, ancora una volta, gli adolescenti: questa volta si tratta di ragazzini legatissimi a internet, che collaborano alla risoluzione di un difficile caso poliziesco nella baia di San Francisco.
"Mia madre è viva, ma la ucciderà Venerdì Santo a mezzanotte" avvertì Amanda Martín all'ispettore capo e questi non lo dubitò, perché la ragazza aveva dato prova di sapere più di lui e di tutti i suoi colleghi del Dipartimento Omicidi. La donna era prigioniera in qualche punto dei 18mila kmq della baia di San Francisco, avevano poche ore per trovarla e lui non sapeva da dove iniziare a cercarla". 
E' un passaggio del libro, che spiega bene il dramma che vivono sia Amanda, una 14enne con occhiali e apparecchio ai denti, che passa tutto il tempo su Internet, in giochi di ruolo in stile poliziesco, che l'ispettore capo, alle prese con un serial killer e un rompicapo. La fortuna di quest'ispettore è che Amanda è alla guida di una squadra di adolescenti specializzati, si è già detto, in giochi di ruolo: in passato hanno dato la caccia a Jack lo Squartatore, adesso, con il caso della mamma di Amanda, passano alla realtà; sono un ragazzino paraplegico neozelandese, che assume il ruolo di una gitana di nome Esmeralda; un adolescente del New Jersey, che ha il ruolo di un esperto in strategia di guerra, il colonnello Edmond Paddington; una giovane canadese, che soffre di disturbi alimentari e assume l'identità di una psicologa; un ragazzino afroamericano orfano, con un elevato quoziente d'intelligenza e che tutti chiamano Sherlock Holmes.
Sono loro che aiutano l'ispettore a venire a capo del mistero della scomparsa di Indiana Jackson, la madre di Amanda. Una donna, che scopriamo nel libro, lavora tra massaggi, reiki, aromaterapie, ed è divisa tra due uomini, il milionario Alan, appartenente a una delle famiglie più importanti di San Francisco, e l'ex militare Ryan, tornato dall'Afghanistan senza una gamba. C'entreranno anche loro due nel mistero della sua scomparsa?
Il libro, ha raccontato Isabel Allende, nasce da un progetto fallito con il marito William Gordon: dovevano scrivere un poliziesco a quattro mani, poi i diversi metodi di lavoro hanno fatto abbandonare l'idea; però la storia era lì, nella mente di Allende, che ha aggiunto i giochi di ruolo, cari a una delle sue nipoti. 
E non solo. Per poter scrivere il romanzo, il primo poliziesco della sua carriera, la scrittrice cilena ha dovuto prepararsi e informarsi, ha discusso con medici legali, ha partecipato a incontri di autori di polizieschi e oggi afferma, chissà quanto scherzosamente, che se decidesse di uccidere il marito, nessuno la scoprirebbe mai.


domenica 29 dicembre 2013

I cinque uomini del 2013

A fine anno, scegliere le cinque personalità maschili del mondo di lingua spagnola, senza le quali l'anno che volge al termine non sarebbe stato lo stesso, è sempre un po' complicato. Pensare alla politica e ai diritti, senza i quali nessuna società e nessun progresso sono immaginabili? Regalarsi anche un po' di leggerezza e sottolineare i successi e le sorprese nell'entertainment e nello sport? Si ritorna indietro con la memoria per dodici mesi, si iniziano a eliminare volti ed eventi e alla fine rimangono cinque personalità, che hanno accompagnato, che hanno sorpreso, che hanno divertito, che hanno suscitato speranze. 
Il loro ordine è casuale, ma non necessariamente.

Juan Manuel Santos
Che la fine del conflitto armato in Colombia fosse uno degli obiettivi della sua presidenza, si era capito quasi subito. Juan Manuel Santos, per la seconda volta consecutiva nella cinquina dell'anno, ha cambiato la Colombia, rendendola più aperta e tollerante Poi, ha iniziato il dialogo di pace con le FARC. Non ci credeva nessuno, per prime le FARC, ma il dialogo, iniziato tra perplessità dell'opinione pubblica e crolli di popolarità del presidente, ha già raggiunto un accordo su tre dei sei punti in agenda, i più ostici. Si riprenderà a gennaio con Santos candidato per il secondo mandato e di nuovo apprezzatissimo. Riuscirà a scindere il proprio destino politico da quello della pace? Ancora una volta, suerte, señor Presidente

Sebastián Rulli
Ok, so dell'esistenza di Sebastián Rulli dai tempi di Pasión. E' uno di quegli attori che sono lì, belli e determinati a non essere solo tali, con telenovelas che si abbandonano senza un perché e senza rimpianti, si sa dei loro amori su Twitter, ma niente di più. Poi. Un'intuizione. L'ennesimo remake di Nozze d'odio ha un'unica ragione di curiosità: il personaggio del protagonista sembra perfetto per il suo interprete; Alejandro Almonte si immagina facilmente con la faccia di Sebastián Rulli. Si inizia a guardare Lo que la vida me robó senza aspettative e ci si scopre sempre più colpiti dalla bravura del protagonista. Wow, Sebastián Rulli, bello, bravo e principale ragione per continuare a seguire la telenovela. Nel 2014 ci sarà posto anche per te su Rotta a Sud Ovest, promesso, Sebastián!

Benjamin Vicuña
E' uno degli attori latinoamericani prediletti di Rotta a Sud Ovest da sempre. Non solo il bel viso dal sorriso gentile, ma anche l'idea della cultura come strumento per rompere le disuguaglianze sudamericane. Per amore e per carriera si divide tra Argentina e Cile e quest'anno ha travolto l'Argentina con l'avvocato omosessuale Pedro, innamorato del collega Guillermo, nella telenovela Farsantes. Ha conquistato il pubblico e ha causato proteste, sit-in e feroci polemiche quando è stato assassinato dagli sceneggiatori. A furor di popolo, non si sa ancora come, Pedro tornerà per il finale della telenovela. La rivincita di Vicuña, dicono i media argentini. E non si può che essere d'accordo: finalmente non lo considerano più solo bello, adesso è soprattutto bravo. Bien hecho, Benja!

Artur Mas
A volte si ha un po' la sensazione che la situazione gli sia sfuggita di mano. Agitare l'indipendentismo della Catalogna per far dimenticare crisi ed errori di trent'anni di governo nazionalista quasi ininterrotto, sembrava una buona idea. Contro di lui, però alcune variabili incontrollabili: gli indipendentisti l'hanno preso sul serio, i catalani hanno iniziato a considerare l'indipendenza un'alternativa possibile e Madrid non ha reagito. Così, spinto dagli eventi, Mas è arrivato a formulare due pasticciate domande per un referendum, che sarà comunque illegale e che si terrà il 9 novembre 2014. Qualcuno saprà salvarlo dalla situazione in cui si è cacciato? Per ora solo la UE lo ha avvertito, se diventa indipendente, la Catalogna sarà fuori dall'Europa. Madrid, ovviamente, continua a tacere. Suerte, President.

Ildefonso Falcones
Uno degli autori spagnoli più letti in patria e all'estero. Il successo è arrivato con La Cattedrale del Mare, un affresco della Barcellona medievale, si è confermato con La Mano di Fatima, epica cavalcata nella Spagna dei moriscos, ed è continuato con La regina scalza, fascinosa avventura alle radici del flamenco. Su Rotta a Sud Ovest si è parlato dei suoi libri (tutti consigliabilissimi per conoscere una Spagna che non si sa), ma Falcones finisce nella cinquina degli uomini che hanno reso speciale il 2013 perché il post scritto a marzo 2013, quando La reina descalza era appena uscito in Spagna, continua stabilmente tra i più letti del blog ed è il più letto in assoluto da quando il blog ha cambiato indirizzo, a febbraio 2013. Tanto successo inaspettato della letteratura, merita un riconoscimento!


lunedì 23 dicembre 2013

Aborto in Spagna: Arturo Pérez Reverte su Twitter, no a chi impone i rosari sulle ovaie

In Spagna continuano a levarsi voci contro la restrizione al diritto all'aborto, voluta dal disegno di legge presentato dal Governo di Mariano Rajoy. Le donne spagnole potranno abortire solo in due casi, violenza sessuale e pericolo di vita e sempre dopo aver parlato con almeno due medici, non appartenenti alle clinica a cui si sono rivolte. 
E' una legge che arriva per soddisfare le esigenze dei settori più conservatori del PP e della Chiesa Cattolica; curiosamente viene proposta nel momento in cui il potere del presidente della Conferenza Episcopale Spagnola Antonio Maria Rouco Varela è in declino, isolato dalla Roma più misericordiosa e aperta di Papa Francesco; e, soprattutto, viene presentata proprio quando i dati dimostrano che la legge del governo socialista di José Luis Rodriguez Zapatero, approvata nel 2010 per liberalizzare l'aborto fino alla 14° settimana e mettere la Spagna in linea con i Paesi europei, funziona: nel 2012 gli aborti sono diminuiti del 5%. Le leggi che garantiscono alle donne il diritto all'aborto, dunque, sono più efficaci di quelle che cercano di impedirlo: se la legge del PP fosse stata in vigore nel 2012, oltre 104mila aborti sarebbero stati illegali. Ergo, oltre 104mila donne sarebbero volate all'estero, avendo il denaro per farlo, o avrebbero utilizzato strutture clandestine, con tutti i pericoli connessi. 
Sono molte le voci che si stanno ribellando a questa nuova proposta di legge. E la cosa bella è che tra le voci contrarie non ci sono solo le donne. Alcuni degli editoriali più interessanti e più critici sono firmati da opinionisti di grande prestigio in patria. Poi, ieri sera, su Twitter, è sceso in campo Arturo Pérez Reverte, che nel suo consueto intervento domenicale sulle cose del mondo, si è dedicato alla nuova legge sull'aborto, scagliandosi contro la Spagna che continua a voler imporre "i rosari sulle ovaie": 
Ha una sua grazia sinistra che la legge dell'aborto sia (credo), l'unica promessa elettorale rispettata dal PP. Se Gallardón aveva ambizioni, a parte quella di essere quello che è, che se le dimentichi. Questa miserabile legge lo brucia per il resto della sua triste vita politica. 
Ha un odore torbido di sacrestia. La vecchia e oscura Spagna che non si rassegna a morire. Un'altra volta i rosari si immischiano nelle ovaie.
Non si potrà più abortire per malformazione del feto, né per cause economiche o sociali. Si chiude di nuovo la trappola sulla donna.
Solo aborto in caso di violenza, rischio della salute o problemi psichici. Il resto, a partorire come buone cattoliche, anche se non lo sono.
Le donne spagnole vengono mandate di nuovo nelle caverne. Persino quelle del PP devono sentire vergogna.
Il claudicare di questo Governo davanti al cattolicesimo più reazionario e baciapile che gli fa pressione (e da dentro) è da processo di Norimberga.
L'aborto è, semplicemente, una legge religiosa contro la donna. Religione cattolica è la parola. Vescovi. Il resto sono fioriture retoriche.
Le riporta alla sordida clandestinità, alla paura, all'aborto in segreto, al viaggio per abortire, all'angolo da cui sembrava fossero uscite.
Essendo così facile (20 di 28 Stati della UE) abortire entro una scadenza ragionevole, due a tre mesi, senza fornire motivi particolari. Punto.
Ma al presidente Rajoy, al ministro Gallardón e a quello degli Interni (e al suo confessore), sembra che abortire offenda la volontà divina.
La legge dell'aborto è un caso svergognato di prevaricazione e corruzione confessionale. Di Stato contaminato di religione. Oppressore e anacronistico.
E' un passo indietro per la libertà, non necessario, salvo che per soddisfare ministri baciapile, vescovi e gruppi di pressione ultracattolici.
Il Gallardonazo. Leggetelo tutto lentamente, come ho appena fatto io. Un paio d'ore istruttive. Rivelatrici...
Solo l'Irlanda e la Polonia sono così CARCAS nella legislazione sull'aborto. Non casualmente sono i due Paesi più ultracattolici d'Europa.
Allineati con gli Stati più ultracattolici, invece che con Francia, Italia o Germania. Persino la Gran Bretagna sfuma molto la sua, dando un margine. 
Adesso dipende dalle donne interessate se rassegnarsi o difendersi. Ed è obbligo di tutti appoggiarle davanti a questa canagliata intollerabile.
Il Governo ha la sfacciataggine di sopprimere come causa la malformazione del feto. Quando ha lasciato il Paese senza assistenza per tante cose.
Un Paese in cui le famiglie che hanno figli con problemi sono già senza assistenza, senza sostegno ufficiale, senza mezzi, senza centri adeguati...
Con quali leggi d'assistenza, con quali fondi, con quali mezzi si incaricherà lo Stato dei bambini che nasceranno con malformazioni gravi?
Se li porteranno a casa, Rajoy e i suoi ministri, i bambini deficienti o disabili? Veglierà su di loro personalmente il ministro Montoro?
Le donne incinte che non potranno studiare né lavorare per maternità incompatibile, saranno sovvenzionate dal ministro Gallardón?
L'aborto non è un metodo anticoncezionale. Ma è un diritto di tutte le donne. Lei deve decidere, all'inizio della gravidanza, se continuarla o no.
Cosa c'entrano monsignor Rouco e i suoi colleghi con la sessualità o la maternità di una donna? chi ha attribuito loro questo arrogante diritto?
Se uno Stato non può garantire assistenza alle famiglie con problemi, meno può obbligare le donne a essere madri in circostanze avverse.
Varrebbe di più dedicare leggi all'educazione sessuale e alla responsabilità di uomini e donne, affinché esse possano poi giudicare e decidere il loro futuro
Madre può esserlo solo chi vuole esserlo e si trova nelle circostanze per esserlo. Imporre la maternità forzata nel nome della morale cattolica è un'infamia.
E davanti a un'infamia (io la considero come tale) è da vigliacchi mantenere il silenzio ed è degno ribellarsi e combatterla. Ognuno veda cosa fare.
Poi è interessante leggere il dialogo dello scrittore con i suoi followers; c'è chi si vergogna per quello che la proposta di legge implica per la Spagna; c'è chi difende il nascituro senza preoccuparsi della volontà della donna che lo porta in grembo. Risulta ancora difficile capire che non importa quali siano le opinioni personali, in temi così sensibili, l'importante è esigere una società che garantisca a tutti la libertà di vivere secondo le proprie convinzioni e la libertà di decidere da soli cosa sia meglio per se stessi.



Tutti i preziosi libri e documenti di Isabella di Castiglia e Cristoforo Colombo, a Siviglia

Rinata a nuova popolarità, grazie alla serie televisiva Isabel, la regina Isabella di Castiglia è una delle grandi riscoperte spagnole del 2013. Se nella sua Castiglia natale sono nati itinerari ad hoc, per ricordare la sua vita, se Granada ha studiato visite guidate per ricordare la sua presenza in città dopo la Reconquista, Siviglia punta tutto sulla sua eredità culturale e storica, all'essere stata la città in cui Isabella e Fernando hanno a lungo soggiornato, per mettere in ordine le cose del sud, e da cui è partita la conquista delle Americhe. 
Il fulcro della presenza di Isabella nel capoluogo andaluso è la Biblioteca Capitular Colombina, come ricorda oggi la sezione andalusa di ABC. E' una Biblioteca che si trova nel centro storico, in calle Alemanes, ai piedi della Giralda, generalmente ignorata dai turisti, attratti più facilmente dal vicino Archivio delle Indie o dalla Cattedrale. Però, se si è appassionati di storia spagnola e si vuole conoscere una Siviglia un po' insolita, è una bella occasione.
Nella biblioteca ci sono numerosi documenti che sono preziosissimi, per essere i primi al mondo nel loro genere. 
Per esempio, uno degli eventi più importanti del lungo regno di Isabella è la scoperta dell'America. Nella Biblioteca sivigliana ci sono numerosi documenti che testimoniano la preparazione del viaggio di Cristoforo Colombo e la conquista dell'Impero. Un vero e proprio gioiello è il Libro delle profezie, appartenuto all'ammiraglio genovese, il cui titolo originale è Profecías que junto el Almirante Don Christóval Colón de la recuperación de la Santa ciudad de Hierusalem y del descubrimiento de las Indias, dirigidas a los Reies Catholicos; è un manoscritto dell'inizio del XVI secolo, copiato da varie mani, tra cui Cristoforo Colombo e suo figlio Hernando. Conservata anche la prima lettera scritta da Cristoforo Colombo ai Re Cattolici, per raccontare cosa aveva visto. Come dice la direttrice della Institución Colombina Nuria Casquete de Prado Sagrera all'ABC, "questa lettera divenne molto famosa e circolò in tutta Europa, fu pubblicata in diverse lingue ed è stata una specie di best-seller del 1493. Inoltre è il primo libro sull'America, dato che racconta la sua scoperta". "La curiosità dell'incisione è che, all'essere italiano, chi rappresenta è Fernando e non Isabella la Cattolica, perché Fernando era il vicino. Nell'incisione è anche presente l'immagine di Colombo e delle tre caravelle, ma, soprattutto, riproduce una delle prime rappresentazioni degli indigeni americani. Nella lettera, l'ammiraglio descrive le molte isole che credeva di aver scoperto nelle Indie" scrive il quotidiano spagnolo.
Bisogna spostarsi all'Archivio della Cattedrale di Siviglia, per ammirare un timbro di piombo dei Re Cattolici. E di nuovo documenti sulla scoperta dell'America. L'Historia rerum ubique gestarum di Papa Pio II, stampato a Venezia nel 1477 e l'Imago mundi di Pedro de Ailly, entrambi con note a margine di Cristoforo Colombo. Note a margine del genovese anche su un'edizione fiamminga del Milione di Marco Polo, e una Storia Naturale di Caio Plinio Secondo stampata di Venezia. 
Ma non è solo la scoperta dell'America. La Biblioteca conserva anche la prima Grammatica castigliana, scritta da Antonio di Nebrija e dedicata alla regina. Poi c'è l'intera biblioteca di Hernando Colombo, oltre 6000 titoli dei 15mila che lasciò alla sua morte. 
La visita alla Biblioteca è impressionante: le sue librerie e quelle dell'adiacente Biblioteca dell'Arcivescovado occupano per 5mila metri lineari.


venerdì 29 novembre 2013

Polemiche su Zapatero: pubblica nel suo libro la lettera della BCE negata al Parlamento

El dilema, il libro di memorie in cui José Luis Rodriguez Zapatero racconta i suoi ultimi 600 giorni al potere e le dure decisioni prese allora per evitare l'intervento dell'Unione Europea sul sistema finanziario spagnolo, sta suscitando vivaci polemiche. L'ex Presidente del Governo ha infatti pubblicato nel libro la lettera inviatagli dall'allora presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet, con tutte le riforme richieste per evitare il rescate della Spagna, e all'epoca negata da Zapatero al Parlamento che voleva conoscerne i dettagli. 
Il 5 agosto 2011, la Banca Centrale Europea inviò due lettere, una diretta a Silvio Berlusconi e l'altra a José Luis Rodriguez Zapatero, la prima firmata, oltre che da Trichet,  anche da Mario Draghi, allora Governatore della Banca d'Italia, e la seconda anche da Miguel Angel Fernández Ordoñez, Governatore della Banca di Spagna. Nella lettera per il premier italiano si parlava della necessità di inserire il fiscal drag nella Costituzione, cosa che Berlusconi annunciò che avrebbe fatto subito dopo. Della lettera per Zapatero non c'è stata prova fino alla sua pubblicazione nel libro, anche se tutti ne parlavano e assicuravano la sua esistenza. 
"Sul lato dei contenuti, la BCE supera i limiti del suo mandato, e, per "restituire credibilità alla Spagna davanti ai mercati", invita il Governo ad abbassare i salari, facilitare i licenziamenti, indebolire i sindacati, limitare per legge la spesa pubblica o anche, approfittando della congiuntura, liberalizzare il mercato degli affitti" scrive El Pais. Il 23 agosto 2011, mentre il Parlamento approvava il Decreto-Legge che recepiva buona parte delle indicazioni della Banca Centrale Europea, Zapatero si negò a rispondere alle domande circa l'esistenza della lettera e, dunque, dei condizionamenti europei alle politiche spagnole e, in ultima istanza, alla sovranità di Madrid. "Se abbiamo saputo allora che esisteva un vincolo tra le riforme e l'acquisto di debito, è dovuto al fatto che in Italia qualcuno ebbe la decenza di filtrare al Correre della Sera" la lettera inviata al Governo italiano, lamenta El Pais.
Perché Zapatero si rifiutò di rispondere davanti al Parlamento sull'esistenza della lettera? E perché ne parla invece nel suo libro? Le risposte alle due domande stanno suscitando un vivace dibattito in Spagna e stanno ancora una volta gettando al suolo l'immagine dell'ex Presidente. "Sarò molto chiaro. Se non ne ho parlato all'epoca è stato perché metteva a rischio la stabilità della Spagna. La mia idea fu che sarebbe stato più responsabile non farlo. Si è detto tante volte che la BCE ha imposto la riforma della Costituzione. Adesso ho deciso che sia pubblica perché dovevo spiegare a fondo che era uno scambio di intenzioni" ha detto Zapatero in una delle tante interviste di questi giorni.  
Il PSOE ha difeso il suo ex Segretario Generale in Parlamento, sostenendo che, al rifiutarsi di rispondere a precise domande sull'esistenza della lettera, Zapatero non ha mai mentito. Izquierda Unida, la formazione più dura con l'ex Presidente, ha criticato Zapatero per aver reso pubblico il contenuto della lettera nel suo libro di memorie e di averlo negato al Parlamento. Durissimo anche El Pais, che si augura che Zapatero "doni le quantità di denaro ricevute per El dilema al Patrimonio Nazionale o, nel caso, a qualche ONG", dato che sono guadagni ottenuti "appropriandosi del patrimonio pubblico di documenti. E nota il lato più inquietante di tutta questa vicenda: il contenuto della lettera: "la politica economica, l'ingerenza delle Banche Centrali nei Governi della UE, la sottomissione di questi... sono tutte questioni  che ricevono nuova luce e bisognerà ridiscuterle".
"Che Zapatero nascondesse al Congresso la lettera di Merkel e adesso la utilizzi per guadagnarci con il suo libro, è un'azione miserabile, che lo ritratta" ha scritto su Twitter il coordinatore generale di Izquierda Unida Cayo Lara. L'immagine dell'ex Presidente di nuovo al suolo, nel ritorno sulla scena pubblica.