giovedì 18 agosto 2011

Il canto di Federico García Lorca contro Roma per Benedetto XVI, atteso alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid

E' una giornata strana, questo 18 agosto 2011. E' la vigilia del 75° anniversario dell'assassinio di Federico Garcia Lorca ed è il giorno dell'arrivo di Benedetto XVI a Madrid, per la Giornata Mondiale della Gioventù. Così il quotidiano Público ha deciso di salutare l'Arcivescovo di Roma con il più militante e duro poema di Federico contro il Vaticano (non contro Cristo, ma contro la sua Chiesa). Sono versi quasi sconosciuti, scritti a New York, che mostrano un poeta indignado, come scrive Ian Gibson nell'articolo pubblicato dal quotidiano madrileno, che potete leggere in italiano più in basso. Ed è il primo, lo studioso britannico, ad associare l'interesse del poeta granadino per i deboli e gli abbandonati con la indignación che percorre la Spagna di questi mesi. Un'associazione e un legame che testimoniano l'attualità del messaggio e della letteratura di Federico Garcia Lorca. E la sua grandezza, in fondo.
Qui in basso potete leggere l'articolo scritto da Ian Gibson su questo "grido contro il Vaticano" e, quindi, i versi militanti di Federico, con la traduzione (letterale e non poetica) in italiano. L'articolo di Gibson in spagnolo è qui.

Federico García Lorca è un indignado che, attraverso tutta la sua opera, dagli scritti giovanili fino a La casa de Bernarda Alba, terminata due mesi prima del suo assassinio, non ha mai smesso di protestare contro l'ingiustizia e la crudeltà. Suo fratello diceva che, trai i poeti della sua generazione, era il più impegnato socialmente. Mi sembra indubitabile. In un'intervista lo spiegò così: "Credo che l'essere di Granada mi inclina verso la comprensione simpatica dei perseguitati. Del gitano, il negro, l'ebreo… del morisco che tutti abbiamo dentro.
Fermiamoci sulla frase: "La comprensione simpatica dei perseguitati". Lorca non era di quelli che consideravano la presa della sua città, nel 1492, da parte di Fernando e Isabella, come una manifestazione della provvidenza divina. Al contrario, fu per lui un momento "pessimo" perché suppose, e lo disse pubblicamente, la perdita di "una civiltà ammirevole, una poesia, un'astronomia, un'architettura e una delicatezza uniche al mondo".
E una sofferenza umana inimmaginabile.
Tra le istituzioni che più lo indignavano figurava la Chiesa Cattolica, atteggiamento, il suo, compatibile con l'intensa ammirazione che aveva per la persona e l'insegnamento di Cristo. Tutto questo era già plasmato nell'impressionante insieme dei suoi primi scritto, fino ad alcuni anni fa in larga parte inediti e oggi pubblicati nella loro integrità (versi, prose, teatro). In Lorca, di fatto, esiste una profonda identificazione con Gesù, il Gesù che ama i poveri, cura i malati e predica la pace e la carità. Si può persino trovare un parallelismo nelle loro morti.
Per il poeta, uno dei principali avversari da combattere è, dunque, la Chiesa, con il suo Papa in testa. E mai come nel 1929, quando Pio XI, da sette anni tale, arrivò a un'intesa con Mussolini. Lorca, che si trovava allora nella metropoli nordamericana, e come sempre molto attento a cosa succedeva nel mondo, decise di alzare la sua voce di protesta. E nasce la straordinaria ode-diatriba-imprecazione intitolata Grito hacia Roma (Desde la torre del Chrysler Building), mai pubblicata in vita e inclusa nel postumo Poeta en Nueva York (1940).
Nel dorso del manoscritto ci sono due titoli cancellati, Injusticia e Oda de la injusticia, forse previsti all'inizio per la poesia, e nel corpo del testo tre versi, eliminati, di incitamento rivoluzionario:
Compañeros de todo el mundo / hombres de carne con vicios y con sueños / ha llegado la hora de romper las puertas. (Compagni di tutto il mondo / uomini di carne con vizi e con sogni / è arrivato il momento di rompere le porte)
Non può non attirare l'attenzione la coincidenza dell'arrivo in Spagna, proprio oggi, dell'attuale pontefice. Perché, dopo il libro di Manuel Titos Martínez, Verano del 36 en Granada (2005), la cosa più sicura è che Lorca cadesse crivellato, tra Alfacar e Viznar, nella notte senza luna del 18 agosto di quell'anno infausto. Cioè, esattamente 75 anni fa.
Grito hacia Roma, lanciato dall'edificio più alto del mondo (non era ancora stato finito l'Empire State Buolding), sorprenderà più un lettore che non ha familiarità con il Lorca di New York. E, sebbene contenga alcune immagini difficili da decifrare, non lascia posto a grandi dubbi d'interpretazione. E' molto chiaro cosa vuole dire il poeta.
Non aggiungo una parola di più. Che giudichino i lettori che si avvicinano per la prima volta a questo grande documento umano o chi lo rilegge adesso. Ah, lo conosce il Papa che oggi atterra a Madrid e per cui i gay non sono esattamente persone gradite? Se no, mi permetto di raccomandarglielo, anche se suppongo che Público non figuri tra le sue letture abituali.

Grito hacia Roma
Manzanas levemente heridas por finos espadines de plata, / nubes rasgadas por una mano de coral / que lleva en el dorso una almendra de fuego, / Peces de arsénico como tiburones, / tiburones como gotas de llanto para cegar una multitud, / rosas que hieren / Y agujas instaladas en los caños de la sangre, / mundos enemigos y amores cubiertos de gusanos / caerán sobre ti. Caerán sobre la gran cúpula / que untan de aceite las lenguas militares / donde un hombre se orina en una deslumbrante paloma / y escupe carbón machacado / rodeado de miles de campanillas. / Porque ya no hay quien reparte el pan ni el vino, / ni quien cultive hierbas en la boca del muerto, / ni quien abra los linos del reposo, / ni quien llore por las heridas de los elegantes. / No hay más que un millón de herreros / forjando cadenas para los niños que han de venir. / No hay más que un millón de carpinteros / que hacen ataúdes sin cruz. / No hay más que un gentío de lamentos / que se abren las ropas en espera de la bala. / El hombre que desprecia la paloma debía hablar, / debía gritar desnudo entre las columnas, / y ponerse una inyección para adquirir la lepra / y llorar un llanto tan terrible / que disolviera sus anillos y sus teléfonos de diamante. / Pero el hombre vestido de blanco / ignora el misterio de la espiga, / ignora el gemido de la parturienta, / ignora que Cristo puede dar agua todavía, / ignora que la moneda quema el beso de prodigio / y da la sangre del cordero al pico idiota del faisán. / Los maestros enseñan a los niños / una luz maravillosa que viene del monte; / pero lo que llega es una reunión de cloacas / donde gritan las oscuras ninfas del cólera. / Los maestros señalan con devoción las enormes cúpulas sahumadas; / pero debajo de las estatuas no hay amor,
no hay amor bajo los ojos de cristal definitivo. / El amor está en las carnes desgarradas por la sed, / en la choza diminuta que lucha con la inundación; / el amor está en los fosos donde luchan las sierpes del hambre, / en el triste mar que mece los cadáveres de las gaviotas / y en el oscurísimo beso punzante debajo de las almohadas. / Pero el viejo de las manos traslucidas / dirá: amor, amor, amor, / aclamado por millones de moribundos; / dirá: amor, amor, amor, / entre el tisú estremecido de ternura; / dirá: paz, paz, paz, / entre el tirite de cuchillos y melones de dinamita; / dirá: amor, amor, amor, / hasta que se le pongan de plata los labios. / Mientras tanto, mientras tanto, ¡ay!, mientras tanto, / los negros que sacan las escupideras, / los muchachos que tiemblan bajo el terror pálido de los / directores, / las mujeres ahogadas en aceites minerales, / la muchedumbre de martillo, de violín o de nube, / ha de gritar aunque le estrellen los sesos en el muro, / ha de gritar frente a las cúpulas, / ha de gritar loca de fuego, / ha de gritar loca de nieve, / ha de gritar con la cabeza llena de excremento, / ha de gritar como todas las noches juntas, / ha de gritar con voz tan desgarrada / hasta que las ciudades tiemblen como niñas / y rompan las prisiones del aceite y la música, / porque queremos el pan nuestro de cada día, / flor de aliso y perenne ternura desgranada, / porque queremos que se cumpla la voluntad de la Tierra / que da sus frutos para todos

traduzione in italiano
Grido verso Roma
Mele leggermente ferite da sottili spade d'argento / nubi graffiate da una mano di corallo / che porta sul dorso una mandorla di fuoco / Pesci di arsenico come squali / squali come gocce di pianto per accecare una moltitudine / rose che feriscono / E aghi installati nelle valli del sangue / mondi nemici e amori coperti di vermi / cadranno su di te. Cadranno sulla grande cupola / che ungono di olio le lingue militari / dove un uomo orina in una splendente colomba / e sputa carbone sfinito / circondato da migliaia di campanelle / Perché non c'è più chi riparte il pane né il vino / né chi coltiva erbe nella bocca del morto / né chi apre i lini del riposo / né chi piange le ferite degli eleganti / Non c'è che un milione di fabbri / che forgiano catene per i bambini che verranno / Non c'è che un milione di falegnami / che fanno bare senza croce / Non c'è che una folla di lamenti / che si apre i vestiti in attesa della pallottola / L'uomo che disprezza la colomba doveva parlare / doveva gridare nudo tra le colonne / e farsi un'iniezione per prendere la lebbra / e piangere un pianto così terribile / da dissolvere i suoi anelli e i suoi telefoni di diamante / Ma l'uomo vestito di bianco / ignora il mistero della spiga / ignora il gemito della partoriente / ignora che Cristo possa ancora dare acqua / ignora che la moneta brucia il bacio del prodigio / e da il sangue dell'agnello al becco idiota del fagiano / I maestri mostrano ai bambini / una luce meravigliosa che viene dal monte / ma quello che arriva è una riunione di cloache / in cui gridano le oscure ninfe del colera / I maestri segnalano con devozione le enormi cupole incensate / ma sotto le statue non c'è amore, non c'è amore sotto gli occhi di cristallo definitivo / L'amore è nelle carni straziate dalla sete / nella capanna minuscola che lotta contro l'inondazione / l'amore è nei fossi in cui lottano i serpenti della fame / nel triste mare che mesce i cadaveri dei gabbiani / e nell'oscurissimo bacio pungente sotto i cuscini / Ma il vecchio dalle mani lucide / dirà: amore, amore, amore / acclamato da milioni di moribondi / dirà: amore, amore, amore / tra il broccato, scosso di tenerezza / dirà: pace, pace, pace / tra il tremito dei coltelli e meloni di dinamite / dirà: amore, amore, amore / finché gli diventano d'argento le labbra / Nel frattempo, nel frattempo, ahi!, nel frattempo / i negri che puliscono le sputacchiere / i ragazzi che tremano sotto il terrore pallido dei / direttori / le donne affogate negli oli minerali / la moltitudine di martelli, di violino o di nube / deve gridare, anche se gli sbattono le teste nel muro / deve gridare davanti alle cupole / deve gridare folle di fuoco / deve gridare folle di neve / deve gridare con la testa piena di escrementi / fino a quando le città tremeranno come bambine / e romperanno le prigioni dell'olio e della musica / perché vogliamo il nostro pane quotidiano / fiore di alisso e perenne tenerezza sgranata / perché vogliamo che si compia la volontà sulla Terra / che da i suoi frutti per tutti