Dopo la tregua garantita da un anno di Governo Monti, hanno già iniziato,
già da ieri sera, quando ancora non si capiva chi stava vincendo e chi no, con
l'incubo che il premio di maggioranza della Camera andasse a Silvio Berlusconi,
a chiederti come sia possibile. "Questo Paese è comico" mi dicevano
via chat dall'altra parte del mondo "ma come si fa a votare per Silvio
Berlusconi, di nuovo?! E' Terzo Mondo!" Chiedilo a chi l'ha votato, bonito
Torna la risposta che da una decina d'anni mi tocca dare in Spagna, tutte le
volte che mi chiedono.
E stamattina gli editoriali spagnoli non possono uscire
dall'asombro, dallo stupore, per il caos en Italia. Tutti a chiedersi chi ha vinto
e chi ha perso, chi è Beppe Grillo, perché gli italiani sono tornati a votare
in massa per l'uomo che ha distrutto l'economia del loro Paese negli ultimi 10
anni, perché hanno votato per un comico. Molte analisi.
Tra le tante, quella di S. McCoy, su elconfidencial.com, che guarda le elezioni
italiane in chiave europea e le inserisce nei movimenti di ribellione
all'austerità e ad Angela Merkel (si farà due conti 'sta signora, per
chiamarla in qualche modo, che pur di essere rieletta, in autunno, sta mandando
al macero solidarietà, Europa e progetti di unificazione?), iniziati con le
elezioni greche, continuati nelle manifestazioni (finora) pacifiche di Spagna e
Portogallo e approdati nelle clamorose elezioni italiane. E l'Italia non è un
Paese qualunque. Non solo è uno dei Paesi fondatori dell'Unione Europea, anche
se tende a dimenticarlo, ma è anche la terza economia dell'Eurozona. Il suo campanello d'allarme non è un gioco.
McCoy avverte che in realtà il campanello d'allarme avrebbe dovuto suonare già
in Grecia, perché "da quelle elezioni si erano potute trarre due
conclusioni chiare: la prima, che l'Europa, come progetto collettivo era morta
per mano dell'austerità in quei Paesi in cui la sua applicazione, non
inevitabile, è stata implacabile; la seconda, che i cittadini non credono nel
sistema di rappresentazione così come è concepito e scommettono su una rottura
radicale del modello. Sentimenti che si consolidano mano a mano che la
recessione economica si acutizza".
Dall'Italia il messaggio che arriva, dopo le elezioni di ieri, non è diverso:
"Siamo davanti a un voto antieuropeista e antisistema, come dimostrano
tanto il collasso di Mario Monti quanto l'auge di un Beppe Grillo, che è stato
l'opzione di questa quarta parte degli italiani che lo considerano belligerante
alternativa allo statu quo". Sono manifestazioni di un doppio sentimento
"nazionalista e di rottura", "anche la minore partecipazione e la
resurrezione di Berlusconi", che indicano sia il discredito della classe
politica sia che il panem et circenses "continua a mobilitare questa parte
della popolazione che non ha altri argomenti a cui afferrarsi".
McCoy prevede che le analisi si fermeranno sull'aritmetica elettorale e sulla
governabilità del Paese, "ma è molto più importante guardare la genesi
di quello che sta succedendo non solo in Italia, ma in tutta Europa: una vera e
propria rivolta cittadina, al momento pacifica, che se non gestita adeguatamente
dai suoi dirigenti, minaccia di far fallire dal basso il sogno comunitario, a
causa, soprattutto, dell'incapacità dei responsabili di articolare dall'alto al
basso un discorso integratore, costruttivo e di speranza, non solo negli Stati
membri colpiti dalla crisi, ma anche in quelli che si è soliti chiamare
locomotrici. Come segnala l'ineffabile Wolfgang Münchau, è quello che succede
al confondere tagli con riforme (Financial Times, Austerity
obstructs real economic reform, 24-02-2013)".
McCoy, come tutti gli analisti spagnoli, non ce la fa a guardare le cose del
mondo senza cercare un paragone con la Spagna. Così anche le elezioni italiane passano
per queste forche caudine. E qual è il messaggio che gli
italiani hanno lanciato a Mariano Rajoy? "La Grecia ha dato il via,
manifestando nelle urne, con le sue corrispondenti dosi di frammentazione
dell'arco parlamentare e di estremismo. L'Italia segue pericolosamente i suoi
passi e minaccia di destabilizzare il precario equilibrio finanziario ottenuto
dall'Eurozona senza che sia molto chiaro l'appoggio della BCE alle follie di
alcuni dei dirigenti scelti dal popolo. Al momento Portogallo e Irlanda
sopportano... in quel modo. Meglio per Mariano Rajoy che le sue preghiere siano
ascoltate, perché se le cose non si sistemano a tempo, e continua senza
affrontare in modo radicale la rigenerazione di cui il Paese ha bisogno, può
lasciare in eredità un Paese ingovernabile, in cui premia più il si salvi chi
può che la difesa di un'unità locale ed europea, percepita come marcia sin
dalla radice. In questo sfondo, un leader opportunista o un morto inopportuno
possono incendiare le strade. E allora, sicuro, sarà troppo tardi".