Morgana Vargas Llosa, la figlia fotografa del
Premio Nobel peruviano Mario Vargas Llosa, presenta in questi giorni al Museo de
Arte Contemporáneo di Lima Mírame Lima, una serie di ritratti di gruppi familiari, che dà volto alle
mille Lima custodite dalla capitale peruviana. Il progetto è stato realizzato in due anni di lavoro con la collaborazione del
fotografo peruviano Jaime Travezán, residente a Londra, e
dell'italiano David Tortora.
Quasi la metà dei limeños è emigrante o discende da emigranti: la città, infatti, non è solo naturale polo d'attrazione dei peruviani della sierra, della costa o delle Ande, che cercano un'occasione di miglioramento nella grande città, ma è anche il punto di approdo degli emigranti europei, asiatici e americani e dei loro discendenti; offre uno spettro etnico e culturale tra i più vivaci di Latinoamérica, ma con una peculiarità che Morgana spiega a El País. "Ho vissuto a Londra e a Madrid per qualche anno e quando sono tornata nel Perù ho pensato di cercare un progetto fotografico che davvero mi coinvolgesse, al di là del lavoro per la stampa quotidiana. Volevo qualcosa legato al mio rincontro con Lima e ai miei sentimenti contraddittori, in cui si mescolavano la nostalgia e aspetti della città che mi choccavano. Questo mi ha fatto pensare a come siamo noi limeños così mi sono resa conto che la maggioranza di noi vive come chiusa in piccole bolle, nel proprio intorno più vicino. Senza aver rapporti con persone di origine diversa, senza neanche sapere che esiste. Penso che in gran parte sia dovuto al fatto che non ci sono autentici spazi pubblici di incontro. E questo non solo per le differenze sociali, che , anche se sono molto forti, non sono l'unica ragione per vivere gli uni alle spalle degli altri., E' la stessa città che non favorisce l'interculturalità. Non c'è niente che favorisca questi incontri, né un'educazione che spinga a cercarli. La gente teme molto quello che non conosce".
Quasi la metà dei limeños è emigrante o discende da emigranti: la città, infatti, non è solo naturale polo d'attrazione dei peruviani della sierra, della costa o delle Ande, che cercano un'occasione di miglioramento nella grande città, ma è anche il punto di approdo degli emigranti europei, asiatici e americani e dei loro discendenti; offre uno spettro etnico e culturale tra i più vivaci di Latinoamérica, ma con una peculiarità che Morgana spiega a El País. "Ho vissuto a Londra e a Madrid per qualche anno e quando sono tornata nel Perù ho pensato di cercare un progetto fotografico che davvero mi coinvolgesse, al di là del lavoro per la stampa quotidiana. Volevo qualcosa legato al mio rincontro con Lima e ai miei sentimenti contraddittori, in cui si mescolavano la nostalgia e aspetti della città che mi choccavano. Questo mi ha fatto pensare a come siamo noi limeños così mi sono resa conto che la maggioranza di noi vive come chiusa in piccole bolle, nel proprio intorno più vicino. Senza aver rapporti con persone di origine diversa, senza neanche sapere che esiste. Penso che in gran parte sia dovuto al fatto che non ci sono autentici spazi pubblici di incontro. E questo non solo per le differenze sociali, che , anche se sono molto forti, non sono l'unica ragione per vivere gli uni alle spalle degli altri., E' la stessa città che non favorisce l'interculturalità. Non c'è niente che favorisca questi incontri, né un'educazione che spinga a cercarli. La gente teme molto quello che non conosce".
L'estetica colorata, quasi etnica, delle fotografie, è stata curata da Travezán per il quale non è stato facile conquistare la fiducia dei
fotografati: "Siamo andati a intervistarli nei giorni precedenti alla sessione fotografica, per ottenere la maggior informazione possibile su di
loro, affinché si fidassero e si sentissero a proprio agio, identificati con
l'intorno, con il modo in cui li mettevamo in posa, loro e i loro
oggetti".
Il risultato di questo lavoro è un'inedita galleria di ritratti in cui si trova
di tutto, dalla cantante folkloristica al lustrascarpe, dal pescatore all'autista
dei propri autobus. Un piccolo universo di persone, che cercano di sopravvivere
inventandosi mille mestieri, creando piccole imprese familiari, inseguendo le
proprie passioni, dando un futuro ai propri figli, come la donna andina arrivata
in città, impiegata come cuoca in varie famiglie e con due figlie adolescenti
che grazie a lei potranno andare all'università.
"Ho conosciuto la mia città e la sua gente. Non immaginavo quanto sia gigantesca
e complessa" dice Travezan.
elpais.com pubblica alcune immagini dalla mostra, una piccola e deliziosa galleria fotografica di questi limeños, tessere del mosaico di una capitale che cresce a ritmi asiatici e che non sempre è materna
con chi cerca in lei occasioni di futuro. Qui alcune foto