lunedì 12 febbraio 2007

Il Patio dei Leoni dell'Alhambra senza i suoi leoni: inizia il loro restauro

Il Patio dei Leoni dell'Alhambra è rimasto senza Leoni; alcuni giorni fa sono iniziati i lavori per spostarli dalla fontana che adornano ai laboratori di restauro ospitati nello stesso complesso del più celebre monumento spagnolo. Saranno lavori piuttosto lunghi, che seguono il restauro del primo leone, avvenuto un paio di anni fa; si approfitterà dell'assenza delle sculture per rinnovare l'impianto dell'acqua nel Patio e per restaurare la stessa fontana.
Ho visitato l'Alhambra qualche anno fa e mi piacerebbe sempre ritornarci. Il Patio de los Leones era ovviamente uno dei luoghi che più di ogni altro volevo vedere e non mi ha deluso. Ammetto un debole per l'architettura araba in Andalusia: Siviglia, Córdoba e Granada meritano una visita almeno una volta nella vita solo per vedere come fu e non potè continuare ad essere. Le decorazioni, che non prevedono la rappresentazione della figura umana, sono incredibilmente eleganti ed armoniose, anche se non lasciano respiro allo sguardo; e mi ha sempre affascinato l'abilità degli architetti arabi nella gestione della luce e delle acque, per dare sempre un senso di ristoro nelle calde latitudini mediterranee. E su tutto, sempre, l'influenza di Roma e della sua idea di architettura.
Davvero, l'Andalusia merita una visita e ci ripenso: non solo nelle tre capitali più famose, ma anche lungo la costa, in cittadine meno note come Jerez de la Frontera, Sanlúcar de Barrameda, El Puerto de Santa Maria, dove antichi castelli arabi parlano delle profonde tracce lasciate dai Mori nei loro otto secoli di presenza in Al-Andalus.
Prima di visitare l'Alhambra avevo letto I racconti dell'Alhambra di Irving Washington per cui ero immersa nelle atmosfere un po' sinistre dei lugubri racconti di sultani sleali, che riunivano i nemici per pasti pacificatori e li facevano poi massacrare senza pietà, tanto da sporcare le pareti col loro sangue. Intorno al Patio dei Leoni c'erano gli appartamenti privati del sovrano e a me aveva colpito soprattutto una grande sala, con le piastrelle sivigliane e una grande cupola decorata: la particolarità era una vasca d'acqua piazzata proprio sotto la cupola, serviva per riflettere le decorazioni! nell'Alhambra è tutto studiato nei minimi dettagli. Ricordo un'altra stanza, questa per il ricevimento degli ospiti e degli ambasciatori, il cui ruolo era molto più precario di quanto faccia credere il "non portan pena". Ricordo che aveva grandi finestre, che filtravano la luce proveniente dall'esterno grazie a incredibili pizzi di legno intarsiato; si poteva ammirare, non visti, il panorama mozzafiato dell'Albaicin. Del Patio mi piace soprattutto il porticato, con le sue colonnine esili ed eleganti e i suoi archi: ho letto da qualche parte che fu concepito secondo l'idea araba del Paradiso ed effettivamente dà una grande sensazione di pace e di armonia. Non so come sarà per i visitatori che lo vedranno adesso, con la fontana centrale priva dei suoi dodici leoni (sembra che siano un regalo di un visir ebreo al sultano e rappresentano le dodici tribù di Israele: Al Andalus era un'altra cosa, no?).
Si sentiranno forse un po' come mi sono sentita io quando sono andata a Roma, a novembre. Mi sono fatta tutta via Condotti con entusiasmo solo per vedere la prospettiva più bella del mondo, quella di Trinità dei Monti che chiude Piazza di Spagna, e ho scoperto che il grande obelisco davanti alla chiesa era in restauro, coperto dalle impalcature. Che tristezza!!
Se in questi due anni senza Leoni volete comunque andare all'Alhambra, non rinunciateci. E' uno dei complessi più belli che la Spagna e la cultura europea possano offrire: ricordo una passeggiata nei magnifici  giardini, con una decina di giardinieri al lavoro, i numerosi patios con vasche e giochi d'acqua che allungavano le prospettive, le grandi stanze di rappresentanza magnificamente decorate. E ricordo la grande pace che dava il legame armonioso creato tra architettura e natura; mi permise persino di tollerare l'intrusione del Palazzo di Carlo V: un'opera rinascimentale in piena cultura nazarì. Un grandissimo sfregio, che è una costante della Reconquista: Carlo V è lo stesso che a Córdoba, dopo aver visto la Cattedrale inserita nella Mezquita, disse ai suoi architetti: "Avete distrutto qualcosa di unico per fare qualcosa che si vede ovunque". Più o meno la stessa cosa a Granada.
Sull'Alhambra voglio aggiungere solo una cosa, che per me è una delle pagine di storia più tristi e patetiche d'Europa. Dopo la Reconquista Boabdil, l'ultimo sultano, fu costretto a lasciare Granada e a rifugiarsi in Marocco; poco prima che la sua città sparisse per sempre dal suo sguardo si voltò in lacrime a guardarla. La leggenda vuole che sua madre, l'intrigante principessa Fátima, gli abbia detto: "Non piangere come una donna ciò che non hai saputo difendere come un uomo". Tremenda.