domenica 30 maggio 2010

Nel film Reinas, la Spagna tollerante e aperta che non dobbiamo perdere

Inseguendo Hugo Silva (ancora lui!), mi sono imbattuta in un film delizioso, uscito qualche anno fa anche in Italia. Si intitola Reinas in spagnolo e Reinas - Il matrimonio che mancava, in italiano.
E' un film che risente di atmosfere, colori e toni almodovariani, non solo perché nel cast ci sono Carmen Maura e Marisa Paredes, due delle sue attrici predilette, ma anche per il richiamo agli omosessuali e alle reti di amicizie e solidarietà che le affinità e l'umanità stabiliscono.
Siamo nella Spagna ancora ottimista e sorridente del primo Zapatero; il Governo ha appena approvato il matrimonio per gli omosessuali e una di queste organizzazioni per i diritti omosessuali decide di celebrare lo storico riconoscimento con le nozze di una ventina di coppie. Noi seguiamo le vicende di cinque di questi futuri sposi e delle loro famiglie. Soprattutto delle loro mamme, splendidamente interpretate da Veronica Forqué, ninfomane 50enne che riesce a sedurre pure il fidanzato del figlio, Carmen Maura, che è l'autoritaria proprietaria dell'hotel incaricato del catering delle nozze di massa, Marisa Paredes, che dietro il progressismo di attrice di tendenza cela il rifiuto per il futuro genero, figlio del suo giardiniere, Mercedes Sampietro, giudice pure lei progressista che per evitare di dover celebrare lei le nozze del figlio si mette in ferie, Betiana Blume, la migliore di tutte, che arriva dall'Argentina con armi, bagagli e cane per seguire il matrimonio del figlio e stabilirsi in Spagna.
Anche se i toni sono leggeri e la commedia fila via veloce strappando molti sorrisi, è evidente la denuncia dell'omofobia diffusa, persino tra chi si dichiara progressista (purché sia gay il figlio del vicino) e quanto, nonostante l'apertura della società, rimanga il pregiudizio di fondo. Soprattutto Marisa Paredes e il suo giardiniere comunista, interpretato da Lluis Homar (molto meglio qui che in Los abrazos rotos) fanno fatica ad ammettere anche a se stessi che l'omosessualità dei figli li turba; per i personaggi di Marisa e Lluis c'è pure il pregiudizio sociale: lei teme che Jonás-Hugo Silva usi il figlio per un'implicita ascesa sociale, lui teme che lei tema proprio questo e ricorda, in un rovesciamento delle parti non insolito nelle seconde generazioni, che suo figlio ha studiato ed è un ottimo medico, mentre Oscar-Daniel Hendler, il fidanzato, è un mantenuto figlio di mamma, che perde il tempo a fare il pittore. Meno male che Jonás e Oscar non si curano delle ripicche dei genitori e questi ultimi risolvono da soli la lotta di classe e le tensioni sessuali.
Carmen Maura, che dice una delle frasi più importanti del film, a descrivere uno stile di vita che ha mandato in rovina l'Occidente, "il denaro non basta mai, ne vuoi sempre di più", si barcamena tra il capriccioso figlio Miguel-Unax Ugalde, un marito che vede solo in teleconferenza e l'amante cubano César-Jorge Perugorria, che le organizza contro uno sciopero delle cucine per avere un aumento dello stipendio, proprio alla vigilia della mediatica cerimonia di nozze. Ad aiutarla a prendere in mano la situazione ci pensa la futura consuocera, arrivata dall'Argentina con un cane protagonista delle scene più comiche del film e decisa a stabilirsi in Spagna e ad essere l'invadente suocera (sangue italiano nelle vene?) che nessuno vorrebbe vedersi in giro per casa. I contrasti tra Miguel, sempre più isterico, e la suocera argentina, l'impegno di lei a farsi amare e accettare, le mille avventure a cui li costringe il cane fino all'inevitabile happy end, sono tra le cose migliori del film, soprattutto grazie a Betiana Blume e al suo sorriso luminoso. La complicità con cui Carmen Maura e Betiana Blume si tolgono le castagne dal fuoco ci dimostra che sì, diamo protagonismo anche ai gay e che si riconoscano i diritti di tutte le comunità ancora costrette a nascondersi, ma a risolvere i problemi ci deve pensare sempre una donna, meglio se cuore di mamma.
E' un film delizioso, niente affatto pretenzioso, nelle sue ironie e nelle ipocrisie denunciate con leggerezza, che parla di una Spagna aperta e sorridente, ironica e irriverente, che, nonostante la crisi economica e il desencanto di questi mesi, si spera davvero di non perdere.