lunedì 16 agosto 2010

Messico: via libera alle adozioni gay nel DF

Se una coppia omosessuale può sposarsi, può anche adottare: se così non fosse, sarebbe discriminata. Con questa semplice considerazione la Suprema Corte de Justicia de la Nación ha dichiarato infondata l'impugnazione della riforma del Codice Civile di Città del Messico da parte del Procuratore Generale della Repubblica Arturo Chávez Chávez. La capitale messicana è stata la prima città latinoamericana a introdurre il riconoscimento del matrimonio per le coppie omosessuali nella propria legislazione. Questa sua scelta è stata duramente criticata sia dalle Chiese Cristiane presenti in Messico, che temono il contagio negli altri Stati del Paese, sia dai settori conservatori della machista società messicana.
Nel suo ricorso il Procuratore Chávez Chávez considera che la riforma del Codice Civile per permettere il matrimonio degli omosessuali lede quanto stabilito dalla Costituzione, cioè la protezione del modello di famiglia formato da un uomo e di una donna e, allo stesso tempo, lede i diritti dei bambini, permettendo la loro adozione da parte di famiglie formate da persone dello stesso sesso. In più l'introduzione del matrimonio omosessuale nel solo Distrito Federal rompe lo schema federale del Paese e crea una incertezza giuridica nell'intera Repubblica, al permettere ciò che non è riconosciuto negli altri Stati.
La Suprema Corte de Justicia ha ribattuto punto per punto, dopo due settimane di dibattito e attenendosi, hanno voluto precisare i magistrati, a criteri strettamente giuridici. Con 9 voti a favore e 2 contrari ha stabilito che la Costituzione difende la famiglia, ma non stabilisce il modello su cui deve fondarsi: protegge, cioè, le famiglie formate da coppie eterosessuali, da genitori divorziati, da ragazze-madri, da nonni che hanno la tutela dei nipotini e, dunque, anche quelle formate da coppie dello stesso sesso. Ha quindi stabilito che i matrimoni celebrati nel Distrito Federal hanno riconoscimento giuridico in tutta la Repubblica Messicana e, infine, ha dato il via libera alle adozioni delle coppie omosessuali, ricordando l'incongruenza che ci sarebbe al permettere il loro matrimonio, ma non le adozioni. "Non si è potuto dimostrare, come dice ad esempio l'Assemblea degli Stati membri del Consiglio d'Europa, che il fatto di essere educati da genitori omosessuali pregiudichi i bambini né che i genitori omosessuali siano peggiori genitori di quelli eterosessuali né che questi bambini siano esposti, a loro volta, ad essere omosessuali" ha spiegato il magistrato Arturo Zaldívar.
Contro la sentenza hanno votato solo due magistrati, il presidente della Corte Guillermo Ortiz Mayagoitia e Salvador Aguirre Anguiano. Secondo il primo, il matrimonio è un'istituzione anteriore all'esistenza della Costituzione messicana, il cui scopo è l'unione di un uomo e di una donna con la volontà di procreare. Un concetto, quello del matrimonio a fine procreativo, che secondo Ortiz Mayagoitia sarebbe spezzato dall'adozione ammessa per le coppie omosessuali.
Zaldivar ha chiarito che il riconoscimento del diritto di adozione dei matrimoni omosessuali non implica che sia un passaggio automatico per ogni coppia omosessuale che presenti richiesta: "Non si sta dando un assegno in bianco perché tutte le coppie possano adottare: non ce l'hanno neanche le coppie eterosessuali" ha fatto presente. Il fine ultimo, la vera preoccupazione, deve essere il benessere dei bambini e, secondo Zaldivar, l'obiettivo è dare una famiglia ai minori. Il magistrato ha anche ricordato che oggi gli omosessuali single possono adottare perché nessuno chiede loro l'orientamento sessuale: dunque, se si controllasse quello delle coppie ci sarebbe un'evidente discriminazione.
Per la Procura Generale della Repubblica è la seconda sconfitta contro il governo di Città del Messico, guidato dal progressista Partito della Rivoluzione Democratica (PRD). Prima dell'impugnazione del matrimonio e adozione per le coppie omosessuali, aveva presentato ricorso contro la legge che permette l'aborto entro le prime 12 settimane di gravidanza. E anche in questo caso la Suprema Corte de Justicia de la Nación aveva dato ragione a Città del Messico, confermando la depenalizzazione dell'aborto. A piccoli passi Latinoamérica avanza e si lascia indietro chi si rifiuta di guardare ai diritti delle proprie minoranze.