Tutti gli anni decine di migliaia di donne, uomini, bambine e bambini viaggiano attraverso il Messico senza permesso legale. Come emigranti "invisibili" si dirigono alla frontiera con gli Stati Uniti, con la speranza di una nuova vita lontana dalla povertà lasciata alle spalle. Il loro viaggio è uno dei più pericolosi del mondo.
Così l'introduzione del canale di youtube che da oggi pubblica Los invisibles, quattro documentari girati dall'attore messicano Gael Garcia Bernal e dal cineasta Marc Silver per Amnesty International. "Li chiamiamo invisibili, perché non li vediamo, ma in realtà sono ovunque, in fuga verso gli Stati Uniti" dice Gael Garcia Bernal. E in questa loro fuga centroamericani e sudamericani considerano il Messico come un'unica lunghissima frontiera, prima di arrivare al Paese che cambierà la loro vita e quella dei loro figli. Il loro viaggio messicano può concludersi con il sequestro e con la morte, come testimonia la recente strage di 72 immigranti illegali, che non avevano il denaro per pagare il riscatto.
Secondo Amnesty International solo nei primi sei mesi dell'anno scorso sono stati sequestrati nel Messico 10mila immigrati. Moltissimi di loro accettano il rischio di attraversare il Paese, pur sapendo di dover mettere nel conto il sequestro, le torture, la violenza sessuale, la morte. "Se sono disposti a passare per un viaggio pericoloso come questo, un inferno e un mostro, da cosa stanno fuggendo?" si chiede Gael Garcia Bernal su El Pais. E la domanda fa pensare a quale inferno devono essere la povertà e la disperazione (che arrivano anche sulle nostre coste, perché pensiamo anche a quanto sia pericoloso attraversare il Mar Mediterraneo dalla Libia fino a Lampedusa: se tante persone sono disposte a correre questo rischio, da quale inferno stanno fuggendo?).
Sei donne su dieci sono vittime della violenza sessuale. Gael Garcia Bernal sostiene che nei quattro documentari, girati tra gli Stati messicani di Oaxaca e Chiapas e vari Stati centroamericani come El Salvador e Honduras, si può vedere il meglio e il peggio dell'umanità. Gli immigrati, magari ancora vivi, infilati nelle botti di benzina per cancellare ogni traccia del loro passaggio su questa terra ("Ti chiedi come ci possa essere tanta cattiveria, gli hanno rubato già tutto, gli hanno tolto tutto, che bisogno c'è? perché? Non c'è modo di capirlo"). Le associazioni e i preti che assistono gli immigrati clandestini in questa lunga frontiera verso il Nord e non temono le mafie e le minacce ("Gli immigrati non sono un pericolo, sono un'opportunità, vengono con valori belli. Tutti abbiamo diritto a stare meglio" dice il padre Alejandro Solalinde, che gestisce un rifugio a Ciudad Ixpetec, nello Stato di Oaxaca).
Con questi quattro documentari, in spagnolo e in inglese, tutti compresi tra i 6 e 8 minuti, Gael Garcia Bernal, Marc Silver e Amnesty International intendono denunciare la crudeltà e la viltà contro i clandestini e la sostanziale indifferenza delle autorità e dell'opinione pubblica al loro dramma. "L'immigrazione non è qualcosa di così astratto come i sogni. Tutti sogniamo e tutti emigriamo" sostiene l'attore messicano. E tra tutti i pericoli che corrono hanno una certezza che spiega la determinazione ad affrontare qualunque cosa: "Viaggio verso gli Stati Uniti perché i miei figli abbiano tutto, perché è quello che più desidero nella vita" dice all'attore una cittadina honduregna in fuga dalla povertà del suo Paese "Questa è la ragione per cui viaggio e so che arriverò". In quel suo "so che arriverò" c'è tutta la speranza e tutto il dramma dell'America Latina, che costringe ancora i propri figli a guardare al grande vicino del nord per avere una vita migliore e ad imbarcarsi in uno dei viaggi più pericolosi del mondo, attraverso la frontiera più gigantesca del mondo, un intero Paese, il Messico.
I quattro documentari, Seaworld, Six out of ten, What remains, Goal!, si possono vedere da oggi su
www.youtube.com/invisiblesfilms e www.amnesty.org.
Così l'introduzione del canale di youtube che da oggi pubblica Los invisibles, quattro documentari girati dall'attore messicano Gael Garcia Bernal e dal cineasta Marc Silver per Amnesty International. "Li chiamiamo invisibili, perché non li vediamo, ma in realtà sono ovunque, in fuga verso gli Stati Uniti" dice Gael Garcia Bernal. E in questa loro fuga centroamericani e sudamericani considerano il Messico come un'unica lunghissima frontiera, prima di arrivare al Paese che cambierà la loro vita e quella dei loro figli. Il loro viaggio messicano può concludersi con il sequestro e con la morte, come testimonia la recente strage di 72 immigranti illegali, che non avevano il denaro per pagare il riscatto.
Secondo Amnesty International solo nei primi sei mesi dell'anno scorso sono stati sequestrati nel Messico 10mila immigrati. Moltissimi di loro accettano il rischio di attraversare il Paese, pur sapendo di dover mettere nel conto il sequestro, le torture, la violenza sessuale, la morte. "Se sono disposti a passare per un viaggio pericoloso come questo, un inferno e un mostro, da cosa stanno fuggendo?" si chiede Gael Garcia Bernal su El Pais. E la domanda fa pensare a quale inferno devono essere la povertà e la disperazione (che arrivano anche sulle nostre coste, perché pensiamo anche a quanto sia pericoloso attraversare il Mar Mediterraneo dalla Libia fino a Lampedusa: se tante persone sono disposte a correre questo rischio, da quale inferno stanno fuggendo?).
Sei donne su dieci sono vittime della violenza sessuale. Gael Garcia Bernal sostiene che nei quattro documentari, girati tra gli Stati messicani di Oaxaca e Chiapas e vari Stati centroamericani come El Salvador e Honduras, si può vedere il meglio e il peggio dell'umanità. Gli immigrati, magari ancora vivi, infilati nelle botti di benzina per cancellare ogni traccia del loro passaggio su questa terra ("Ti chiedi come ci possa essere tanta cattiveria, gli hanno rubato già tutto, gli hanno tolto tutto, che bisogno c'è? perché? Non c'è modo di capirlo"). Le associazioni e i preti che assistono gli immigrati clandestini in questa lunga frontiera verso il Nord e non temono le mafie e le minacce ("Gli immigrati non sono un pericolo, sono un'opportunità, vengono con valori belli. Tutti abbiamo diritto a stare meglio" dice il padre Alejandro Solalinde, che gestisce un rifugio a Ciudad Ixpetec, nello Stato di Oaxaca).
Con questi quattro documentari, in spagnolo e in inglese, tutti compresi tra i 6 e 8 minuti, Gael Garcia Bernal, Marc Silver e Amnesty International intendono denunciare la crudeltà e la viltà contro i clandestini e la sostanziale indifferenza delle autorità e dell'opinione pubblica al loro dramma. "L'immigrazione non è qualcosa di così astratto come i sogni. Tutti sogniamo e tutti emigriamo" sostiene l'attore messicano. E tra tutti i pericoli che corrono hanno una certezza che spiega la determinazione ad affrontare qualunque cosa: "Viaggio verso gli Stati Uniti perché i miei figli abbiano tutto, perché è quello che più desidero nella vita" dice all'attore una cittadina honduregna in fuga dalla povertà del suo Paese "Questa è la ragione per cui viaggio e so che arriverò". In quel suo "so che arriverò" c'è tutta la speranza e tutto il dramma dell'America Latina, che costringe ancora i propri figli a guardare al grande vicino del nord per avere una vita migliore e ad imbarcarsi in uno dei viaggi più pericolosi del mondo, attraverso la frontiera più gigantesca del mondo, un intero Paese, il Messico.
I quattro documentari, Seaworld, Six out of ten, What remains, Goal!, si possono vedere da oggi su
www.youtube.com/invisiblesfilms e www.amnesty.org.