martedì 9 novembre 2010

Gli spagnoli in lotta per difendere la i greca nella riforma dell'alfabeto

Che le proposte di modifiche ortografiche dello spagnolo, in attesa dell'approvazione delle 22 Accademie della Lingua, non sarebbero piaciute, era chiaro sin dalla prima lettura. E infatti non appena sono state rese note, sono partite le proteste, dell'uno e dell'altro lato atlantico. Non c'è spagnolo che sia disponibile a chiamare la y ye invece di i griega, sono sul piede di battaglia quelli che non vogliono rinunciare al solo accentato per distinguere il suo uso avverbiale dall'aggettivo e non parliamo di guión e truhán, o, addirittura, della o senza accento tra le cifre. Pochi, almeno nelle conversazioni davanti a una cerveza, lamentano la scomparsa di quorum, diventato cuorum (un pugno in un occhio, ammettiamolo), o la nuova grafia di Iraq, diventato Irak e di Qatar, adesso Catar (che bisogna far mente locale per capire che si parla dello Stato arabo).
Insomma, se si parla del nuovo manuale dell'Ortografia, la Spagna oppone resistenza. Soprattutto nei forum, dove invita i latinoamericani, principale causa del riordino dell'alfabeto, a prendere atto che la i griega si chiama così de toda la vida e che la v non è mai stata be baja (o corta), ma sempre uve; insomma, che i fratelli latinoamericani siano meno incolti e lascino in pace lo spagnolo de toda la vida. Addirittura, sempre nei forum dei quotidiani spagnoli, c'è chi propone la separazione dello spagnolo della Madrepatria da quello dell'America Latina. Ed è un po' questa proposta che ha spinto El Pais a ritornare sull'argomento.
Ha senso la difesa dell'unità dello spagnolo, essendo l'evoluzione della lingua diversa, nei vari Paesi in cui si parla? Una delle grandi fortune di questa lingua, la seconda più parlata del mondo, è che circa l'80% del suo vocabolario è ancora comune in tutti i Paesi, di qui l'impegno delle 22 Academias a raccogliere sì le nuove tendenze e a non frustrarne l'evoluzione, ma anche a stabilire i codici per mantenere una certa unità, che la renda comprensibile a tutti i Paesi. E, paradossalmente, il peso della Spagna nella difesa della propria lingua, è ogni volta minore: sono il Messico e gli Stati Uniti i Paesi in cui lo spagnolo è più parlato ed è dunque il peso specifico soprattutto messicano a marcare molte tendenze.
L'esempio è proprio la y, che i messicani chiamano ye, termine ignorato in Spagna, dove la lettera è, come per quasi tutti i Paesi di origine latina che la usano, la i greca. El Pais riporta le parole di Humberto López Morales, membro dell'Academia Puertorriqueña, secondo il quale si è molto discusso il nuovo nome della lettera, "e si è arrivati a un accordo, si accettava la uve per la v, maggioritaria in Spagna, in cambio dell'accettazione della ye di alcune zone americane". "López Morales" scrive El Pais "ricorda che la difesa più ardente della ye è arrivata dall'Academia Mexicana, il cui peso demografico è indubitabile: è il primo Paese del mondo per numero di persone che parlano lo spagnolo, 104 milioni su un totale di circa 450 milioni, più del doppio del secondo, gli Stati Uniti, con 45 milioni". Si può cambiare l'ortografia per alzata di mano? si chiede il quotidiano e López Morales risponde: "Non so se è il metodo più adeguato però le cose sono andate così ed è vero, non era necessario mandare in pensione la i greca e la be baja, ma sì è conveniente. E' molto meglio che i parlanti del mondo ispanico usino una parola specifica per qualcosa. Si cerca di trovare un'ortografia uniforme per tutta la lingua". E l'accademico sdrammatizza quello che in Spagna è un piccolo dramma: "I cambi di nome sono solo proposte, non avessero successo, nella prossima edizione si tornerà indietro. La cosa peggiore è non fare niente, mentre è un dovere delle Academias presentare proposte che non diano uniformità alla lingua, ma sì cerchino l'unità che ci permette di capirci".
La difesa della i greca contro la ye è una battaglia che da europei, figli di un'altra lingua latina e con una formazione greco-romana si può capire e condividere. El Pais ha chiesto lumi a Juan Antonio González Iglesias, professore di latino all'Università di Salamanca. Lui ricorda che Marguerite Crayencour anagrammò il suo cognome per ottenere Yourcenar, "solo per il gusto della i greca". "Il fatto che ci fosse una i greca indicava che c'era una i latina. Dava l'idea che l'origine del nostro alfabeto, che è fenicia, si era consolidato culturalmente in Grecia e a Roma" spiega e sottolinea una delle cose più importanti: "Ci separiamo dal resto delle lingue occidentali, in cui questa lettera ha ancora questo nome. Lo aveva già in latino. E' un degrado culturale". "González Iglesias, che racconta che persino i biglietti dell'euro portano in greco il nome della moneta in omaggio alla cultura da cui è nato questo nome e non al peso della Grecia attuale nell'UE" scrive El Pais "ricorda anche che per i pitagorici i bracci della i greca rappresentavano il cammino facile e il difficile. "Mi sembra che la Reale Accademia Spagnola ha scelto il facile". Stando così le cose, dice con umorismo il professore, sarebbe stato meglio che gli spagnoli dicessero be baja e mantenessero la i greca".
Da buon latinista pure lui sobbalza al passaggio da quorum a cuorum, che però, bisogna ricordarlo, non è obbligatorio: chi vuole continuare a usare quorum può farlo, ma dovrà scriverlo in corsivo, a sottolineare la sua origine straniera (ed è abbastanza curioso che una lingua neolatina consideri uno stranierismo una parola che appartiene alla sua stessa storia). "Quorum è una parola colta, un tecnicismo giuridico e politico che se non si scrive bene non so che persona incolta possa usare. Il volgo non ha bisogno di quorum perché non si riunisce con conseguenze giuridiche".
Il più ribelle di tutti i contattati da El Pais, comunque, sembra essere lo scrittore Javier Marías, membro dell'Accademia Spagnola della Lingua. "Continuerò a scrivere come mi pare" dice a mo' di manifesto "L'Academia non impone niente, anche se la sua autorità è grande e la gente fa caso a quello che detta". Lui, intanto, continuerà a scrivere truhán, perché "non si pronuncia come Juan" e ovviamente guión, "che non si pronuncia come la seconda sillaba di avión". Sarebbe favorevole all'idea che si permettano le due opzioni, con o senza accento.
Insomma, viste le reazioni, per gli accenti e la i greca spagnola non è ancora detta l'ultima parola.