venerdì 22 luglio 2011

All'ombra dei giardini di Siviglia: ecco dove resistere al caldo e godersi il fresco

Qualche giorno fa El Correo de Andalucia lamentava la pericolosa abitudine degli adolescenti sivigliani, di salire sul Puente de San Telmo, scavalcare il paarapetto e lanciarsi nelle acque del Guadalquivir, mentre i passanti li osservano perplessi e/o ammirati. E' una delle scene più classiche di Siviglia da giugno in poi. Il bochorno, il calore, diventa intollerabile e i ragazzini non trovano sistema migliore che buttarsi nel fiume; si assiste a scene in cui si fanno coraggio tra di loro, tra le grida di animo e burla di chi si è già lanciato e verrebbe da dire di lasciar perdere, che il gioco non vale la candela e che non si dimostra di essere adulti dicendo sì a qualunque sfida degli incoscienti (anzi, a volte si è adulti proprio perché si dice di no). Di tanto in tanto qualcuno si fa male, perché il livello delle acque non è alto, perché il fiume non è un modello di igiene e perché c'è sempre qualche pietra fatale.
Il Guadalquivir è ila meta prediletta dei sivigliani, non appena arriva la bella stagione. Anzi, non appena si ha sentore della primavera, dalla fine di gennaio. Al primo sole raggiungono i chiringuitos che si trovano tra il Puente de Triana e il Puente de San Telmo e prendono il sole con una cerveza in mano e guardando la calle Betis; fanno lo stesso gli studenti stranieri, che occupano tutti gli spazi erbosi, che, poco oltre il Puente de Triana, accompagnano verso la Siviglia moderna. Poi, quando il caldo si fa insopportabile, nessuno rinuncia al Guadalquivir, anzi, i giovanissimi vi si buttano dentro in cerca di refrigerio.
Però, il vero refrigerio non lo dà il Guadalquivir. Ovviamente il consiglio è di non visitare Siviglia d'estate. Tempo fa qualcuno mi ha raccontato di un suo agosto a Siviglia, speso a cercare tutti i locali con l'aria condizionata in cui rinchiudersi fino alle 6 del pomeriggio. Ci sono maggio e giugno sivigliani in cui alle 19 la temperatura supera ancora abbondantemente i 33°C, immaginatevi cosa dev'essere agosto. Se però estate sivigliana dev'essere, allora lasciate stare il Guadalquivir.
Quasi sulla riva del fiume, andando verso sud, si stende il Parque de Maria Luisa, uno dei polmoni verdi della città. E' un parco un tempo appartenente al Palacio de San Telmo, poi donato alla città e quindi ristrutturato e aperto al pubblico in occasione della Expo 1929; al suo interno ci sono due dei più bei padiglioni della Expo, che ospitano due Musei importanti, quello Archeologico e quello delle Arti e Costumi Popolare; su un suo lato, opposto a quello del Guadalquivir, c'è il monumento più famoso della Expo del '29 e uno dei simboli più riconoscibili di Siviglia, la plaza de España. Quando si entra nel Parque de Maria Luisa, non bisogna avere idee, bisogna lasciarsi portare dal momento e seguire i sentieri, che portano a sorprendenti piccole glorietas, panchine in ferro battuto, piccoli padiglioni con gli archi a ferro di cavallo che si prolungano sui laghetti artificiali, sulle cui acque scivolano cigni e ninfee, ponticelli in legno quasi nascosti dalla vegetazione folta. Si passeggia, si sentono lontani i cavalli al trotto delle carrozze per i turisti, si vedono spuntare di tanto in tanto le guglie della plaza de España e si vedono filare via i ragazzini e i turisti in bicicletta, mentre le coppie di innamorati spariscono verso qualche glorieta, i pensionati si fanno quattro chiacchiere con i giardinieri e gli uomini delle pulizie. E su tutto, l'ombra della rigogliosa vegetazione, il verso ossessivo delle tortore, il ronzio degli insetti di passaggio (rassegnatevi, a Siviglia gli insetti ci sono e negarli è inutile). Mi piacerebbe avere una buona cultura botanica per riconoscere piante, alberi e fiori, ma sfortunatamente non la posseggo, così mi faccio affascinare dai colori vivaci di fiori e siepi e riconosco solo palme di ogni dimensione, acacie e rose. Ogni volta che vado nel Parque de Maria Luisa penso sia solo giusto il tempo di rinfrescarsi all'ombra dei suoi alberi e invece mi perdo per intere mattinate (se potete, domenica mattina!) a fare fotografie di alberi, fiori, persone, prospettive. Non so quante centinaia di foto ho già fatto.
Mi piace fotografare anche il Jardin del Alcázar, che sorge tra le mura della città araba e l'Alcázar, l'antico Palazzo Reale musulmano, utilizzato ancora oggi dalla Famiglia Reale quando è in visita a Siviglia. L'Alcázar è come la Giralda, non si può andare a Siviglia senza visitarlo. E non lo si può visitare dedicando poi solo pochi minuti ai suoi magnifici giardini. Tempo fa conoscevo alcuni studenti americani che andavano a studiare tutti i pomeriggi all'ombra dei loro alberi. Non sono una frequentatrice assidua dell'Alcázar, ma mi fa lo stesso effetto della Giralda e della Cattedrale. Di tanto in tanto torno a fare la coda, mi munisco delle audioguide e ripercorro le magnifiche Sale e i meravigliosi patios mudéjar per ricordarmi che sono in piena Al Andalus, la terra delle Tre Culture. Ogni tanto bisogna riprendersi la propria città, comportarsi come turisti, per riscoprirla. Un po' come ritornare al Museo Egizio e sulla Mole per ricordarsi che Torino non è solo la città in cui si è nati, ma è proprio bella ed è una suerte averla nella propria vita.
L'ultima volta che sono stata all'Alcázar è stato pochi mesi fa, nell'avanzata primavera sivigliana. E ricordo soprattutto il cielo azzurro dell'Andalusia visto tra gli alberi dei giardini e il sole preso gustosamente sul viso, in una piccola piazzola di aranceti e padiglioni con archi a ferro di cavallo. Davanti a me una solitaria turista francese si stava leggendo un libro, ma era una scusa per godersi, anche lei, il tepore della primavera sivigliana. All'ombra dei giardini dell'Alcázar ci sono labirinti, agrumeti, sentieri rettilinei che appaiono ritmati da piccole fontanelle, intorno alle quali ci sono magnifiche panchine di azulejos. Sono giardini arabi, lo si vede dal suono dell'acqua, che arriva all'improvviso, da queste fontanelle, dai piccoli canali che corrono via veloci e che danno un'incredibile idea di fresco nelle giornate più calde. Poi si entra nei padiglioni di muratura e il fresco fa quasi venire i brividi.
Non fa lo stesso effetto, ma è altrettanto piacevole, nelle sere d'estate, il fresco della plaza de doña Elvira, nel cuore di Santa Cruz. Per me è una delle più belle piazze di Siviglia, nella sua semplicità e nella sua sevillanidad: è chiusa da piccoli edifici bianchi (uno è dotato di una terrazza che cuando sea mayor, quando sarò grande, mi comprerò) e il suo perimetro è orlato da aranci dal profumo irresistibile nelle giornate di primavera, quando l'azahar regna incontrastato sull'antica Siviglia e dire che è inebriante non è solo un bell'aggettivo. Al centro della plaza, una fontana, che non funziona sempre, ma regala un piacevole gorgoglio nelle serate più calde. Si sta lì, tra ragazzini che giocano, turisti che studiano dubbiosi le offerte dell'unico ristorante che la crisi non ha spazzato via o che scelgono i souvenirs tra trajes de flamenca, azulejos, carteles delle corride, quasi sempre made in China, e si pensa, da autentici sivigliani, ay, madre mia, que calor! (ma anche que suerte godersi questo calor in un posto come questo!).
E se non vi hanno convinto questi tre magnifici giardini sivigliani, c'è ancora un posto che può aiutare a sopportare il bochorno. E' nella calle Franco, che porta da Santa Cruz verso la plaza del Salvador. Camminando per questa strada antica, di tanto in tanto dalle viuzze laterali, strette in modo che non vi possa mai entrare il sole, arrivano piccole correnti d'aria, che sorprendono e sono meglio di qualunque bagno nel Guadalquivir e di qualunque aria condizionata dei grandi alberghi per i turisti. Come dicono saggiamente i sivigliani più anziani, Siviglia si sa difendere benissimo dal caldo, senza diavolerie moderne (e senza pericolosi bagni nel Guadalquivir).