venerdì 9 settembre 2011

L'istante magico di Pep Guardiola, nel discorso per la Medaglia d'Onore del Parlament catalano

C'è, in questi anni, un catalano più popolare e più amato, más universal, come si direbbe in spagnolo, di Josep Guardiola? Credetemi che no, non c'è. Ieri l'allenatore del Barça, l'uomo che in soli tre anni, a soli 40 anni, ha già vinto tutto il possibile con una squadra di calcio, ha ottenuto il massimo riconoscimento del Parlament catalano, la Medaglia d'Onore. Gli è stata consegnata in una cerimonia emozionante, che ha dato il via alle celebrazioni della Diada Nacional de Cataluña, l'11 settembre.
Hanno parlato di lui dirigenti politici e sportivi, amici come il cineasta David Trueba e la giornalista di TV3 Monica Terribas. Tuttihanno sottolineato il grande esempio che è per i catalani, con la sua modestia, la voglia di vincere e la capacità di perdere. Poi, dopo che la presidente del Parlament gli ha messo al collo la Medaglia d'Onore, è stato Pep a prendere la parola. E per 10 minuti ha parlato della passione "malata" per il suo lavoro, della grande scuola di vita che è lo sport, dell'amore per il Barça. Ha sempre parlato della Catalogna definendola, come d'abitudine, "Paese", cosa che manda in bestia il nazionalismo spagnolo, e ha concluso con una dichiarazione d'amore alla sua terra: "Credetemi che se ci alziamo presto e lavoriamo, siamo un Paese inarrestabile".
Il video del discorso di Pep Guardiola è da ieri su tutti i principali siti web spagnoli; la cosa curiosa è che ovunque in catalano, persino su abc.es ed elmundo.es, entrambi mai teneri con il nazionalismo catalano e la difesa ad oltranza della lingua. Nessun media ha pensato di tradurlo in spagnolo. Finalmente oggi, è stato pubblicato su youtube, nel canale Andreu24x con i sottotitoli in spagnolo ed è diventato comprensibile anche per noi, che non parliamo catalano.
Qui di seguito trovate la traduzione in italiano e, più giù, il video, da youtube. Non perdetelo, anche se non capite i sottotitoli, gli sguardi, i gesti, le espressioni di Josep Guardiola trasmettono tutta la sua passione per il suo lavoro, per lo sport, per il Barça.

Onorevole Presidente del Parlamento, onorevole presidente della Generalitat, eccellentissimo sindaco, presidente del Barça, deputate e deputati, amiche e amici, papò e mamma, la dimostrazione, Monica, grazie, che questo Paese ha molto talento, la dai tu, sia dove sia; Evarist, con questa voce da tenore del Liceu, ti ringrazio molto lo sforzo che hai fatto, te l'ho chiesto personalmente, sono molto contento che abbia fatto questo sforzo per te, che so che non è facile. Nina, grazie per cantare questa canzone così bella di Miquel (Marti y Pol).
Ieri mi chiedevo se questo posto intimoriva, questo luogo che tanto ci rappresenta, l'istituzione più importante del Paese e credetemi che intimorisce. E molto. E vi dirò quattro cose. Se l'elogio indebolisce... ragazzi, sono fuso. Con tutto quello che sono arrivati a dire, sono perduto, ma sinceramente, vi parlerò di quello che sento.
Io sono stato scelto. Sono stato scelto. Chiunque altro avrebbe potuto essere il prescelto per allenare il FC Barcelona, ma hanno scelto me. Merito di chi mi ha scelto. Me lo ha detto David, che in video ha parlato ed è un grande amico mio. Il giorno in cui il presidente Laporta e il suo staff hanno creduto che io sarei potuto essere l'allenatore del  FC Barcelona, mi ha chiamato e mi ha detto: "Credimi che l'unico merito che hai è che sei stato il prescelto". E ho pensato che era un buon modo di affrontare la mia professione. Il migliore. Perché dopo di questo mi hanno detto: "Ma sì, vediamo, avete vinto tutto quello che avete vinto" e questo genere di cose e io dico sì, sì, non ci possiamo lamentare, è andata molto bene, ma so alla fine cosa essere per poter trasmettere questo ai miei giocatori o... alla fine anche io ho imparato, non mi appartengono. Appartengono a tutti gli allenatori che io ho avuto. A tutti. Ad alcuni più che ad altri, evidentemente, ma tutti mi hanno dato qualcosa. Tutti i compagni con cui ho giocato, da tutti ho imparato e dai giocatori che ho adesso la grande fortuna di dirigere. Da tutti loro ho imparato. E tutto questo mi tocca, vivo la mia professione in questo modo. C'è solo una cosa di cui mi dò merito. Amo il mio lavoro. Ho passione per il mio lavoro. Credetemi. Lo adoro. Lo adoravo quando giocavo, lo adoro quando alleno, lo adoro quando parlo, lo adoro quando sono con la gente a discutere.
Alla fine tutto si riduce in istanti, in ognuna delle nostre professioni, dei nostri lavori, tutto finisce in un istante. I lavori che abbiamo hanno sempre un istante che ci soddisfano pienamente, di cui godiamo. Io lo voglio condividere con voi. Mi piacerebbe che la gente lo conoscesse. Prima di ogni partita che giochiamo, uno o due giorni prima, me ne vado nel sotterraneo; il sotterraneo di can Barça, lì non c'è luce esterna. C'è un piccolo ufficio che mi hanno sistemato, ho messo un tappeto e una luce che non è male. E mi chiudo lì. Mi chiudo per un'ora e mezza, due ore; vado con 2 o 3 DVD; Carles, Dome e Jordi, che sono le persone che mi danno una mano, come tanti altri in quest'avventura, mi danno alcuni DVD sulla squadra rivale contro cui dobbiamo giocare tra pochi giorni. Mi siedo, prendo un foglio e una biro, metto il DVD e inizio a vedere l'avversario contro cui giocheremo in pochi giorni. E inizio a prendere appunti... cavolo, l'ala destra... il centrocampista di destra gioca meglio di quello di sinistra, l'ala destra è più rapida di quella di sinistra, questo gioca tutti i palloni lunghi e questo è così e l'altro è cosà. Questi passano da questa parte, gli altri dall'altra. E mi scrivo mano a mano le cose che fanno gli avversari. E allo stesso tempo prendo appunti sulle loro debolezze. E penso, a questi possiamo creare problemi di qua, a quelli, di là, se gioca Messi qui, se gli altri... Ma arriva un momento, impressionante, direi, fantastico, quello che dà il senso a questo mestiere. Credetemi che sono allenatore per quel momento. Quell'istante. Tutto il resto è un di più, che uno evidentemente deve affrontare, mi immagino che ci sono momenti che il presidente della Generalitat gode e altri che deve seguire per protocollo. Sicuramente. Be', c'è questo momento di massima soddisfazione in cui ti rendi conto. A volte dura un minuto e venti, a volte un minuto e trenta, a volte un minuto. A volte devo vedere due partite degli avversari. Arriva un momento che dici: "Li abbiamo presi, abbiamo vinto" Non sai perché, c'è un'immagine, ci sono cose che fanno che ti rendi conto che domani vinciamo. Con questo non pensate che abbia la formula magica. No. Perché l'ho sempre pensato e ci sono state volte che abbiamo perso. Pertanto verrebbe confutata questa teoria. Ma ve lo dico per la passione che sento per il mio lavoro, che immagino sia la stessa che avete per i vostri lavori e tutte le persone, medici, panettieri, dottori, professori, muratori, come era mio padre. Qualunque persona... c'è un momento nel suo lavoro e io rivendico questo momento in questo mestiere e io rivendico l'amore per questo lavoro. Io amo il mio lavoro per quell'istante. Allora mi occupo di trasmetterlo ai miei ragazzi. Dico loro, ragazzi, dobbiamo fare così, e a volte riesce e a volte no. Però questo istante è quello che dà senso al mio mestiere. Allora mi direte: è sufficiente? è poco? E' il mio, è quello che mi tocca. E' di questa passione che non so da dove ho preso, perché la cosa più rotonda che mio padre ha fatto credo che sia una lavatrice. Mio nonno, da parte di padre, non l'ho conosciuto, è morto prima che nascessi, ma da parte di mia madre, aveva già sufficiente, nel dopo-guerra, con doversi nascondere per non essere preso. Per cui non ho un'eredità familiare che mi abbia trasmesso questo gene, non so da dove mi viene. Ma ho questa passione, e ce l'ho adesso come quando ero piccolo e mi ha portato via dal mio paese.
Questo istante magico, questa storia che ti viene da dentro è quella che dà un senso al mio lavoro. In tutto il resto non c'è. E direte da dove l'ho preso, ma vi ho già detto che non lo so. Ma mi ha aiutato moltissimo e qui mi piacerebbe fare una piccola rivendicazione sulla meraviglia che è il calcio. Non il calcio, lo sport. I miei genitori mi hanno educato, bene, direi, molto bene. La scuola mi ha aiutato, ovviamente, ma quello che mi ha educato è il microsistema che è una squadra di calcio. Una squadra di persone che stanno insieme. Questo è quello che mi ha dato quello che sono adesso come persona, mi ha formato, mi ha dato, l'aver fatto sport. Lì ho imparato cosa vuol dire vincere. E celebrarlo con molta moderazione. E mi ha insegnato quello che è perdere e che fa male davvero. Ma questo perdere è quello che ti fa imparare a rialzarti e a dare valore a quello che costa dopo vincere. Ho imparato che un allenatore decide che io oggi non gioco perché ho imparato che lui pensa per tutti e io pensavo solo per me. Ho imparato che un compagno è migliore di me e merita giocare. E ho imparato che i rimproveri e le scuse non servono assolutamente per niente. Che quando perdi è una tua responsabilità. Quando le cose non vanno è responsabilità tua. Lo sport, da molto piccolo, nel Barça che è l'essenza, dove più tempo sono stato, è tutto quello che mi ha dato e mi ha formato come persone e tutto quello che sono oggi.
Del Barça potrei parlare tutto il tempo, ma farò un riferimento piccolissimo, perché ne parlo sempre. Ogni tre giorni, nelle conferenze stampa, devo parlare del Barça. Oggi voglio solo citare Valerio Rivera, meraviglioso allenatore di pallamano, che un giorno allo stadio mi ha detto: "Il Barça ci rende tutti bravi". E io gli ho detto: "Sei sicuro?" "Non avere dubbi, vivi la tua professione ringraziando questa istituzione e non vivere chiedendo qualcosa di questa istituzione. Non lo dimenticare mai: il Barça ci rende tutti bravi" E' un'altra cosa che mi ha accompagnato e che ogni giorno che sono lì, con i miei giocatori e tutte le persone dello staff, mi ricorda quanto privilegiati siamo arrivati a essere.
Finisco. Come ha detto Monica, a 23 anni mi hanno fatto fare un giro per la vita e a 40 mi hanno dato la Medaglia d'Oro dell'istituzione più importante di questo Paese. Mi sembra che tutto questo sia un po' precoce, ma sappiate che in parte sono qui, evidentemente, perché abbiamo fatto le cose molto bene, abbiamo vinto molto ultimamente e questo aiuta il fatto che mi diano questa medaglia. Però, credetemi che se non avessimo vinto niente, sarei ugualmente orgoglioso per come la nostra gente sta lì e con me stesso, ci siamo sforzati perché le cose funzionassero e affinché la gente potesse essere orgogliosa di tutti noi.
Permettetemi una cosa: non voglio essere esempio di niente. Sono nato in un paese molto, molto piccolo, vicino alla capitale della zona del Bages, Manresa, che, come sapete si chiama Santpedor. Non voglio essere esempio di niente, voglio solo fare il mio lavoro, il lavoro che tanto amo, il meglio possibile. Cerco di far sì che la gente, in tutto quello che faccio, possa vedermi con questa passione che a volte si vede nel mio sguardo, nel tono della voce, nel mio modo di gesticolare; solo spero che la gente possa vedere questa passione e possa sentire quello che io sento. Io sono solo, cerco di essere, un buon amico dei miei amici; sicuramente quando lascerò questa ossessione per il lavoro, ritroverò i molti che ho perso per questa ossessione malata per il lavoro. Cerco solo di essere un buon figlio per i miei genitori e soprattutto, soprattutto, cerco di essere un buon compagno per la mia compagna e che insieme possiamo godere di questo meraviglioso spettacolo che è veder crescere Maria, Marius e Valentina, con l'obiettivo di non farli arrabbiare troppo, che possano cadere tutte le volte che vogliono perché sapranno, o almeno possano sapere, che i loro genitori saranno lì, per aiutarli.
Onorevole presidente del Parlament, è un onore immenso poter ricevere questa medaglia. Da parte della mia famiglia, non so come potremo restituire tanta gratitudine, solo spero di comportarmi nel miglior modo che conosco. E non dimenticate mai che se ci alziamo molto, molto presto, senza rimproveri né scuse, e ci mettiamo a lavorare, siamo un Paese inarrestabile. Credetemi che siamo inarrestabili. Molte grazie e viva la Catalogna".