giovedì 9 febbraio 2012

Il Tribunal Supremo condanna Baltasar Garzón a 11 anni di inabilitazione

I sette giudici di sala del Tribunal Supremo hanno condannato all'unanimità Baltasar Garzón a 11 anni di inabilitazione per prevaricazione, all'aver intercettato i colloqui in prigione tra gli imputati del caso Gürtel e i loro avvocati. Secondo i sette, il giudice ha vulnerato il diritto costituzionale alla difesa degli imputati, "senza il quale è impossibile costruire un processo giusto".
E' questa la sentenza del primo dei tre processi al famoso giudice spagnolo, colui che ha indagato contro i crimini delle dittature sudamericane, gli attentati dell'ETA, la guerra sporca dei GAL del Governo spagnolo contro l'ETA, il narcotraffico tra Spagna e America Latina; soprattutto, Baltasar Garzon è il giudice che ha stabilito il principio della giurisdizione universale, che permette di indagare sui crimini contro l'umanità commessi in qualunque parte del mondo, essendo, per l'appunto, "contro l'umanità" (di qui le indagini da lui aperte contro Augusto Pinochet e quelle aperte in Argentina per indagare contro i crimini del franchismo). Gli altri due processi in corso contro Garzón riguardano le indagini che ha aperto sui crimini del franchismo, nonostante la Legge di Amnistia, e il denaro che avrebbe ricevuto dal Banco Santander per alcune conferenze tenute a New York.
Il caso Gürtel riguarda la più grande rete di corruzione scoperta in Spagna in democrazia: un gruppo di imprenditori, che faceva capo a Francisco Correa, aveva corrotto buona parte dei vertici del PP di Valencia e Madrid, per ricevere in cambio l'assegnazione dell'organizzazione di eventi, di consulenze et similia. L'ex presidente della Comunitat Valenciana Francisco Camps, costretto alle dimissioni dallo scandalo, è stato recentemente assolto da una giuria popolare dall'accusa di aver ricevuto abiti in cambio di favori alla rete di corruzione; un'assoluzione che non ha convinto nessuno, PP a parte, tanto che il PSOE ha sfidato i popolari a ridare la presidenza della Comunitat Valenciana a Camps (Camps ha vinto le elezioni regionali del 22 maggio con maggioranza assoluta e si è dimesso qualche mese dopo) "se siete davvero convinti della sua onestà e della sua onorabilità". Francisco Correa e il suo vice, Pablo Crespo, sono in carcere, in attesa di giudizio.
La decisione di intercettare le conversazioni tra gli imputati e i loro avvocati è stata presa, ha spiegato Garzón durante il suo processo, perché c'era il forte sospetto che l'avvocato di Correa non fosse solo tale, ma fosse membro attivo della trama. La cosa curiosa è che le intercettazioni sono state richieste dalla Polizia, approvate dalla Procura e prorogate da Antonio Pedreira, il giudice che ha preso in mano le indagini dopo Garzón. Ma il solo andato a processo è Baltasar Garzón. Non suona un po' strano? Non è l'unica stranezza del processo a Garzón.
publico.com nota che "nessun magistrato è stato giudicato prima per aver ordinato intercettazioni, secondo quanto hanno detto vari esperti consultati. La stessa Procura ha portato, durante il processo a Garzón, esempi di due intercettazioni che hanno riguardato anche gli avvocati e che nessuno ha considerato "mostruose": quelle fatte per cercare di localizzare il corpo della giovane Marta del Castillo e quelle al già scomparso Pablo Vioque, condannato per narcotraffico. Ma l'accusa si è diretta solo contro Garzón. Dei sette magistrati del tribunale delle intercettazioni, tre hanno dovuto abbandonare il simultaneo caso dei crimini del franchismo per mancanza di imparzialità obiettiva; sono Francisco Monterde, Juan Ramón Berdugo e Joaquín Jiménez e solo quest'ultimo lo ha fatto in modo volontario; un altro ha fatto parte del tribunale che ha riattivato la causa del Santander, Miguel Colemenro, un altro sarà magistrato dell'accusa nel processo sul franchismo, Andrés Martínez Arrieta, e Luciano Varela e Manuel Marchena sono stati direttamente istruttori delle altre due cause aperte contro Garzón". Se uno non lo leggesse non ci crederebbe: Garzón è stato giudicato da sette magistrati che stanno agendo contro di lui in altre cause.
Secondo El Mundo "la Sala ha considerato in particolare che Garzón ha ordinato di ascoltare le conversazioni di Francisco Correa, Pablo Crespo e Antoine Sanchez con qualunque avvocato li visitasse nella prigione di Soto del Real (Madrid), anche i loro difensori José Antonio Choclán e Gonzalo e Pablo Rodriguez Mourullo, contro i quali non c'era alcun indizio di reato. Il giudice istruttore ottenne così informazione riferita esclusivamente alle strategie di difesa e permise che quest'informazione, che comprendeva confessioni auto-incriminanti, fosse conosciuta da Polizia e Procura, neutralizzando qualunque possibilità che gli imputati e i loro avvocati articolassero una difesa efficace e vulnerando il diritto di qualunque imputato alla confidenzialità di quello che discute con il suo avvocato". Secondo l'Alto Tribunale, riporta ancora elmundo.es, "non si tratta di un'interpretazione erronea della legge, ma di un atto arbitrario, per carenza di ragione, che smantella la configurazione costituzionale del processo penale come processo giusto".
Sono interessanti, a questo punto, le parole che Mercedes Gallizo Llamas, segretaria generale e direttrice generale di Instituciones Penitenciarias ai tempi delle intercettazioni, scrive per elpais.com: "(...) C'è chi pensa che con il processo e la sentenza sulle intercettazioni della Gurtel si sta castigando un giudice singolare, egocentrico, ambizioso, poco attento nei procedimenti... Io non lo credo. Si stanno santificando le regole di un gioco ripugnante, quello dell'uso dei principi dello Stato di diritto per blindare all'infinito la copertura legale della delinquenza organizzata ai livelli alti. Quando un imputato riceve in prigione la visita quotidiana di una corte di avvocati di stipendio milionario, la maggior parte dei quali non sono presenti in nessuna delle sue cause, senza limiti di tempo, senza controllo delle sue attività reali, c'è chi vuole pensare che sta ricevendo consulenza per la sua migliore difesa. Alcuni non ci credono e decidono di indagare. Non c'è molta gente che osi farlo. Quasi nessuno. A partire da oggi saranno molti meno. Uno Stato implacabile con i deboli e debole con i potenti perverte il senso delal giustizia, del diritti e delle leggi. Qualcuno dovrebbe pensare a questo".
La sentenza del Tribunal Supremo, 11 anni di inabilitazione, implica la fine della carriera politica del giudice. Non è ancora noto se ricorrerà la sentenza.