martedì 31 luglio 2012

Zapatero scrive su El Mundo: La BCE intervenga e difenda l'euro

El Mundo ha messo a segno oggi un gran colpo mediatico, pubblicando un articolo scritto dall'ex premier José Luis Rodriguez Zapatero sulla crisi economica e sul ruolo della Banca Centrale Europea. E' un articolo che ha suscitato reazioni contrastanti nelle reti sociali e nei media di sinistra. Tra i tanti tweets letti stamattina, quello che mi ha colpito di più dice: "E' stato il peggior presidente della democrazia, ha tutte le carte in regola per essere il migliore degli ex presidenti". Che, non pensate male, è un gran complimento, considerando il rancore con cui José Maria Aznar ha parlato della Spagna dopo la sua uscita dal Governo e gli interventi e gli affari di Felipe Gonzalez, all'ombra del potente magnate messicano Carlos Slim.
I media di sinistra rimproverano invece a Zapatero il legame con El Mundo e, soprattutto, con il suo direttore, Pedro J. Ramirez, a cui ha concesso la prima intervista non appena arrivato alla Moncloa. "Sappiamo che Prisa e Zapatero si repellono vicendevolmente" ha scritto il quotidiano digitale progressista elplural.com "ma che ZP se ne vada con Ramirez è vomitevole per migliaia e migliaia di democratici. In Spagna ci sono ogni giorno meno media progressisti. Altri sopportiamo come possiamo. Zapatero o non lo sa o preferisce fare moine al Gran Ramírez". E probabilmente ZP (che bello, chiamarlo ancora così!) dovrebbe pensarci: sarebbe bene che i leaders della sinistra inizino a utilizzare i loro media e a rivolgersi al loro elettorato (che, effettivamente, difficilmente legge El Mundo e magari non ha proprio voglia di finanziarlo per sapere cosa dice uno dei suoi ex presidenti).
Polemiche a parte, inseguo questo articolo da stamattina, da quando Pedro J. l'ha ampiamente pubblicizzato su Twitter e, finalmente l'ho trovato, su lavozlibre.com.
E' un articolo lunghissimo, i maligni sostengono che non l'abbia scritto l'ex premier, per quanto è scritto bene, in modo chiaro e coerente e per quanto le idee esposte sono condivisibili, perché non può essere che l'ex presidente sia stato così malo mentre era alla Moncloa e sia così bueno adesso che si è ritirato a vita privata. E' un articolo equilibrato, in cui Zapatero non dice una parola contro il Governo che segue il suo (in questo si differenzia dai presidenti che lo hanno preceduto), assume "in prima persona" gli errori compiuti dal suo Governo, chiede alla Banca Centrale un'azione decisiva per la difesa dell'euro e chiede pari dignità ai cittadini dei Paesi grandi e meno grandi d'Europa, ricordando che la Banca Centrale è di tutti loro e non dev'essere percepita da nessuno come ostile ai propri interessi (mi piace che usi più volte l'espressione "la nostra Banca Centrale", perché, finora, chi ci aveva ripetuto così chiaramente che a Francoforte c'è la nostra Banca Centrale, quella che governa la politica monetaria di tutti noi cittadini dell'Eurozona? Quanti leaders dicono "noi" parlando dell'Europa?!).
Cosa devo dire, c'è un detto spagnolo, che mi piace molto, che dice otro vendrá que bueno me hará (verrà un altro che sarà così pessimo che io vi sembrerò buono, tradotto più o meno in italiano). Molti amici socialisti spagnoli lo ripetevano, quando la disfatta alle elezioni del 20 novembre era attesa con rassegnazione. Ci sono voluti solo sette mesi per avere il dubbio che no, in fondo Zapatero non era così male, visto chi gli è seguito.
Il testo pubblicato oggi da El Mundo, in italiano, da lavozlibre.com

"Di sorpresa ed enfatizzando" questa è la ricetta che alcuni analisti, investitori e leaders politici consigliano di adottare affinché le decisioni dirette ai mercati siano efficaci e provochino un cambio di tendenza, dall'avversione al rischio al recupero della fiducia.
Le parole del presidente dalla BCE, lo scorso 26 luglio, sono arrivate, in effetti, a sorpresa e sono andate anche oltre quanto si poteva ragionevolmente sperare. Dopo varie settimane con una forte tensione sui tassi d'interesse di Spagna e Italia, Mario Draghi aveva sostenuto che non era compito della BCE risolvere i problemi finanziari degli Stati. Così aveva detto, per esempio, il 5 luglio, nell'abituale dichiarazione dopo la riunione del Comitato Esecutivo della Banca.
Diciannove giorni dopo, però, Mario Draghi ha affermato da Londra che la BCE era "disposta a fare tutto il necessario per difendere l'euro" e ha aggiunto "Credetemi, sarà sufficiente". Con solo 14 parole, 14 magiche parole, ha cambiato la tendenza dei mercati. In soli due giorni lo spread della Spagna è sceso di 50 punti e la Borsa è salita del 10%.
Ma sebbene queste 14 parole siano quelle che hanno occupato i titoli, considero ancora più rilevante quelle aggiunte da Draghi per spiegare la disponibilità a fare quello che sarà necessario. Ha detto che avrebbe agito "nel momento in cui gli spread danneggeranno il funzionamento della politica monetaria". Questa dichiarazione è la novità ed è trascendentale. Finora la BCE non aveva riconosciuto in modo così chiaro che il tasso d'interesse con cui si finanziano alcuni Paesi dell'Eurozona danneggia la stabilità monetaria.
La stabilità monetaria è di competenza della BCE, e se si vede perturbata dagli spreads dei Tesori nazionali, la BCE sarebbe autorizzata ad agire sui mercati del debito sovrano. E sembra evidente che un costo eccessivo del finanziamento, in un contesto di nulla crescita economica e di aggiustamento fiscale, ottura l'adeguata trasmissione monetaria che la Banca Centrale è obbligata a garantire. I tassi d'interesse con cui si finanziano i Tesori marcano la possibilità di finanziamento dell'economia in generale, delle entità finanziarie e non finanziarie. Con spreads elevati, l'economia perde la capacità di finanziarsi e se non c'è liquidità non c'è credito, e se non c'è credito c'è recessione e se c'è recessione qualunque sforzo di consolidamento fiscale, per duro che sia, è condannato al fallimento.
La BCE ha iniettato liquidità alle entità finanziarie in diverse occasioni, l'ultima a dicembre 2011, con volumi molto importanti, ma non si è riusciti a estenderla all'economia reale, cosa che non si produrrà fino a quando la liquidità non assorbirà l'eccesso di offerta di debito di Paesi come la Spagna e l'Italia.
Se la BCE risponderà giovedì con una decisione coerente con le parole del suo presidente, la situazione dei mercati del debito potrebbe cambiare sostanzialmente e anche le aspettative economiche. Ho sempre difeso l'idea che la BCE sia l'unica "divisione" capace di vincere la battaglia della trappola della liquidità. Ho cercato di esporlo in un recente articolo (The Times, 13 luglio 2012) e così l'ho richiesto per anni al Consiglio Europeo, insieme ad altri presidenti dell'Eurozona.
Finora la BCE non ha impiegato tutta la capacità che ha, o deve avere, una Banca Centrale con tutti i poteri, tra cui si trova, come uno dei più caratteristici, quella di essere il prestatore d'ultima istanza, così come la Federal Reserve negli USA e la Banca d'Inghilterra in Gran Bretagna. Entrambe le Banche Centrali, operando come prestatori d'ultima istanza, sono state decisive per il recupero di liquidità, la stabilità monetaria e la capacità di finanziamento dei loro Tesori.
Nell'Eurozona, invece, non abbiamo contato su un prestatore d'ultima istanza che, con il potere illimitato detenuto da una Banca Centrale, abbia ridotto i tassi d'interesse dei Tesori nazionali con problemi. E qualunque alternativa a un'azione come questa adottata dalla BCE successivamente non avrebbe funzionato. Se fosse stato impiegato dall'inizio, con la stessa energia con cui l'ha fatto la Federal Reserve, non soffriremmo la crisi del debito sovrano che soffriamo.
So che non è facile che questo nuovo ruolo della nostra Banca Centrale sia accettato da tutti. L'euro è una moneta giovane e anche la sua Banca Centrale lo è. Hanno appena 10 anni di esistenza, sullo sfondo della costruzione di una moneta comune tra diversi e antichissimi Stati sovrani, finora 17, inedita nella storia. Questo è vero, ma anche se l'euro è (ancora) una moneta di 17 Stati o una moneta senza Stato, non potrà sopravvivere senza una Banca Centrale che eserciti tutte le facoltà proprie di queste decisive istituzioni per lo sviluppo delle economie contemporanee.
La concezione del ruolo della BCE ha riguardato finora il controllo dei prezzi dei beni e servizi. Niente da obiettare a questa funzione essenziale. Il controllo dell'inflazione è, e continuerà a essere, determinante per difendere il valore dell'euro e ottenere un'economia competitiva. Inoltre la BCE ha fatto una politica di fissazione dei tassi ufficiali del denaro quasi sempre corretta. E dico quasi sempre perché l'aumento dei tassi di luglio 2008 e i due della primavera 2011 non sono stati, secondo me, adeguati. Allora non c'era il rischio di una scalata dell'inflazione, data l'atonia economica e i dati di inflazione. Non si capisce neanche adesso perché, nell'attuale contesto, il tasso ufficiale sia dello 0,75% e non si sia ulteriormente ridotto.
Come nel luglio 2008 e nella primavera 2011, non esiste nessun rischio inflazionista apprezzabile, che sconsigli l'iniezione di liquidità e l'espansione monetaria, con un'azione contundente nei mercati del debito sovrano. I Paesi con problemi gravi di debito hanno bisogno del ritorno degli investitori stranieri e questi torneranno solo se percepiranno con chiarezza che l'euro crede in se stesso, cosa che a sua volta succederà solo se si vede la BCE agire come un prestatore di ultima istanza, in tutta la sua ampiezza.
E' vero che la BCE è già intervenuta nei mercati del debito, perché ha acquistato bonds nel mercato secondario (si stima per un importo di 210 miliardi di euro, ma lo ha sempre fatto come senza volerlo fare e con volumi limitati se li paragoniamo a quelli mobilitati dalla Federal Reserve e dalla Banca d'Inghilterra. Così non si genera il messaggio che devono ricevere gli investitori: non si è fatto un intervento con convinzione, per un tempo sufficiente e in quantità necessaria.
Non sono d'accordo con chi pensa che così si tratta solo di guadagnare tempo, fino a quando le altre politiche economiche, europee e nazionali, abbiano effetto. Perché quello che è in gioco adesso, e in modo perentorio, è più che questo, o, se si vuole, è la condizione di tutto questo. Quello che è in gioco è l'aspettativa stessa del recupero economico. E questa aspettativa non si aprirà fino a quando la BCE non si comporterà in modo coerente con le ultime affermazioni realizzate dal suo presidente. Inoltre, è vero, affinché questo recupero sia sostenibile sarà necessario proseguire con queste altre politiche di riforma e consolidamento fiscale, orientandole verso la crescita. Ma senza lo sparo di inizio della BCE, senza la conferma del suo nuovo ruolo, non usciremo in alcun modo da questa recessione e dal deterioramento accumulato che comporta.
Neanche è accettabile, dal mio punto di vista e dalla mia stessa esperienza, invocare, per rifiutare un intervento più deciso della BCE, l'argomento del rischio morale, del rischio che i Paesi con problemi rilassino la tensione sulle riforme nazionali da realizzare. Non è serio pensare questo, non a questo punto. Sono almeno tre anni che la Spagna sta realizzando sforzi di consolidamento fiscale e di riforme senza precedenti, in condizioni molto difficili, di crescita debole o di recessione, con un grande sacrificio collettivo e con una situazione sociale marcata da un alto libello di disoccupazione. E sappiamo bene che senza liquidità perché l'economia riceva ossigeno, gli aggiustamenti e le riforme non potranno raggiungere i propri obiettivi. La sofferenza, oltre che crescente, continuerebbe a essere sterile.
Si sono commessi errori, dai quali, in ogni caso, bisogna imparare, nell'ambito dell'Unione, dallo stesso disegno dell'Unione Monetaria, e nei Paesi che la formiamo. I Governi ne hanno commessi, e assumo in prima persona quelli che riguardano i Governi che io ho presieduto. Ma niente di questo esime adesso chi ha la capacità di prendere decisioni dalla responsabilità di farlo.
I Governi di Spagna e Italia non possono creare liquidità nell'economia. Non è nelle loro mani la politica monetaria, che corrisponde solo alla BCE.
Difendo la piena indipendenza della Banca Centrale Europea, è la garanzia della sua credibilità e della sua solvenza. Quando sono stato alla guida del Governo l'ho rispettata e ho avuto la prova della gelosia con cui la difendono i responsabili dell'istituzione. Un'indipendenza, a proposito, che bisogna predicare ed esercitare riguardo a tutti i Governi dell'Unione, dei Governi dei Paesi più grandi e di quelli che lo sono meno. Perché la Banca Centrale deve esserlo di tutti, percepita come tale da tutti i cittadini e Paesi dell'Unione, come un'istituzione propria, come la nostra Banca Centrale, indipendente sì, ma non estranea e tantomeno ostile.
Se oggi mi pronuncio come ho appena fatto non è solo per la libertà che mi dà il non essere più al Governo, ma perché ho la convinzione che siamo nell'ora più decisiva per il futuro dell'euro e, pertanto, per il benessere futuro di tutti i Paesi che lo condividono. Questa ora non è in realtà una metafora, la possiamo concretizzare. Sarà, più o meno, alle 14.30 di dopodomani, giovedì, quando il presidente della Banca Centrale comparirà alla tradizionale conferenza stampa dopo la riunione del Comitato Esecutivo e annuncerà, come si spera, un'azione coerente con le sue parole del passato 26 luglio.
Bene, questo annuncio dovrebbe consistere, secondo me, in un programma di acquisto del debito sovrano nel mercato secondario per stabilizzare gli spreads di Spagna e Italia in una fascia tra i 200 e i 300 punti, così come una riduzione del tasso ufficiale del costo del denaro. Se succede qualcosa del genere o di simile, tutto potrebbe iniziare a cambiare, per vedere, finalmente, un po' di luce, alla fine di questo lungo tunnel. Lo auguro di tutto cuore.