domenica 9 settembre 2012

El País: salvare la Grecia non è solo una questione sentimentale

Angela Merkel intende mantenere la Grecia nell'euro, dicevano ieri i siti web d'Italia e Spagna, pensando alle conversazioni private del cancelliere tedesco e ai numeri che l'avrebbero convinta a lavorare, finalmente, perché Atene paghi sì i suoi debiti, ma in tempi che le permettano di respirare.
Oggi, su El País, un articolo riflette su come l'eventuale uscita della Grecia dalla moneta unica non sarebbe solo un fallimento sentimentale, ma anche l'inizio di un'idea d'Europa che chi ha creduto (e crede) nell'unione del continente deve necessariamente condividere.
In spagnolo potete leggere il testo su elpais.com

L'Unione Europea ha appena elaborato l'atteso taglia fuoco per "scenari distruttivi", secondo le parole del presidente della Banca Centrale Mario Draghi. A quali scenari si riferisce. All'attacco degli speculatori, senza dubbio. Ma anche, forse, al fatto che così, con l'acquisto del debito, isolerebbe la Spagna e l'Italia, per esempio, dai distruttivi colpi di cosa da un eventuale abbandono della Grecia della zona euro.
In questo modo, spiegano i documenti pubblicati in Germania, l'uscita della Grecia diventerebbe un "dramma minore". Esperti bancari e imprenditoriali di mezzo mondo preparano i loro piani per questo scenario e, cosa più significativa, lo raccontano contenti. Parlano e parlano pubblicamente di questo, con l'intenzione che, sicuramente, arrivato il momento, noi europei non ci allarmiamo, ma che crediamo che fosse qualcosa di inevitabile, e, anche, di consigliabile per la salute economica del resto d'Europa.
E, senza dubbio, l'eventuale uscita della Grecia dall'Eurozona è qualcosa di più di una questione economica. Non si tratta di parlare di filosofia né di ricordare Socrate e le divertenti e opportune commedie di Aristofane sul pagamento dei debiti, ma di sapere che si tratterebbe di un cambiamento sostanziale nel concetto politico dell'Europa.
Si vuole farci credere che si tratti solo di una questione finanziaria, in tutti i casi sentimentali, ma ci nascondono che implica un cambio sostanziale nel senso politico dell'Unione Europea, una riforma radicale dell'obiettivo per cui è stata creata, una miserabile constatazione che l'Europa, come altri protagonisti del nuovo mondo che si intravede, accetta distruggere i più deboli per proteggere i forti.
La Grecia ha bisogno di riforme? Naturalmente. Vigilanza. senza dubbio, dallo stesso momento in cui un partito di estrema destra violenta, Alba Dorata, ha ottenuto 21 seggi. Ha bisogno di cambi radicali e stretti nell'organizzazione dello Stato, perché si garantisca il rispetto delle regole dell'Unione. Ma quello che sta facendo adesso l'UE non è favorire queste riforme, ma spingere cinicamente la società greca fuori dalle porte dell'Unione, esigendole più di quello che può fare ragionevolmente.
Gli aggiustamenti così brutali che impone la troika alimentano il sospetto che, nel fondo, quello che si pretende è che gli stessi greci arrivino alla conclusione che avranno maggiori possibilità di sopravvivenza fuori e non dentro la UE.
La Grecia è in recessione da cinque anni e le si è appena chiesto un nuovo taglio da 11 miliardi di euro. Le esigenze includono la racomandazione che si aumenti il numero dei giorni lavorativi a sei alla settimana, in tutti i settori.
Il problema non sono i sei giorni, sempre che non superino le 48 ore settimanali, ma la continua insistenza dell'idea che i greci sono degli scansafatiche, che non muovono un dito per uscire dal pozzo. E però non dovremmo mai perdere di vista i dati puri, l'ultimo rapporto della OCSE dimostra che i Greci lavorano una media di 2109 ore all'anno, contro una media di 1573 ore della media dell'Unione.
E' vero che la corruzione e la frode fiscale sono problemi reali e brutali nella società greca, ma lo sono anche il fatto che il tasso dei suicidi è salito al 40% o che quello che più rende difficile la lotta alla frode è che circa il 50% dei giovani è disoccupato, condannato a "cercare di guadagnarsi la vita".
E' vero che in Europa neanche gli intellettuali di destra hanno mai proposto gli USA come modello. Non si tratta di questo. Ma sì di avanzare nel progetto ispirato da Germania, Olanda e Finlandia, intimidendo i Paesi più deboli e più diversi. E' possibile che questa Europa del Nord non sia consapevole di tutto quello che si gioca nel Sud.