mercoledì 27 febbraio 2013

Elconfidencial.com: Italia, cronaca di un caos annunciato dalla sua musica

Quante analisi, sui media spagnoli, sulle elezioni italiane e sul rompicapo che rappresentano per l'Europa. C'è un'affannosa ricerca per saperne di più su Beppe Grillo e sui grillini, c'è un disperato tentativo di capire perché milioni di italiani siano tornati a votare per Silvio Berlusconi, c'è un bell'articolo di Melania Mazzucco su El Pais, l'unico letto finora che abbia saputo definire bene le idiosincrasie italiane di inizio millennio, la rabbia, la delusione, il cinismo, la sfiducia nelle istituzioni che da sempre accompagna questo giovanissimo Stato dalla storia millenaria (può esserci qualcosa di più contraddittorio?)
Poi c'è questo bel tentativo di Francisco Chacón, su elconfidencial.com, di capire qualcosa di più attraverso gli avvertimenti che la musica italiana ha lanciato negli ultimi decenni, suggerendo anche l'idea, non balzana, che l'Italia attuale affondi le radici nell'omicidio di Pierpaolo Pasolini. Interessante.
"La tromba di Paolo Fresu si lamenta per quest'Italia pasoliniana, che si mette in musica in pieno rompicapo post-elettorale. Lascia ch'io pianga implora in uno dei suoi pezzi più emblematici, a tutto jazz.
Ma il disgusto galoppante va oltre le lacrime e inonda un Paese installato nell'incuria e che non dimenticherà mai Aldo Moro. Franco Battiato aveva avvertito senza tregua, con i testi acidi delle sue canzoni. 22 anni fa il cantautore siciliano intonava questi suoi versi devastanti: "Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere / di gente infame, che non sa cos'è il pudore, / si credono potenti / e gli va bene quello che fanno / e tutto gli appartiene. / Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni! / Questo paese è devastato dal dolore... / ma non vi danno un po' di dispiacere / quei corpi in terra senza più calore? / Me ne vergogno un poco, e mi fa male /vedere un uomo come un animale"
Battiato è stato nominato mesi fa Assessore alla Cultura dell'Amministrazione locale di Palermo (in realtà della Regione Sicilia). Senza stipendio, questo sì, perché così ha voluto.
E questa stessa settimana, il suo collega Dario Fo, Nobel e frusta di Berlusconi, che Oriana Fallaci chiamò imbecille, ritornava a I vitelloni di Fellini, per proclamare la sua 'tristezza' davanti al risultato delle elezioni e denunciare i giochini di 'imbroglione da quattro soldi' di questo Cavaliere che ha più vite di un gatto. Il sostegno del drammaturgo al Movimento Cinque Stelle è stato fondamentale per lanciare il sorprendente partito di Beppe Grillo.
L'Italia di Volare e O sole mio non è cambiata di una virgola e don Silvio si ricicla, trascinato dal revival de La dolce vita, come se Gino Paoli potesse ringiovanire l'eterna melodia di Sapore di sale.
L'intero Paese è rimasto senza forze per invocare Nuovo Cinema Paradiso, mentre le Parole parole parole di Mina ritraggono, oggi e negli anni 70, la demagogia vuota di una classe politica che esaspera i cittadini e i mercati con le sue astuzie dell'ultimo minuto.
Moravia e Bertolucci si univano ne Il conformista, mentre Paolo Conte si affannava a preparare il contrattacco musicale, sfociato in Un vecchio errore, lo stesso che continua a commettere quest'Italia di vedettes intorno a politici irrinunciabilmente edonisti.
Il grande silenzio, compose il maestro Ennio Morricone, prima che Mario Biondi preferisse l'inglese per cantare I can't keep from crying sometimes.
Tutto è stato definito perfettamente dall'iconoclasta Lucio Dalla nel suo disco (dal titolo significativo, Banana Republic, abbondando i visionari Scritti corsari di Pasolini. L'Italia attuale affonda le proprie radici in quel corpo ritrovato sulla spiaggia di Ostia, laggiù, verso il 1975"