Quante analisi, sui media spagnoli, sulle elezioni italiane e sul
rompicapo che rappresentano per l'Europa. C'è un'affannosa ricerca per saperne
di più su Beppe Grillo e sui grillini, c'è un disperato tentativo di capire perché
milioni di italiani siano tornati a votare per Silvio Berlusconi, c'è un
bell'articolo di Melania Mazzucco su El Pais, l'unico letto finora che abbia
saputo definire bene le idiosincrasie italiane di inizio millennio, la rabbia,
la delusione, il cinismo, la sfiducia nelle istituzioni che da sempre
accompagna questo giovanissimo Stato dalla storia millenaria (può esserci
qualcosa di più contraddittorio?)
Poi c'è questo bel tentativo di Francisco Chacón, su elconfidencial.com, di capire qualcosa di più
attraverso gli avvertimenti che la musica italiana ha lanciato negli ultimi
decenni, suggerendo anche l'idea, non balzana, che l'Italia attuale affondi le radici nell'omicidio
di Pierpaolo Pasolini. Interessante.
"La tromba di Paolo Fresu si lamenta per quest'Italia pasoliniana, che si
mette in musica in pieno rompicapo post-elettorale. Lascia ch'io pianga
implora in uno dei suoi pezzi più emblematici, a tutto jazz.
Ma il disgusto galoppante va oltre le lacrime e inonda un Paese installato
nell'incuria e che non dimenticherà mai Aldo Moro. Franco Battiato aveva
avvertito senza tregua, con i testi acidi delle sue canzoni. 22 anni fa il
cantautore siciliano intonava questi suoi versi devastanti: "Povera
patria! Schiacciata dagli abusi del potere / di gente infame, che non sa cos'è
il pudore, / si credono potenti / e gli va bene quello che fanno / e tutto gli
appartiene. / Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni! / Questo
paese è devastato dal dolore... / ma non vi danno un po' di dispiacere / quei
corpi in terra senza più calore? / Me ne vergogno un poco, e mi fa male /vedere
un uomo come un animale"
Battiato è stato nominato mesi fa Assessore alla Cultura dell'Amministrazione
locale di Palermo (in realtà della Regione Sicilia). Senza stipendio, questo sì, perché così ha voluto.
E questa stessa settimana, il suo collega Dario Fo, Nobel e frusta di
Berlusconi, che Oriana Fallaci chiamò imbecille, ritornava a I vitelloni di
Fellini, per proclamare la sua 'tristezza' davanti al risultato delle elezioni
e denunciare i giochini di 'imbroglione da quattro soldi' di questo Cavaliere
che ha più vite di un gatto. Il sostegno del drammaturgo al Movimento Cinque
Stelle è stato fondamentale per lanciare il sorprendente partito di Beppe
Grillo.
L'Italia di Volare e O sole mio non è cambiata di una virgola e don Silvio si
ricicla, trascinato dal revival de La dolce vita, come se Gino Paoli potesse
ringiovanire l'eterna melodia di Sapore di sale.
L'intero Paese è rimasto senza forze per invocare Nuovo Cinema Paradiso, mentre
le Parole parole parole di Mina ritraggono, oggi e negli anni 70, la demagogia
vuota di una classe politica che esaspera i cittadini e i mercati con le sue
astuzie dell'ultimo minuto.
Moravia e Bertolucci si univano ne Il conformista, mentre Paolo Conte si
affannava a preparare il contrattacco musicale, sfociato in Un vecchio errore,
lo stesso che continua a commettere quest'Italia di vedettes intorno a politici
irrinunciabilmente edonisti.
Il grande silenzio, compose il maestro Ennio Morricone, prima che Mario Biondi
preferisse l'inglese per cantare I can't keep from crying sometimes.
Tutto è stato definito perfettamente dall'iconoclasta Lucio Dalla nel suo disco
(dal titolo significativo, Banana Republic, abbondando i visionari Scritti
corsari di Pasolini. L'Italia attuale affonda le proprie radici in quel corpo
ritrovato sulla spiaggia di Ostia, laggiù, verso il 1975"