venerdì 19 aprile 2013

L'Andalusia garantirà ai bambini poveri tre pasti al giorno nelle scuole. La destra protesta

La Junta de Andalucía garantirà ai bambini a rischio di esclusione sociale tre pasti al giorno. Lo farà attraverso le mense scolastiche, con un programma che intende ampliare le politiche già esistenti. Al momento circa 200mila bambini andalusi utilizzano le mense scolastiche per i loro pasti quotidiani, di questi 100mila accedono al servizio gratuitamente. L'idea è creare una rete che, dal lunedì al venerdì, negli orari scolastici, garantisca colazione, pranzo e merenda a tutti i bambini sull'orlo della povertà estrema, che sono una realtà non più circoscritta solo ai quartieri più depressi, ma riguarda 6 bambini su 100 nella regione. In Andalusia non ci sono mense scolastiche in tutte le scuole, ma sì ci sono praticamente in tutte le scuole nelle aree depresse.
La rete che si sta creando avrà una dotazione economica di 16 milioni di euro e coinvolgerà non solo le mense scolastiche, ma arriverà, attraverso le ONG, anche agli anziani.
Per accedere alle mense scolastiche le famiglie andaluse pagano un prezzo simbolico, per il quale ricevono una sovvenzione parziale o totale, in base al reddito. Nel 2008 i bambini che mangiavano gratuitamente nelle mense, a causa delle condizioni economiche delle famiglie, erano il 20%, oggi sono il 50%, di qui la necessità, secondo la Junta de Andalucía, di garantire loro almeno tre pasti quotidiani. Ma proprio questa misura dovrà spingere a rivedere gli orari scolastici e ampliare i servizi che offrono: in alcune scuole si entra alle 7 proprio per fare colazione, per arrivare alla merenda si dovranno garantire le attività extrascolastiche e i sindacati fanno presente che sarà necessario mantenere aperte le mense anche d'estate. L'attenzione per i pasti dei bambini più poveri obbliga insomma a rivedere orari e abitudini, ma al momento sembra godere dell'appoggio dei sindacati degli insegnanti, delle associazioni dei genitori e di buona parte delle ONG del Terzo Settore.
Chi non ci sta è il PP andaluso, che considera la misura demagogica e fa presente che la Junta ha ancora pesanti debiti con le imprese di catering che riforniscono le mense scolastiche.
Ieri ha fatto furore su Twitter il giornalista Ernesto Sáenz de Buruaga della cadena COPE, la radio dei Vescovi spagnoli: "Un'altra trovata dell'Andalusia. Tre pasti al giorno per i bambini per decreto. E perché no una bicicletta" ha scritto in un tweet, scatenando le reazioni indignate dei twiteros. "Vero, Ernesto, se vogliono mangiare, che vadano in miniera, nel XIX secolo sapevano come trattarli, quegli stronzi", "I suoi figli ovviamente hanno diritto a 3 pasti, sono i figli degli altri, che non ne hanno diritto!", "Ovvio, poi mi spiegherai anche che bisogno c'è che vadano a scuola", "Ha ragione il signore, dove mai c'è scritto che i poveri debbano mangiare, che spreco di risorse!" tra i vari tweets che ieri si sono fatti beffe, indignati, di Buruaga, costretto poi a scusarsi. Ma il suo tweet, che lui ha definito ironico, è anche il segno di un sentire conservatore, che non riesce a essere sensibile verso la sofferenza causata dalla crisi economica e che continua a pensare che se sei disoccupato, se stai perdendo la casa e sei ridotto in povertà è in fondo colpa tua.
Prendiamo gli sfratti. Il Governo popolare sta approvando una legge che non prevede la dación de pago, la fine del mutuo con la consegna della casa all'ente che ha prestato il denaro, e che non recepisce buona parte delle misure richieste dal Tribunale del Lussemburgo, secondo il quale la legge spagnola è troppo squilibrata in favore del creditore ed è abusiva nei confronti del creditore. Sensibile alle pressioni delle lobbies finnziarie, secondo le quali non ci saranno più prestiti se verrà varata la dación de pago il Governo non riesce a esserlo con le migliaia di famiglie che perdono la casa e il cui futuro è reso impossibile dal debito che dovranno continuare a pagare per tutta la vita, senza lavoro, senza casa, senza possibilità di pagare gli studi dei figli, perché ogni risorsa viene versata al debito contratto con gli istituti finanziari, per una casa che non solo non c'è più, ma perso il valore che aveva quando è stato contratto il mutuo.
E, come ciliegina sulla torta, la severissima (con gli altri) numero due del PP Dolores de Cospedal ha appena affermato che "i militanti del PP piuttosto tirano la cinghia, ma la rata del mutuo la pagano". E se nel tirare la cinghia rientrano una dieta meno equilibrata, la rinuncia agli studi dei figli e alle cure per la salute, cosa importa alla signora de Cospedal? Del resto è la stessa che ha denunciato gli escraches, gli assedi alle case dei deputati del PP che rifiutano una nuova legge sugli sfratti, paragonandoli al nazismo ("Cos'è segnalare la casa di una persona con cui non si è d'accordo e minacciarla, se non nazismo?") e suscitando un'ondata di proteste, anche in associazioni affini, che non l'hanno però spinta a rivedere le proprie parole. La numero 2 del PP che afferma che piuttosto si tira la cinghia, ma il mutuo si paga, il giornalista simpatizzante che considera una "trovata" (e in fondo uno spreco) la difesa dei tre pasti al giorno dei bambini più poveri, fanno pensare che al PP non faccia molto piacere che i poveri abbiano pasti regolari e abbiano diritto ad alimentarsi: il sospetto che serpeggia è legittimo.
Ed è anche in queste parole sfortunate, in questa incapacità di connettere con la disperazione di buona parte della popolazione, in questa difesa a oltranza dei privilegi di chi ha sbagliato a concedere i mutui, ha messo il sistema in bancario in ginocchio e non paga pegno, in questo sarcasmo verso chi cerca di difendere i diritti elementari in un sistema che sta franando, che si capisce come destra e sinistra non siano la stessa cosa.