sabato 12 ottobre 2013

Felipe e Letizia di Spagna presiedono la sfilata del Dia de la Hispanidad. Il limbo della Monarchia

La prima sfilata militare del Dia de la Hispanidad presieduta dal Principe Felipe, in assenza di re Juan Carlos, convalescente, e, per conseguenti ragioni protocollari, in assenza della regina Sofia e dell'Infanta Elena, ha segnato un prima e un dopo. La prova dell'imminente cambio di generazione alla guida dello Stato, per quanto il vecchio sovrano tenti di resistere ai guai di salute e di giustizia.
La Casa Reale e le istituzioni insistono sui dati della sfilata, per distrarre dalla crisi e dal vuoto di potere della Monarchia. E stata la sfilata più austera e più breve in questi anni di crisi. E' costata meno di un milione di euro, ha visto partecipare 2600 militari e una cinquantina di veicoli, ha ridotto ai minimi termini la presenza dei velivoli, rappresentati solo dalla pattuglia acrobatica, che è volata sul cielo di Madrid per lasciare la scia dei colori della bandiera nazionale. In poco meno di un'ora e mezza era tutto terminato.
L'austerità, si è detto. Ma anche la strana situazione della Famiglia Reale, costretta a un limbo di durata sconosciuta, a causa della salute del Re, un'indeterminatezza che si trasmette alle altre istituzioni e al Paese, per quanto in queste ultime settimane si stia cercando di potenziare l'immagine del Principe Felipe. Il fatto è che Felipe non ha alcun potere da Capo dello Stato. Per cui, oggi, alla sfilata, gli sono stati resi onori militari, ma non essendo il Re, sono stati minori: 25 secondi di inno nazionale, invece di 52, 19 spari di cannone invece di 21, 5 grida Viva la Spagna, invece di 7.
Faceva impressione vedere il Palco Reale, inquadrato pochissimo da TVE, non a caso, così vuoto: solo Felipe e Letizia, seri, attenti e solenni, per dimostrare che sono una coppia su cui contare. Dal 2007, l'ultimo anno in cui ha presieduto la sfilata al completo, incluso Jaime de Marichalar, a oggi, la Famiglia Reale è andata perdendo i pezzi, per divorzi, scandali e salute. La solitudine del Principe, verrebbe da pensare ancora una volta: senza più una famiglia ammirevole accanto, senza più la simpatia di un popolo impegnato a sopravvivere alla crisi economica, senza una donna vicino che sappia portare consensi e affetto. Certo, stavolta la Principessa è apparsa seria e non ha cercato di stupire con effetti speciali, indossando un sobrio vestito color vinaccia con rigorosa giacca rosa. Stavolta non ci sono stati fischi (il che fa pensare a quanto fossero studiati e fascisti i fischi negli anni di José Luis Rodriguez Zapatero) e c'è stato qualche timido applauso all'arrivo dei Principi. Ma a guardare la solitudine del Palco Reale, in cui mancava qualunque idea di futuro, magari con la presenza di Leonor, e in cui era chiarissimo il limbo in cui si trova la Monarchia, veniva da pensare che manca davvero l'atto di coraggio finale da parte di Juan Carlos.
Dopo le abdicazioni nel Benelux, a 45 anni Felipe è il principe ereditario più anziano d'Europa (Carlo d'Inghilterra gioca in un campionato a parte, ovviamente), precede di pochi mesi Frederick di Danimarca e di qualche anno Haakon di Norvegia e Victoria di Svezia. Appartiene a una generazione che sta prendendo il potere in tutta Europa e che in Spagna (ma non solo, vero Italia?) fatica ad affermarsi, data la tenacia con cui la precedente generazione, pur fallita, si attacca alle cariche conquistate. Rischia di diventare la più patetica, nel senso greco e non dispregiativo del termine, delle figure di questa nuova Spagna che non sboccia e si ostina a guardare al futuro con il metro del passato.
Terminata la sfilata, Felipe e Letizia si sono recati a Palazzo Reale, dove, raggiunti dalla regina Sofia e dall'Infanta Elena, hanno salutato i rappresentanti della vita politica, economica e culturale; un tempo a questo saluto assistevano anche i giornalisti, che potevano così raccogliere confidenze e pensieri di politici, managers e, persino, della Famiglia Reale. Da qualche tempo non è più così ed è anche questo segno di tempi non troppo felici.