Due notizie hanno sconvolto il mondo dell'informazione spagnola in questi giorni. El
Correo de Andalucia, uno dei quotidiani più antichi di Spagna, è stato venduto
per un euro a un gruppo le cui intenzioni non sono ancora chiare. La Comunitat
Valenciana chiuderà Canal 9, la tv pubblica valenciana, per eccesso di debiti
(con molto populismo il presidente della Comunitat Valenciana Alberto Fabra è
arrivato a dire che preferisce chiudere una tv che non può più funzionare
piuttosto che un ospedale).
I lavoratori di El Correo de Andalucia hanno proclamato uno sciopero di cinque
giorni, iniziato lunedì e interrotto solo oggi, con l'uscita in edicola di un'edizione
speciale, che racconta i 14 anni di storia e l'importanza del quotidiano per
Siviglia e per l'intera regione, con interventi di varie personalità della
politica e della cultura andaluse. I lavoratori di Canal 9 si sono impadroniti
delle strutture della televisione in cui lavorano e hanno rivoluzionato i
magazines e i notiziari, trasmettendo notizie e informazioni firmate e
approvate da tutta la redazione.
Il risultato è che oggi El Correo de Andalucia è andato esaurito in tutta la
regione in poche ore e che per trovarlo bisogna scarpinare per varie edicole.
Su Twitter la solidarietà alla testata
sivigliana, fondata nel 1898 da un arcivescovo di Siviglia e finita nelle mani di gruppi editoriali vicini al PSOE per volontà di quest'ultimo, è totale; da stamattina gli utenti pubblicano foto che testimoniano acquisti e affetto e che
incoraggiano i dipendenti alla lotta (l'hashtag è #correoenlucha). Ci sono anche blogs che ricordano che sì, tanta
solidarietà è bella, ma quando il futuro del Correo sarà più chiaro e tornerà
in edicola, sarà bene comprarlo, perché i retweets e le foto non danno una mano
a mangiare e a sopravvivere.
A Valencia, invece, il risultato è che Canal 9 ha triplicato i suoi ascolti e i
suoi telegiornali fanno concorrenza a quelli nazionali. Ieri lo share è stato
del 9,4%, il triplo della media generale. Il dibattito trasmesso in
prima serata, con i rappresentanti di tutti i partiti presenti in Parlamento,
ha raggiunto il 13,7%. In queste ore in cui sono diventati i diretti gestori della loro tv, giornalisti e presentatori stanno denunciando gli abusi e le
manipolazioni di cui sono stati vittime (e anche complici, si può dire) negli
anni dello splendore di Valencia. "Staremo qui il tempo che ci
lasceranno" hanno detto i presentatori dello speciale preparato ieri sera
e a cui sono state invitate personalità sparite da tempo dai piccoli schermi
della tv valenciana perché erano state allontanate dal PP. "Oggi possiamo
parlare, questo programma lo stiamo facendo noi lavoratori. Oggi abbiamo deciso
di essere i padroni di questa tv" hanno spiegato. E, garantitasi la
libertà, non hanno esitato a fare autocritica o a chiedere scusa per le volte
che hanno detto sì alla manipolazione informativa imposta dal potere politico.
Se Canal 9 chiuderà, così come è stato promesso, sarà la prima tv pubblica regionale spagnola a chiudere, una vera e propria parabola che indica quanto il potere politico sia deleterio per il buon funzionamento dell'informazione e della televisione e quanto sia doveroso difendersi dalle ingerenze politiche. Non è ancora chiaro quanto tempo ancora Canal 9 rimarrà nell'etere, pare che liberarsi di una tv indebitata non sia così facile (i debiti non scompaiono), ma i dipendenti e i giornalisti hanno deciso di usare questo tempo che rimane loro per una catarsi collettiva. Una catarsi che può servire alla Comunitat Valenciana per guardarsi allo specchio, per analizzare gli anni degli sprechi, degli eccessi, dell'ansia di visibilità (la visita del Papa, il Gran Premio di Formula 1, la Coppa America) e della conseguente corruzione, con indebitamenti ingestibili. Non è rimasto niente.
Se Canal 9 chiuderà, così come è stato promesso, sarà la prima tv pubblica regionale spagnola a chiudere, una vera e propria parabola che indica quanto il potere politico sia deleterio per il buon funzionamento dell'informazione e della televisione e quanto sia doveroso difendersi dalle ingerenze politiche. Non è ancora chiaro quanto tempo ancora Canal 9 rimarrà nell'etere, pare che liberarsi di una tv indebitata non sia così facile (i debiti non scompaiono), ma i dipendenti e i giornalisti hanno deciso di usare questo tempo che rimane loro per una catarsi collettiva. Una catarsi che può servire alla Comunitat Valenciana per guardarsi allo specchio, per analizzare gli anni degli sprechi, degli eccessi, dell'ansia di visibilità (la visita del Papa, il Gran Premio di Formula 1, la Coppa America) e della conseguente corruzione, con indebitamenti ingestibili. Non è rimasto niente.
Solo questa catarsi collettiva, a cui partecipa con vigore anche Twitter (l'hashtag è #rtvvnosecierra), quest'avviso a tutti i giornalisti di Spagna (ma
non solo Spagna, vero, Italia?) affinché non siano proni al potere, quest'idea che
la tv può e dev'essere qualcosa di diverso e di indipendente.
Siviglia e Valencia. Così distanti geograficamente, politicamente e culturalmente, eppure così simili, in fondo, con fallimenti editoriali causati dalle ingerenze politiche. Del PP a Valencia, del PSOE a Siviglia. Le reazioni dei lavoratori sono state simili, il risultato è stato eccellente. Fare giornalismo onesto, coerente, etico, si può. Rivendicare i doveri, le responsabilità, l'obiettività del mestiere più bello del mondo, proprio nel momento in cui vive le sue maggiori difficoltà, è un messaggio di speranza, oltre che di rabbia e di indignazione.
Forse è un buon momento per il giornalismo spagnolo, nonostante tutto.
Forse è un buon momento per il giornalismo spagnolo, nonostante tutto.