lunedì 10 febbraio 2014

Vivir es fácil con los ojos cerrados e Las brujas de Zugarramurdi trionfano ai noiosissimi Premi Goya

Cerimonia noiosa, noiosissima, con discorsi dei vincitori, lunghi, lunghissimi. Capiranno mai, nell'euforia del momento della vittoria, che possono ringraziare gli amici, mamma e papà, i fidanzati in privato e che i loro aneddoti del passato non interessano a nessuno?
Se non è stata la peggiore cerimonia dei Premi Goya che si sia mai vista negli ultimi anni, poco ci manca (e l'audience tv non l'ha premiata: è stata la meno vista degli ultimi anni). Un po' la colpa è del presentatore, Manel Fuentes, i cui sketch non erano divertenti, non facevano ridere e non si vedeva l'ora che finissero. Un po' era colpa dello scarso interesse suscitato dai film e della loro scarsa qualità: basti pensare che la 'lotta' era tra La gran familia española, non entusiasmante racconto di un matrimonio celebrato proprio il giorno in cui la Spagna è diventata campione dl mondo di calcio, e Vivir es fácil con los ojos cerrado, storia (vera) di un professore di inglese che lancia un'Accademia per insegnare la lingua attraverso le canzoni dei Beatles. 
E' finita che ha vinto Vivir es fácil con los ojos cerrados con 6 Goya, tra cui quelli al Miglior film, Miglior regista (David Trueba, all'undicesima candidatura), Miglior attrice rivelazione (Natalia de Molina) e Miglior attore protagonista (Javier Cámara, alla sesta candidatura); il maggior numero di statuette lo ha ottenuto Las brujas de Zugarramurdi, arrivata con 10 candidature soprattutto tecniche e andata via con 8 Goya, perché non ha avuto rivali nel settore tecnico (né il regista Alex de la Iglesia né i protagonisti del film erano tra i candidati); umiliata, più che sconfitta, La gran familia española, che ha ottenuto un solo Goya su 12 candidature.
Grande assente, il Ministro della Cultura José Ignacio Wert, che , vista l'aria che tirava, vista l'impopolarità di cui gode tra i cineasti e i rappresentanti della cultura, causa IVA al 21% e tagli al settore, che hanno praticamente decimato le produzioni cinematografiche e teatrali, ha preferito inventarsi un appuntamento a Londra, pur di non assistere alla Premiazione. E' la prima volta che non c'è stato un rappresentante del Governo alla celebrazione dei Goya e gli artisti non le hanno mandate a dire né a Wert né al Governo, celebrando il successo della marea blanca di Madrid, che ha evitato la privatizzazione di sei ospedali, esigendo una nuova politica per la cultura, affermando che nessuno mai potrà impedire a una donna di scegliere (se abortire o meno, sottinteso). 
Nei discorsi dei vincitori, lungaggini a parte, è venuto fuori un concetto fondamentale: non smettete mai di credere nel sogno, non fatevi rubare i vostri sogni,  non arrendetevi mai, perché quello che sognate può diventare realtà. Poi magari succede come a Marian Álvarez, vincitrice annunciata del Goya come Miglior attrice protagonista per La herida, che ha vinto anche la Concha de Plata al Festival di San Sebastián per lo stesso film, a settembre, ma da allora non ha ricevuto offerte di lavoro. 
A sorpresa, per sostenere il fratello Carlos, candidato come Miglior attore non protagonista e per la Miglior sceneggiatura adattata, e per sostenere il cinema spagnolo, è arrivato Javier Bardem, con la madre Pilar e senza Penélope Cruz; ha premiato Terele Pávez, Miglior attrice non protagonista per Las brujas de Zugarramurdi, ed è stato uno dei più politici a definire Wert il Ministro dell'antiCultura.
In Spagna hanno un po' la mania di scimmiottare gli Oscar, per cui gli invitati arrivano vestiti da grandi stilisti nazionali e internazionali e, durante la diretta degli arrivi, le attrici sembrano modelle che devono vendere il prodotto, raccontando che il vestito è del tale stilista, i gioielli sono della tale casa e persino le scarpe... Non c'è niente che sia semplicemente loro, comprato perché visto in una vetrina e basta. Ma anche dal tappeto rosso, niente di interessante o travolgente; c'è da segnalare solo l'incredibile successo del beige, champagne o come si voglia definire questo colore che ammazza le carnagioni e che hanno indossato un po' tutte le under 40. Poi è arrivata Ana Belén, con i suoi 60 anni incredibili, uno chignon che in Spagna chiamano italiano (in realtà è la classica banana) e un vestito semplicissimo nelle sue linee e ha battuto tutte. Con lei anche Aitana Sánchez Gijón, nei suoi splendidi 45 anni. 
Noiosissimo anche il red carpet, insomma. Basti pensare che uno dei momenti di maggiore euforia è stato l'arrivo in coppia di Hugo Silva e Michelle Jenner. E quando sono saliti insieme sul palco, a consegnare il primo Premio (e a sopportarsi l'interminabile discorso del vincitore Javier Pereira), nelle reti sociali è stata l'esplosione della nostalgia di Los hombres de Paco, la serie che li vedeva innamorati. Che bello se Hugo Silva e Michelle Jenner uscissero insieme! hanno commentato in tanti, dieci anni dopo Lucas e Sara. Se questo è stato il meglio dei Goya, potete immaginarvi il resto. 
Su revistavanityfair.es, una galleria fotografica con i vari look visti sul tappeto rosso, qui una foto pubblicata da Hugo Silva su Twitter: lui e Michelle, insieme, ancora una volta, dietro le quinte.