domenica 18 febbraio 2007

Una giornata a Cadice, la porta dell'Europa

Immaginatevi una baia magnifica, dal suo lato meridionale parte una striscia di terra a chiuderla, e poi, poco oltre la metà, si dilata in una piccola gemma. Lì i Fenici fondarono Gadir, diventata poi Cadice, la prima città d'Europa e uno dei gioielli d'Andalusia trascurati dal turismo. Ci sono due modi per arrivare a Cadice. Dalla terraferma, attraverso la moderna Avenida Juan Carlos I, fiancheggiata da modernissimi edifici, che di tanto in tanto lasciano intravedere, da un lato e dall'altro, l'Oceano Atlantico e la Bahia de Cadiz. Da El Puerto de Santa Maria, una graziosa cittadina sull'estuario del Guadalete, a bordo di un'imbarcazione che attraversa la Bahia e arriva al porto: imperdibile è il passaggio dalle acque tranquille del fiume a quelle tempestose dell'Oceano. Ricordo la sensazione di vertigine per le onde, la fuga e le risate dei passeggeri dalla prua invasa dalle alte onde dell'Oceano e il profilo di Cadice sempre più vicino. Una breve crociera di 40 minuti e il panorama di una delle baie più belle d'Europa, con le sue suggestioni e le sue storie: di lì sono passati i Fenici in cerca di terre oltre le Porte d'Ercole, i traffici d'ambra tra il Mediterraneo e il Mare del Nord, Roma e Cristoforo Colombo, pirati berberi e inglesi in attesa dei galeoni carichi dell'oro delle Americhe.
Cadice è la porta dell'Europa.
Eppure passeggiando all'ombra delle sue graziosissime callezuelas è semplicemente Andalusia. Forse perché è una città di mare, ama i colori, le sue case sono verdi, rosa, gialle, i toni sono lievi, per riflettere meglio la luce nelle giornate di sole atlantico. Dicono che alcuni suoi scorci ricordino L'Avana ed è per questo che vi girano molti film ambientati a Cuba. Gli stessi colori dolci di fronte al sole, la stessa luce tropicale, la stessa violenza azzurra dell'Oceano. Un Oceano che penetra anche nel cuore della città, nelle vie strette in cui non entra mai il sole, in cui uno teme di perdersi perché non sa mai dove finiscono e, all'improvviso, il profumo del mare, che da solo mette allegria, come se non bastassero la luce del sud, i balconi in ferro battuto, le eleganti verande di legno e un gruppo di andalusi seduti in un bar che si beve una cervecita spiluccando aceitunas y caracoles, olive e lumache, mentre da qualche parte, non troppo lontano, qualcuno sta ascoltando un flamenco.
Cadice è una città di musica. Basti pensare che si sente gaditano Alejandro Sanz, madrileno di nascita, con genitori di qui e un accento che più gaditano non si può. Andy & Lucas, duo di moda tra le adolescenti, cantano flamenquito e primi amori sulle spiagge della loro Cadice, a cui hanno dedicato la bellissima Un rinconcito del Sur (Un posticino del Sud). La Niña Pastori, la voce più bella del nuovo flamenco, le ha dedicato, Cai, scritta per lei da Alejandro Sanz. Cai è l'abbreviazione andalusa di Cadiz, il nome spagnolo della città (gli andalusi tendono a non pronunciare l'ultima consonante delle parole e la d intervocalica). Cai, por la madrugá, como huele a sal, mi Cai (Cadice, all'alba, come sa di sale, la mia Cadice). Le parole più belle e che meglio descrivono la città, la sua passione per la vita e il suo stretto rapporto col mare. Pasión Vega, un'altra splendida voce flamenca, nata a Madrid, cresciuta a Málaga e finita a Cadice, ha aperto ieri il Carnevale cittadino dicendo di aver scelto di vivere lì "perché così lo ha deciso il mare". C'è spiegazione più poetica?
Ma non cercate solo il flamenco o la quiete delle sue plazas, con le palme e i cuculi, o l'ombra delle vie che portano al mare. Siete nella città più liberale di Spagna, anche se adesso guidata dai conservatori, eccezione nella rossissima Andalusia. E' a Cadice, che non cadde nelle mani di Napoleone, che nel 1812 il Parlamento fedele al re promulgò la prima Costituzione d'Europa, ispirata ai principi di libertà, uguaglianza e sovranità popolare e presa poi a modello dal Risorgimento italiano. Lo ricorda una grandiosa colonna nell'elegante e un po' isolata plaza de España e, soprattutto, la chiesa di San Filippo Negri, nella cui bellissima sala ottagonale di impianto barocco si riunì il Parlamento ribelle per legiferare (nella chiesa c'è anche una splendida Immacolata di Murillo). Siete nella città che controllava i traffici con le Americhe e che su questo basò il suo splendore, perdendolo, come lo perse la Spagna che non seppe investire quelle enormi ricchezze, non appena cessò il loro flusso. La sua decadenza è nell'aria, dolce come il profumo delle bougainvillee di plaza Candelaria. Di quell'epoca dorata rimangono gli eleganti palazzi settecenteschi delle sue plazas; la Torre Tavira, da cui si gode una fantastica vista sui tetti piani della città e che è l'unica sopravvissuta delle 160 torri cittadine che nel XVIII secolo controllavano la Bahia; la grandiosa Cattedrale, che appare improvvisamente da un reticolo di viuzze a saliscendi piene di negozietti e di profumi di pasticceria; è imponente, immanente e affascinante. Dietro ci sono il teatro romano (hanno appena trovato anche tracce di un tempio fenicio) e l'Oceano.
Ecco, non lasciate Cadice senza prima aver fatto una passeggiata lungo i bastioni che la proteggono lungo tutto il perimetro. Dalla Cattedrale fino al porto. In mezzo i due forti di Santa Catalina e San Sebastián, quest'ultimo, proteso nel mare, è collegato alla città da una sottilissima striscia di terra che è la delizia dei fotografi: da lì si scattano le più belle foto dei tramonti gaditani e, nelle giornate d'ira dell'Oceano, delle più violente onde che si abbattono contro i bastioni. Poco oltre c'è la Caleta, la playa dei gaditani, una piccola insenatura chiusa d'inverno da decine di barche di pescatori, che danno al panorama un'atmosfera senza tempo.L'ultima volta che sono stata lì, poche settimane fa, mi Cai mi ha regalato uno dei più bei tramonti che abbia mai visto, lentissimo e rossissimo, con i gaditani affacciati sul lungomare a guardarlo come se fosse la prima volta. Cercate di non avere mai un autobus che vi aspetta all'ora del tramonto, a Cadice.