domenica 10 febbraio 2008

Il sogno dell'indigena messicana Eufrosina Cruz: votare e poter essere votata nello Stato di Oaxaca

Nel Messico ci sono 62 popoli e comunità indigene che parlano un'ottantina di lingue; sono circa 13 milioni di persone che costituiscono il 12% dei messicani, che spesso non parlano il castigliano e hanno dunque forti difficoltà di inserimento nella vita del Paese. Senza dimenticare che i popoli indigeni si concentrano soprattutto negli Stati di Oaxaca, Guerrero (Acapulco) e Chiapas, i più poveri e meno sviluppati del Messico. Questa storia arriva da uno di questi Stati, precisamente dal paesino di Santa Maria Quiegolani, a circa sei ore d'auto da Oaxaca per strade non asfaltate. Prima però bisogna aggiungere che il Messico riconosce ai popoli indigeni il diritto di governarsi secondo le proprie tradizioni e i propri costumi, sempre che questi rispettino la Costituzione della Repubblica. 
La 27enne Eufrosina Cruz Mendoza è una giovane donna che aspira a diventare sindaco di Quiegolani e sta lottando contra vientos y mareas per vedere riconosciuti i suoi diritti. La sua è soprattutto una questione di principio. Nei 520 municipi dello Stato di Oaxaca, infatti, 418, compreso il suo, si reggono su una tradizione antichissima, che esclude dalla vita pubblica le donne e gli anziani che abbiano più di 60 anni. Le donne non votano né possono essere votate perché non lavorano, gli anziani idem. Lo scorso novembre Eufrosina ha deciso di andare contro questa tradizione e di presentarsi candidata alle elezioni locali. Si è trovata contro la lobby maschile e machista, che ha annullato tutti i voti in suo favore e si è comportata come se lei non si fosse mai presentata; le elezioni sono state vinte da Eloy Mendoza, che è uomo e ha ovviamente meno di 60 anni. La donna però non si è arresa. E ha fondato il Movimiento Quiegolani por la Equidad de Género, che sta conquistando simpatie in tutto lo Stato di Oaxaca e rischia di tracimare verso gli Stati vicini. 
A Eufrosina e alle donne che la sua causa sta sensibilizzando non va giù l'idea che vengano escluse dalla società perché non producono. "Che un uomo faccia una tortilla di mais, poi vediamo se dice che non è un lavoro!" esclama. E vediamo allora come si produce una tortilla di mais e la vita che aspetta una donna delle comunità indigene dello Stato di Oaxaca: "Si alzano alle tre di mattina per andare in campagna a cercare la legna, quindi pestano il mais, preparano le tortillas, curano i figli e puliscono la casa. Ogni giorno così. Vedo la tristezza e l'ingiustizia nei loro volti e vedo le loro mani indurite" dice Eufrosina.
Una delle accuse che le hanno mosso per impedirle l'elezione è che non lavora a Quiegolani (insegna in una scuola di un paesino dei dintorni). Lei infatti non voleva il tipo di vita che, in quanto donna, le sarebbe spettato. A 11 anni, grazie a una borsa di studio, ha potuto lasciare il suo villaggio e andare a studiare in città: "Sono arrivata in posti sconosciuti, ho preso per la prima votla l'autobus, ho ascoltato per la prima volta parlare spagnolo" racconta adesso ai giornalisti che salgono sulla sierra per ascoltare la sua storia. Tornata a casa dopo gli studi e i contatti con altre realtà, ha visto come nel suo villaggio niente fosse cambiato e ha deciso di candidarsi. "Mi sono resa conto che noi donne siamo come una parete bianca. Nessuno rischia per noi, a cominicare dai mariti. Siamo una parete bianca su cui nessuno osa scrivere. Io ci ho provato e sto affrontando una serie immensa di ostacoli che non so come vincere" dice a El Pais. Però forse qualcosa si muove in favore delle donne indigene, grazie anche alla ripercussione mediatica che la vicenda di Eufrosina sta avendo in tutto il Messico.
A gennaio il governatore di Oaxaca Ulises Ruiz ha visitato Quiegolani e, scoperta la vicenda della giovane donna, ha invitato le autorità locali a dare più spazio alle donne nella vita pubblica; in questo senso è stata appena presentata una legge al Congresso dello Stato. "Le tradizioni e gli usi delle nostre comunità non possono andare contro la Costituzione" dice Eufrosina. Ma le fa eco il nuovo alcalde, il sindaco eletto contro di lei: "Sono molto d'accordo con la partecipazione delle donne nelle questioni politiche" dice "il cambio è un processo graduale che sarà stabilito dall'assemblea del popolo". La cosa suona molto bene, ma peccato che le donne non abbiano accesso, sempre per le tradizioni millenarie, a quest'assemblea. E ovviamente il sindaco lo sa. 
La ferocia con cui gli uomini delle comunità indigene impediscono alle donne l'accesso alla politica è un fenomeno noto. "Ci sono costumi che devono cambiare, così come alcune leggi" spiega Katya Salazar, da tre anni impegnata in Messico come direttrice dei progammi della statunitense Fundación para el Debido Proceso Legal "in America Latina la giustizia formale, i poteri giudiziali non arrivano dappertutto. Né arriveranno, ma non per malafede, semplicemente perché il potere giudiziale non ha capacità sufficienti. Cosa succede quando si commette un reato? sono i meccanismi spontanei delle comunità che risolvono il conflitto. Quello che dice l'autorità locale ha più peso di quello che dice un Juan Pérez che arriva dalla capitale, a otto ore di viaggio". 
Riporta El Pais che l'antropologa Margarita Dalton ha registrato oltre 30 casi di donne candidate a incarichi di potere che hanno incontrato ostacoli o minacce di morte nei municipi governati dalla tradizione. "Tomasa de León, sindaco di Yolomecatl, nell'interno dello Stato di Oaxaca, è stata costretta a rinunciare dalla pressione degli uomini. Sulla costa di Oaxaca, Lupita Ávila Salina, del Partido de la Revolución Democrática (PRD), aveva promesso durante la campagna trasparenza sull'uso dei fondi da parte del sindaco uscente, del PRI. Dopo aver vinto le elezioni è stata uccisa dal suo predecessore, ancora in libertà."