domenica 10 febbraio 2008

Quello che resta del Muro di Berlino: una doppia fila di sanpietrini

Il primo incontro con il Muro è stato in Potsdamer Platz, un inno all'architettura moderna, con citazioni continue di altri tempi, altri luoghi e altri stili.
A un certo punto quest'immensa piazza è attraversata da una doppia fila di sanpietrini, che spezzano l'unità dell'asfalto e segnano l'antico tracciato del Muro, a perenne memoria. Un centinaio di metri più avanti, in Leipziger Platz, c'è un'altra doppia fila di sanpietrini e una piccola targa di bronzo incastonata nel marciapiede, Berliner Mauer, 1961-1989. Chi scavalcava il Muro aveva un centinaio di metri di terra di nessuno da attraversare prima della salvezza ed era facile obiettivo delle guardie di frontiera, che avevano l'ordine di sparare. Lo sguardo va dalla Leipziger Platz ai grattacieli della Potsdamer Platz... non si può non sentire ammirazione per chi ci ha provato e compassione per la sua infinita disperazione.
In Potsdamer Platz, accanto a uno dei pochi frammenti di Muro lasciati in piedi, due giovani, vestiti con la divisa delle guardie di frontiera della Germania Orientale, si lasciano fotografare dai turisti per 1 euro e offrono i visti che sotto il comunismo permettevano di passare in Occidente. Uno di loro ha in mano la bandiera rossa dell'Unione Sovietica, l'altro vende i visti per l'Occidente in inglese, tedesco, francese, spagnolo e un apprezzabile italiano. Si fermano a guardarli in tanti, giapponesi e spagnoli, americani e slavi. Gli asiatici preferiscono immortalarsi davanti al Muro, mentre gli europei leggono i grandi cartelloni che, in inglese e in tedesco, ne raccontano la storia. Ci sono anche le fotografie di com'era Potsdamer Platz, prima, durante e dopo il Muro. Si alza lo sguardo verso il grande complesso costruito con il coordinamento di Renzo Piano e non si può fare a meno di ammirare la Germania. Un Paese che non ha mai vinto una guerra, ma che è sempre risorto. L'Araba Fenice esiste ed è nel cuore dell'Europa.
La doppia fila di sanpietrini lascia la Potsdamer Platz e si infila nella Stresemannstrasse, poi devia in Niederkirchenstrasse, dove segue il marciapiede destro fino a quando non riappare di nuovo un frammento di cemento del Muro.
Il cielo sopra Berlino è plumbeo, come quasi tutti i giorni. Le case intorno sono grigie, ci sono anche la facciata severa di un edificio che ospita un Ministero e la Topografia del Terrore, ricreata sull'antica sede della Gestapo. L'atmosfera non è insomma delle più felici e questo lungo pezzo di Muro, grigio, rende questa Berlino ancora più opprimente e tetra. Sarà per questo che poco più avanti, in Wilhelmstrasse, si guarda con sollievo a uno dei primi interventi di Aldo Rossi, un edificio in mattoni rossi, caratterizzato da una grande colonna angolare bianca. E' una macchia di colore che però sa di Berlino. Perché, nonostante il cielo e la severità nordica di tanta architettura, questa è una città colorata.
Il Muro intanto continua, con la doppia fila di sanpietrini. Si arriva così al Checkpoint Charlie, preceduto da turchi ed orientali di sconosciuta nazionalità che vendono colbacchi, cappelli con la stella rossa e bandiere dell'Unione Sovietica o della DDR. Davanti a uno dei posti più drammatici della Guerra Fredda vengono in mente Francesco Guccini e Venezia, che "la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi la vende ai turisti".
Berlino è una città in vendita? E' una domanda ricorrente. Perché Berlino è decisamente affascinante e ha un'identità inconfondibile, tra la severità prussiana delle architetture ufficiali e la dolcezza delle residenze ottocentesche, tra la grandiosità barocca della sua cattedrale e la poesia del vetro sulle rive della Sprea. I turisti non se ne sono impadroniti e l'anima continua intatta. Però.
I souvenir della DDR spuntano un po' dappertutto, come se fossimo immersi in un Good-bye Lenin artificioso e senza malinconie, da vendere, per l'appunto, ai turisti. Si ritrovano soprattutto nei luoghi della Guerra Fredda: Alexanderplatz, Potsdamerplatz, Checkpoint Charlie, Porta di Brandeburgo, ma anche nell'Isola dei Musei o in Kurfürstendamm. Sono souvenir che non parlano della Germania, venduti da stranieri e magari fatti in serie in Cina. Lasciano la stessa freddezza delle maschere del Carnevale vendute dai magrebini sul Ponte di Rialto.
In Friedrichstrasse, la via più lunga di Berlino, il muro scompare: siamo nel settore orientale della città, a cui i cantieri degli ultimi vent'anni hanno dato un'impronta chiaramente occidentale e consumista. I palazzi antichi, appena restaurati, si alternano alle nuove architetture; la convivenza è quasi sempre armonica, non ci sono offese allo sguardo: i moderni edifici citano continuamente l'antica Berlino, nei materiali, nella composizione delle facciate, nei colori. All'interno ci sono molti centri commerciali. Berlino è piena di centri commerciali: i berlinesi devono essere ossessionati dagli acquisti se, oltre a tutti i negozi che si vedono per le strade, hanno bisogno di una così vasta concentrazione di centri commerciali. Solo Unter den Linden sembra salvarsi dalla tendenza.
Quando si arriva sotto la Porta di Brandeburgo si ritrova il Muro, sparito al Checkpoint Charlie. E si ritrova la Berlino venduta ai turisti. Un giovane dallo sguardo latino e con la divisa da tedesco orientale sta spiegando a due turiste americane dai dolci lineamenti asiatici come funzionano i visti. Ne stampa uno e dice in un inglese di facile comprensione che "questi visti al museo costano 5 euro, ma qui, solo per voi, ve li dò in cambio di un bacio". Le ragazze scoppiano in una fragorosa risata e scuotono la testa inoltrandosi verso Unter den Linden, lui sorride stringendosi nelle spalle e cercando con lo sguardo altri turisti. Superando la Porta, sulla sinistra si rivedono i grattacieli di Potsdamer Platz e la doppia fila di sanpietrini che riprende la sua corsa.