sabato 21 marzo 2009

Il Perù e il Cile si rivolgono al Tribunale de L'Aja per la contesa sulle acque territoriale

Tutta colpa delle guerre del XIX secolo, che privarono la Bolivia dello sbocco sul mare (ma Evo Morales e Michelle Bachelet stanno lavorando a un possibile accordo) e il Perù di parte del proprio territorio e del proprio mare, finiti al Cile vincitore. Da allora i rapporti tra Cile e Perù, mai troppo idilliaci, sono stati condizionati dalla contesa di circa 65mila kmq di mare. Per Santiago la questione è stata risolta con gli accordi raggiunti negli anni '50, con il parallelo che stabilisce i limiti marini di entrambi i Paesi; Lima sostiene che quegli accordi furono firmati per risolvere le questioni economiche, in particolar modo quelle legate alla pesca. Per il Cile il problema non esiste più, per il Perù il confine delle acque territoriali dovrebbe essere una linea equidistante dalle coste dei due Paesi. La differenza sono circa 35mila kmq, di acque ricche di pesci e per questo contese; come si vede nell'immagine, appartenente a peru.com, gli attuali limiti marini favoriscono evidentemente il Cile, che, per la conformazione geografica rispetto al parallelo, si trova a controllare le acque a ridosso delle coste peruviane.
Siccome le diplomazie dei due Paesi non si sono messe d'accordo, l'anno scorso il Perù ha deciso di portare il caso di fronte al Tribunale de L'Aja. Aveva tempo fino a venerdì per presentare il proprio memorandum alla Corte di Giustizia: lo ha fatto giovedì. E all'annuncio la tensione tra i due Paesi è inevitabilmente salita, anche se sia Alan Garcia che Michelle Bachelet invitano alla calma e alla serenità e a non cadere nelle inevitabili provocazioni. Il Ministro degli Esteri cileno Mariano Fernandez ha tranquillizzato i compatrioti affermando che il Paese può "impugnare il processo a L'Aja in qualunque momento", l'ambasciatore peruviano alla Corte de L'Aja Allan Wagner ha ricordato che "le sentenze del Tribunale sono obbligatorie e definitive". Alan Garcia assicura che il suo Paese vincerà la causa, Michelle Bachelet, appena tornata da un viaggio ufficiale in India, si è chiusa nella sua residenza di Santiago con il ministro Fernandez per analizzare il memorandum peruviano: il Cile ha 90 giorni di tempo per presentare il proprio contro-memorandum. Al termine dell'incontro Fernandez si è dichiarato "molto tranquillo circa le ragioni del Cile nella causa".
Il Ministro degli Esteri peruviano José Antonio Garcia Belaundes difende la decisione del suo Paese di ricorrere alla Corte di Giustizia de L'Aja perché, sostiene, dimostra "il carattere pacifico dei peruviani: al sostenere un'opzione giuridica, stanno facendo una scelta di pace, di intesa, di cercare di risolvere i problemi attraverso le vie che devono essere scelte". Dal Cile il Ministro della Difesa locale Francisco Vidal gli ha risposto indirettamente, assicurando che le Forze Armate cilene "sono la miglior garanzia di pace".
In questa lite tra gli eterni duellanti del Pacifico sudamericano, c'è la Bolivia, che teme di veder danneggiati i propri negoziati con il Cile, per ottenere lo sbocco sul mare perso nella Guerra del Pacifico. Ma sia da Lima che da Santiago sono arrivati messaggi rassicuranti: il Paese andino non verrà coinvolto nella disputa in alcun modo e le sue ambizioni sul mare proseguiranno il proprio cammino nel dialogo in corso con il Cile.
Il Tribunale de L'Aja potrebbe impiegare vari anni prima di emettere la propria sentenza.