domenica 5 aprile 2009

L'Uruguay non è più un paradiso fiscale

L'Uruguay era l'unico Paese sudamericano nella lista dei paradisi fiscali diffusa dall'OCSE dopo il Vertice dei G-20, che ha dichiarato guerra ai Paesi che non rispettano gli standards internazionali di trasparenza e scambio di informazione fiscale. E per di più figurava nella lista "peggiore", quella nera, dei Paesi che non accettano gli standards internazionali (c'è poi una lista grigio chiara di Paesi che hanno accettato le regole ma tardano ad applicarle). Per Montevideo è stato un duro colpo, anche se non totalmente inaspettato, dato che i contatti tra le autorità del Paese e i funzionari dell'OCSE, durante la preparazione della lista, sono stati continui. Lo stesso presidente Tabaré Vazquez, facendo riferimento al segreto bancario, ha detto recentemente che le cose non sarebbero cambiate: "Durante il mio governo il segreto bancario non sarà toccato, bisogna essere molto prudenti su questo argomento, perché può avere un impatto negativo puntuale" ha detto a Santiago del Cile durante il Vertice dei leaders Progressisti. Ma, dichiarazioni a parte, essere considerati un paradiso fiscale può danneggiare seriamente gli investimenti stranieri, dato che le società sarebbero oggetto di sanzioni nei Paesi di origine. Un esempio l'Uruguay lo ha avuto quando, secondo quanto ricorda El Pais di Montevideo, la Portucel ha chiesto la firma di un trattato con il Portogallo per evitare il doppio tributo che avrebbe dovuto pagare nel Paese di origine all'investire in un Paese che non collabora con l'OCSE su trasparenza e informazione fiscale.
Per questo il governo ha lavorato alacremente per raggiungere un accordo con l'OCSE. Giri di telefonate, contatti, dichiarazioni alla stampa sorprese, ma prudenti e la chiara e netta sensazione che l'Uruguay non aveva alcuna intenzione di rimanere nella lista e avrebbe fatto di tutto per uscirne. All'Uruguay l'OCSE chiedeva una dichiarazione simile a quella presentata dal Principato di Monaco, con cui si annunciano cambi nella legislazione e nei procedimenti bancari, in modo da dimostrare la volontà di trasparenza e collaborazione. Così è stata annunciata l'accelerazione della firma degli accordi per evitare il doppio tributo con l'India, la Cina, il Messico, il Cile, la Spagna e il Portogallo, quello con la Germania è stato appena rinegoziato e sarà approvato in breve dal Parlamento. L'accordo non verrà invece cercato con i Paesi del Mercosur: l'Argentina lamenta da tempo l'impossibilità di ricevere informazione fiscale dall'Uruguay, ma secondo il Ministro dell'Economia uruguagio Álvaro García, "ci sono altre priorità come il consolidamento dello stesso processo di integrazione regionale come mercato comune e il consolidamento di un sistema adeguato per la soluzione di controversie che protegga davvero i Paesi piccoli". Se con il Mercosur l'Uruguay ha vecchi conti da regolare, con l'OCSE il discorso cambia: "L'Uruguay è un Paese piccolo, non può permettersi di stare nella lista dei Paesi che non collaborano, date le sanzioni per le imprese straniere che vogliono installarsi nel Paese, queste cose distruggono il lavoro che facciamo per promuovere l'investimento straniero". E infatti non appena Montevideo ha annunciato le nuove misure, che implicano la flessibilizzazione dl segreto bancario e tributario, è arrivato il placet dell'OCSE. L'Uruguay non è più un paradiso fiscale.