lunedì 26 ottobre 2009

Fallisce il referendum, l'Uruguay mantiene la Legge di Amnistia per gli anni della dittatura

Una grande giornata di partecipazione popolare alle elezioni, ma con risultati sorprendenti, ieri nell'Uruguay. Non solo José Mújica, candidato del Frente Amplio, il partito al governo con l'uomo politico più popolare del Paese, Tabaré Vazquez, non ha ottenuto la maggioranza assoluta ed è costretto al ballottaggio con il candidato del Partido Nacional Heny Lacalle, ma il referendum per l'abrogazione delle Leggi di Impunità, che hanno protetto dai processi i repressori della dittatura militare, è stato vinto dal no.
Mújica ha ottenuto il 47-48% dei voti, Lacalle il 29-30%: il 27 novembre gli uruguayani torneranno alle urne per scegliere chi tra loro due sarà il nuovo presidente e per decidere la composizione definitiva del Parlamento. Gli stati d'animo dei due candidati e dei loro partiti sono ovviamente diversi. Per il Frente Amplio si è verificata l'ipotesi peggiore dei sondaggi, che gli assegnavano la vittoria, ma lasciavano il dubbio sulla maggioranza assoluta; per il Partido Nacional le cose sono ovviamente andate molto meglio: i sondaggi gli assegnavano circa il 30% dei voti e ha raggiunto quella percentuale, assicurandosi, per di più, il secondo turno. Come scrive il quotidiano uruguyano El Pais, "il ticket del Frente Amplio (José Mújica e Danilo Astori, considerato il delfino di Tabaré Vazquez NdRSO) ha cercato di dissimulare il colpo che è stato non vincere al primo turno e propone che il ballottaggio sia un plebiscito tra l'attuale gestione del governo e quelle realizzate dai partiti nazionali".
Ma più che il secondo turno delle elezioni presidenziali colpisce la mancata maggioranza del referendum per l'abrogazione della Ley de Caducidad, una legge di amnistia approvata nel 1986 e che già nel 1989 un referendum aveva tentato inutilmente di abrogare. Nel tempo si era detto che quel referendum era stato realizzato tra minacce militari e timori di rotture istituzionali, per cui gli elettori, per le immaginabili pressioni sulla stabilità del Paese, preferirono non abrogarla. 20 anni dopo, però, il risultato non è cambiato: di nuovo gli uruguayani preferiscono mantenerla vigente. Il silenzio sul passato e l'impunità sono meglio della giustizia e della verità per chi è morto e per chi rimane? Quando un popolo compie liberamente le proprie scelte ha tutto il diritto di essere rispettato, ma rimangono in mente le parole di Maria Botto, protagonista di un piccolo grande film ispano-argentino-uruguayano, Paisito (così gli uruguayani chiamano il loro piccolo Paese, Paesino), costretta all'esilio dalla dittatura argentina (suo padre è stato vittima dei militari e risulta ancora oggi desaparecido). "Non si può pensare al futuro se non abbiamo chiaro cosa è stato il passato e se non c'è stata giustizia, se non è chiaro chi è stato vittima e chi aguzzino" ha detto a chi le chiedeva un'opinione sulla Legge della Memoria Storica voluta a José Luis Rodriguez Zapatero per fare luce sui crimini del franchismo e avversata da chi ritiene che il passato e le sue ferite non vadano rimossi per garantire la pace conquistata.
E tra tutte le parole che raccontano le elezioni uruguayane, mi piace questo affresco di Montevideo, pubblicato da Clarin, che parla dell'alto livello di rispetto e tolleranza democratica raggiunta dagli uruguayani. "In una giornata di clima primaverile, la gente è scesa in strada fedele alle sue abitudini, con il suo immancabile mate e con il istintivo del proprio partito. Anche la maggior parte delle auto che circolavano ieri nella capitale era identificata dalle bandiere. Non per essere ripetute e abituali si devono trascurare le scene di vicini di diverso colore politico che conversavano e si scambiavano idee con assoluta tranquillità o salutandosi, con sorrisi, da auto ad auto. La felicità di poter scegliere, per la sesta volta consecutiva dalla fine della dittatura, si manifestava nel volto dei montevideani".