giovedì 8 aprile 2010

Gürtel: la più grande rete di corruzione della democrazia spagnola

La più grande rete di corruzione della democrazia. Così, senza troppi giri di parole, El Mundo ha definito ieri la trama Gürtel, dopo che è stato tolto il segreto istruttorio e le oltre 50mila pagine di indagini sono state rese pubbliche.
Di questo caso di corruzione, che è arrivato a sfiorare i vertici del Partido Popular si era già parlato in passato su Rotta a Sud Ovest. Adesso che le indagini sono arrivate a termine, si scoprono i dati più imbarazzanti per il PP. Quelli che non fanno rischiare il posto a Mariano Rajoy, ma che esigono da lui una posizione chiara e netta contro i corrotti, pena l'identificazione del PP come il nuovo partito della corruzione, immagine poco invidiabile che fino a ieri era stata del PSOE.
Alla testa della trama Gürtel, probabilmente lo ricordate, c'è l'imprenditore Francisco Correa (Gürtel è la traduzione in tedesco del cognome di Correa, che significa cintura), che negli anni 90 ha sviluppato un sistema di corruzione per ottenere dal PP l'organizzazione di eventi, sia a livello locale, nelle Comunidades di Madrid e di Valencia, in cui era ed è al governo, sia a livello nazionale, essendo all'epoca alla Moncloa con José Maria Aznar.
Secondo le accuse degli inquirenti, sul libro paga di Correa c'erano nomi di spicco del partito, il più importante dei quali è l'ex tesoriere e senatore Luis Bárcenas, che avrebbe ricevuto dall'imprenditore 1,3 milioni di euro in commissioni illegali per aiutare a far avere a Correa i contratti che lo interessavano. Grazie a queste commissioni Bárcenas ha potuto comprare una casa da un milione di euro senza richiedere alcun mutuo, ha cancellato i mutui che aveva, ha comprato vari locali commerciali e nel 2003 ha versato 330mila euro in biglietti da 500 euro al Banco Popular.
I contatti con i vertici del Partido Popular hanno permesso a Correa di ottenere dal governo della Comunidad de Madrid contratti per un valore superiore ai 3,1 milioni di euro. E non era solo Correa a beneficiarsi dei rapporti con il PP: aveva organizzato un sistema per cui le imprese che volevano aggiudicarsi un contratto versavano una commissione alla sua trama e lo ottenevano. Un esempio è il contratto da 48 milioni di euro per 10 anni per la pulizia di Mortalaz, nel 2002; lo ha ottenuto l'impresa Sufi SA, grazie a una commissione del 3% pagata a Correa.
La rete si muoveva abilmente anche a Valencia, dove Correa poteva contare sull'amicizia personale di Francisco Camps, il presidente della Comunitat, sotto accusa da mesi per questi rapporti pericolosi. Camps ha sempre potuto contare sulla solidarietà di Mariano Rajoy e dei vertici di Madrid, probabilmente preoccupati dalle conseguenze di una sua caduta, essendo uno degli uomini più potenti del PP, grazie al serbatoio di voti che Valencia rappresenta per il partito, con Madrid e la Galizia. L'impresa di riferimento di Correa a Valencia è la Orange Market, controllata dal suo braccio destro, Álvaro Pérez; secondo le indagini l'impresa aveva una doppia contabilità, in quella illegale risultano pagamenti in nero per 6 milioni di euro; grazie a questi Orange Market ha ottenuto 40 contratti dalla Comunitat Valenciana. La rete era estesa anche in Galizia, dove il punto di riferimento era il segretario e attuale imputato Pablo Crespo.
Ma non è solo la rete di corruzione nel PP. Correa aveva ramificazioni anche in altri Paesi come il Regno Unito, l'Olanda, la Svizzera, la Colombia o Panama, in ognuno dei quali c'erano società di riferimento identificate dalle indagini. Queste ramificazioni hanno permesso il trasferimento di ingenti fondi nei paradisi fiscali. Secondo un rapporto dell'Agenzia Tributaria, inserito nelle indagini, lo stesso Luis Bárcenas, che continua ad essere senatore del PP e per la difesa del quale si sta scatenando una sorta di guerra nel partito, si sarebbe giovato di questo sistema per nascondere all'estero parte dei beni ottenuti illegalmente. Negli anni la rete di Correa è diventata più sofisticata per cui, se fino al 1999 venivano registrati nomi e cognomi di chi riceveva contributi e commissioni, dal 1999 in poi, si sono registrate solo le iniziali e i versamenti sono stati effettuati quasi sempre a società in paradisi fiscali.
La pubblicazione delle 50mila pagine di indagini è stata per il PP una vera e propria bomba, che si aggiunge a quella scoppiata nelle Baleari, dove l'ex ministro di José Maria Aznar ed ex presidente dell'arcipelago Jaume Matas ha pagato 3 milioni di euro di cauzione per non finire in galera, anche lui accusato di corruzione. Arricchimento illecito, reati fiscali e malversazione sono in realtà le accuse che hanno travolto Matas e sua moglie Maite Areal, sposatisi giovanissimi, storditi entrambi dalle opportunità del potere e infine annientati dalla passione sfrenata per il lusso. El Pais racconta che lo stile di vita di lusso ostentato dei Matas era molto criticato a Palama di Maiorca, dove è anche leggendaria la disinvoltura della señora de Matas nell'uso delle monete da 500 euro. Fatto sta che Matas, che ha ospitato più volte in barca alle Baleari sia gli Aznar che i Rajoy in vacanza, rischia adesso vari anni di carcere per corruzione e ha messo il suo partito in forti difficoltà di immagine.
E' che proprio nel momento in cui il PSOE è più debole a causa della crisi economica, il PP si trova travolto da questi scandali di corruzione provenienti dal passato, che gettano un'ombra sugli uomini dell'epoca dorata di José Maria Aznar e che rischiano di travolgere l'immagine del partito se i vertici non reagiscono con fermezza. Mariano Rajoy ha già preso le distanze da Jaume Matas: "Che provi la sua innocenza, se è in grado di farlo" ha detto gelidamente. Non è così deciso nel caso del senatore ed ex tesoriere Bárcenas, che avrebbe ricevuto 1,3 milioni di euro in commissioni illegali e avrebbe perciò cambiato il proprio stile di vita. Sembra che parte del partito vorrebbe una difesa più decisa del senatore, mentre un'altra preferirebbe lasciarlo al suo destino, non essendoci prove che queste corruzioni di singoli siano servite a finanziare illegalmente il PP. Mariano Rajoy si trova in mezzo, sta sopportando pure la pressione di un PSOE che si sente ringalluzzito degli scandali dei popolari e a cui non sembra vero di non dover parlare della crisi economica che danneggia la sua popolarità. La vicepresidente di Zapatero Maria Teresa Fernandez de la Vega sta chiedendo un giorno sì e l'altro pure un intervento di Rajoy, che spieghi agli spagnoli la posizione del PP davanti alla corruzione di parte dei propri vertici. Oggi c'è stato l'intervento stizzito della portavoce del PP al Congreso Soraya Sáenz de Santamaría: "Siamo i primi interessati a non avere nelle nostre file casi di questo tipo; ma il PP agirà quando avremo fatti concreti su cui agire, così come è successo nel passato".
Mentre i magistrati continuano il loro lavoro, i quotidiani di tutte le idee politiche continuano a spulciare nei quasi 300 volumi delle indagini alla ricerca di notizie, aneddoti e informazioni sulla "rete di corruzione più estesa della democrazia". Lo fanno i progressisti El Pais e Público, ma anche, e forse soprattutto, i conservatori El Mundo, ABC e La Razón. Ah, a nessuno di loro è passato per la testa definire "comunisti" i magistrati che indagano e che, in fondo, fanno il loro lavoro (la corruzione non è mica colpa dei giudici, ma di chi corrompe e si fa corrompere. Almeno in Spagna).