domenica 17 ottobre 2010

Arnaldo Otegi: la via pacifica per l'indipendenza basca è scelta irreversibile

Sarà un'intervista storica, questa che Arnaldo Otegi, storico leader di Batasuna, il partito illegalizzato e braccio destro dell'ETA, ha concesso oggi a El Pais? Rispondendo dal carcere, il politico basco, che fu uno dei sostenitori dell'ultima tregua dell'ETA e del negoziato con lo Stato spagnolo, ribadisce la scelta irreversibile della sinistra abertzale, la sinistra politica che fiancheggia l'organizzazione terrorista, per la via pacifica e democratica per la soluzione del conflitto basco. José Luis Rodriguez Zapatero, l'interlocutore naturale di Otegi, ha già fatto sapere che le parole di Otegi sono ancora insufficienti, proprio perché parole e non fatti. Madrid riprenderà il dialogo solo quando l'ETA abbandonerà definitivamente le armi e la violenza, Otegi non può ancora garantirlo. Dalle sue parole appare sempre più profonda la rottura tra l'ETA e il suo braccio politico, anche a causa delle scelte della base della sinistra abertzale, stanca di guerra e desiderosa di pace. Si dice che i baschi si stiano ispirando ai catalani, che senza alcun conflitto armato sono riusciti a ottenere da Madrid autonomie che in Euskadi sono ancora inimmaginabili e che per questo la base sociale dell'ETA stia propendendo per il negoziato, lasciando sempre più isolati i dirigenti radicali. Dovrebbe lo Stato spagnolo porgere la mano al braccio politico che chiede la via democratica o fa bene a temere che sia l'eterno gioco delle parti tra l'ETA e Batasuna? I prossimi movimenti e i prossimi anni ce lo diranno. Per cercare di capire le direzioni che il conflitto basco sta prendendo, ecco in italiano parte della lunghissima intervista di El Pais a Otegi. L'intervista integrale, e in spagnolo, potete leggerla qui

- Parla a nome suo o come dirigente della cosiddetta sinistra abertzale?
Rispondo alle sue domande da un carcere spagnolo, come membro della direzione della sinistra abertzale e, pertanto, le comunico la mia posizione all'interno e in consonanza con le conclusioni del nostro dibattito interno e degli impegni assunti tanto davanti alla comunità internazionale quanto davanti a diversi agenti politici, sociali e sindacali di Euskal Herria.
- Perché ha sempre giustificato la violenza terrorista dell'ETA?
La mia posizione e quella dell'insieme della sinistra abertzale è stata la conseguenza logica dell'aver capito che l'esistenza e persistenza della violenza politica nel nostro Paese obbedisce a ragioni di stretta natura politica. Senza voler in alcun modo tracciare un parallelismo, in termini assoluti la nostra posizione è stata simile a quella mantenuta per decenni dal Sinn Fein in Irlanda e dallo stesso Nelson Mandela in Sudafrica. Quello che ha caratterizzato la nostra posizione su questo tema è la necessità di un superamento definitivo della violenza e del conflitto politico con il dialogo e il negoziato. Il nostro impegno è stato ed è sincero: le armi, tutte le armi, devono scomparire definitivamente dall'equazione politica basca.
- Lei rifiuta le estorsioni agli imprenditori, la cosiddetta imposta rivoluzionaria?
Sono fatti che devono sparire. Tutte le minacce e persecuzioni per motivi politici, tutte le vulnerazioni dei diritti devono sparire. E davanti a questo obiettivo nessuno può essere indifferente né sentirsi fuori. Io neanche
- Lei crede che uccidere un poliziotto o un consigliere è il cammino per ottenere l'indipendenza di Euskal Herria?
Non esiste altro cammino verso l'indipendenza che quello che si sviluppa per via pacifica e democratica. Non consideriamo compatibile con la strategia indipendentista il ricorso alla violenza armata. Questa è una conclusione a cui siamo arrivati e che esprimiamo senza ambiguità. Detto questo, spero e mi auguro che il popolo spagnolo, i suoi poteri pubblici, i suoi agenti sociali, politici, il suo Governo, accettino con la stessa energia che l'uso della coazione, della tortura, dell'illegalizzazione di partiti, della chiusura di mezzi di comunicazione non possono né devono far parte della sua strategia per cercare di impedire il progetto indipendentista.
Se l'ETA uccidesse domani la condannerebbe? E il resto di Batasuna?
Lei mi propone un'ipotesi impossibile o altamente improbabile, dato che l'ETA ha annunciato la fine delle sue azioni armate, ma non voglio eludere la domanda. Se un tale fatto succedesse, la sinistra abertzale, in virtù delle sue riflessioni e degli impegni assunti con la comunità internazionale e in applicazione dei Principi Mitchell, si opporrebbe. Lo smarcamento realizzato dalla sinistra abertzale davanti a supposti atti della kale borroka determina con chiarezza questo impegno per via politica e democratica.
- Perché non si è potuti arrivare a questo punto 3, 4, 5 anni fa?
Mantenere una posizione autocritica permanente sulla strategia è uno dei nostri segni d'identità, come organizzazione politica. Le nostri attuali posizioni sono frutti di un lungo processo di maturazione che non è stato esente da complicazioni. Il cambio dimostra la maturità della nostra ampia base sociale, che ha saputo farlo in condizioni estreme e senza alcuna rinuncia di quello che siamo stati e siamo, dei nostri principi e dei nostri obiettivi. Che questo cambio sarebbe potuto essere possibile o meno 4 o 5 anni fa può essere oggetto d'interpretazioni diverse, la cosa importante è che si è prodotto nonostante potenti agenti dello Stato abbiano trattato di impedirlo attraverso la repressione; la nostra carcerazione non aveva altro obiettivo. Bene, non ci sono riusciti.
- Perché bisogna fidarsi di voi o dell'ETA, dopo l'attentato alla T-4 e dopo tante tregue fallite?
Voglio chiarire che siamo ricettivi e rispettosi verso i settori che manifestano "scetticismo" circa la sincerità delle nostre posizioni e lo fanno in buona fede, ma siamo specialmente critici verso altri settori, specialmente della classe politica, che usano lo scetticismo come supposto argomento per mantenersi su posizioni assolutamente immobiliste, perché stanno bene nell'attuale situazione di blocco. Bene, tutti abbiamo le nostre ragioni per sospettare dei nostri avversari, delle loro intenzioni presenti e future. Ma dobbiamo avanzare. Davanti a questa realtà di sfiducia multidirezionale, abbiamo adottato una posizione di principio che ci permette avanzare: adottare decisioni e svilupparle unilateralmente, depositando nel nostro popolo e nella comunità internazionale la fiducia e garanzia unica dell'evoluzione del processo democratico. Il processo democratico in questa fase non dipende dall'esistenza di impegni precedenti né dalla fiducia in un determinato Governo. Consideriamo assolutamente superato questo schema. E' evidente che in fasi più avanzate il processo esigerà dinamiche, accordi e impegni di carattere multilaterale, ma raggiungeremo questa fase solo se siamo capaci di generare le condizioni necessarie dalla mobilitazione della società, dalla complicità della comunità internazionale per una soluzione democratica e dalla materializzazione di gesti e azioni di carattere unilaterale.
- State facendo pressioni sull'ETA perché dichiari la fine definitiva e irreversibile della violenza?
Mi creda se le dico che l'ETA non è un'organizzazione che adotta le sue decisioni in base alla molta o poca pressione che riceve. In ogni caso posso confermarle che sono anni che utilizziamo il nostro pensiero politico per influire in decisioni che permettano aprire una nuova fase con la scomparsa della violenza politica e il consolidamento di uno scenario di dialogo e negoziato verso soluzioni definitive.
- Perché le vittime dell'ETA dovrebbero accettare l'uscita dal carcere degli assassini dei propri familiari?
Abbiamo sempre manifestato il nostro rispetto per l'opinione delle vittime, che vogliamo sottolineare, esistono da tutte le parti. Le loro opinioni, le loro preoccupazioni, le loro paure... devono essere ascoltati, accolti e risarciti nella misura delle nostre possibilità. Dal mutuo riconoscimento e dal rispetto dobbiamo essere capaci, senza che ci sia oblio, di costruire un futuro migliore per le seguenti generazioni, tanto di Euskal Herria quanto dell'insieme dello Stato spagnolo.
- Crede fattibile una rottura definitiva tra l'ETA e la cosiddetta sinistra abertzale? L'ETA può diventare una specie di Real IRA, dissidente, emarginata e condannata dal resto della sinistra abertzale?
Ho impressione e costanza che esistono nello Stato settori potenti che scommettono decisamente su uno scenario di mantenimento della violenza armata, il più residuale possibile, accompagnato dal nostro allontanamento definitivo da questa, invece che su uno scenario di superamento integrale della violenza armata. Questo è, la versione spagnola dei sicurocrati britannici. L'ipotesi di un'ETA-autentica è altamente improbabile, per non dire impossibile. Non contempliamo questo scenario e il nostro sforzo è diretto verso un superamento giusto, stabile e democratico del conflitto in termini globali.
- Le sue parole per una ricerca di una soluzione politica pacifica del problema basco sono irreversibili? O esistono ipotetiche circostanze in cui tornerebbe ad appoggiare la violenza come strumento politico?
La nostra posizione, rispetto a una soluzione pacifica e democratica del conflitto, è irreversibile e non consideriamo alcun orizzonte né ipotetiche circostanze che ci facciano cambiare posizione.
- Lei è in carcere e una maggioranza la considera un estremista incapace di scommettere sulla pace e condannar ei violenti. Non ha pensato di abbandonare la politica e la vita pubblica?
Non mi considero una persona estremista, questa etichetta è stata fabbricata da determinati mezzi di comunicazione che bevono da fonti molto prossime ai servizi della polizia e dell'intelligence spagnoli. Le assicuro che chi ha condiviso con me lavori politici di diverso tipo, a livello nazionale o internazionale, non condivide affatto quest'affermazione. D'altra parte le assicuro che non ho mai pensato di abbandonare il mio impegno militante, che mi accompagnerà fino alla fine dei miei giorni.
- Crede che tornerà alla politica democratica, a sedersi nel Parlamento basco prima o poi?
Senza dubbio, e mi lasci fare una previsione: mi siederò nei banchi del gruppo maggioritario della Camera, quello degli indipendentisti di sinistra. Questo succederà probabilmente più tardi di quanto noi desidereremmo, ma molto prima di quanto desidererebbero i nostri avversari.
- Cosa pensa di Patxi López?
Patxi López è il lehendakari della Comunità Autonoma Basca e sa che non rappresenta la maggioranza sociale in questa comunità. E' ostaggio del PP e in parte della carica istituzionale che occupa. Vorrei mandargli un messaggio: oltre a definire "insufficienti" i nostri passi, che sia coraggioso e ne faccia qualcuno, per quanto sia insufficiente; per esempio, dica, come il suo collega Montilla (il presidente della Catalogna, socialista come López NdRSO), che Euskal Herria è una nazione e ha il diritto di decidere il suo futuro liberamente e democraticamente.