sabato 27 novembre 2010

Lo spagnolo, da Cervantes a Calle 13: cos'è davvero, una lingua?

Oggi apre a Guadalajara, in Messico, la Feria Internacional del Libro, la più importante manifestazione editoriale del mondo in lingua spagnola. Ospite della Feria è la Castilla y León, la culla dello spagnolo, non per niente chiamato castellano, castigliano, in tutti i Paesi ispanici, per distinguerlo, in maniera più o meno corretta, dalle altre lingue parlate nella comunità iberoamericana. E' curioso che sia proprio la terra in cui lo spagnolo è nato a raccontarsi in questa rassegna, preceduta tradizionalmente dall'attenzione per lo stato di salute dello spagnolo; quest'anno, poi, il dibattito è ancora più intenso, visto che proprio a Guadalajara, domani, 28 novembre, le 22 Academias de la Lengua si riuniranno per approvare le modifiche dell'ortografia dello spagnolo.
El Pais saluta l'apertura della Fiera messicana con un bell'articolo intitolato Da Cervantes a Calle 13, a testimoniare la duttilità di questa lingua, che passa dalla poesia al rap, dai giovani ribelli alle università più antiche; il quotidiano madrileno interroga scrittori e poeti dello spagnolo americano sui progressi della lingua nelle loro terre, della sua evoluzione come una specie di koinè de i Paesi ispanici, dell'interesse del grande vicino del Nord, che si sta sempre più ispanizzando ed è pertanto sempre più attento ai fermenti culturali del lato meridionale del Rio Grande (anche se non sempre gli Stati Uniti rispondono alle inquietudini ispaniche con l'interesse che agli intellettuali di lingua spagnola piacerebbe). E' un articolo scritto per paragrafi, ognuno dei quali tratta un tema differente e fa parlare uno scrittore diverso; a separare i punti in cui è diviso l'articolo ci sono domande sulla lingua che non valgono solo per lo spagnolo e che fanno pensare anche chi ispanico non è.  Riporto solo le parti dell'articolo che mi sono piaciute e che mi hanno colpito, semplicemente per queste ragioni.
Chi vuole leggere l'intero testo lo trova, in spagnolo, a questo link.

Ci sono i numeri e i numeri dicono che il 96% degli abitanti del pianeta si capisce con solo il 4% delle lingue esistenti e che una di tutte, la seconda lingua di nascita dopo il cinese mandarino, riunisce 450 milioni di persone, che sono madrelingua: che 450 milioni di persone chiamano luna la luna, sol il sole, tierra la terra, muerte la morte. I numeri sono ottimisti e dicono che nel 2050 550 milioni capiranno, senza bisogno di un dizionario, il significato della parola círculo, della parola espejo (specchio), della parola hijo (figlio). Sono i numeri. E c'è quello che dice un uomo all'altro lato del telefono, dal suo ufficio dell'Universidad Diego Portales, di Santiago del Cile, dove lavora: "Molti sono ottimisti perché la vedono in questi termini. Ci saranno più persone che lo parleranno e questo significa una serie di guadagni con l'insegnamento della lingua". Il telefono fa un rumore lontano. Sembra che l'uomo parli chino, cercando carte sul pavimento o guardando senza vedere qualche angolo oscuro. "Ma penso che non sia tanto importante quanti parlano una lingua, quanto di cosa parlano in quella lingua". Raúl Zurita è cileno, poeta prestigioso in un Paese seminato di poeti, e parla in una lingua che condivide con persone di 21 Paesi, in un impero in cui non tramonta il sole. "E di questo, di cosa si parla, nessuno sta dicendo niente".

Cos'è una lingua? Una patria, una bandiera, uno strumento di conquista? Il modo in cui un gruppo di persone parla della paura o dice "Abbi pietà"? Un'opportunità per fare affari, una strategia d'espansione, un capitale, un corso di due mesi all'estero? Un pugno di canzoni? Le frasi di tutti i suoi romanzi, i versi di tutte le sue poesie, i paragrafi di tutti i suoi saggi? Un cliché?

Nel 2010 un Mondiale di calcio vinto dalla Spagna e una tragedia con finale felice trasmessa in tempo reale in tutto il globo, il salvataggio, in Cile, dei 33 minatori, hanno messo il mondo ispanico nel cuore della morbosità globale. Se a questo aggiungiamo tra situazioni, una d'impatto e due discrete, e tutte puramente letterarie, il Premio Nobel a Vargas Llosa, l'Argentina come Paese invitato alla Fiera di Francoforte, la rivista Granta che diffonde la sua lista delle migliori voci dei narratori giovani in spagnolo, si potrebbe pensare ad un presente ottimista per la lingua e, in particolare, per la sua letteratura.

Cos'è una lingua? Il testo del bolero, del tango, della salsa? La moltiplicazione delle sue norme, i bauli sacri in cui si conservano le regole che la domano? Il suo prestigio? La legittimazione di se stessa dopo essere diventata, paradossalmente, un'altra, altre?

C'è un interesse maggiore per la letteratura spagnola e latinoamericana, ma, come sempre, è difficile distinguere tra l'interesse letterario e l'interesse commerciale. In quanto agli scrittori latinoamericani, c'è un'attenzione maggiore di quella degli ultimi 10 anni, ma non potrei assicurare a cosa si deve. Negli USA, per esempio, il Nobel non ha tanta influenza come Oprah Winfrey, la conduttrice leader della tv, che è chi ha prodotto il fenomeno Bolaño in questo Paese, dedicandogli un programma di un'ora e consigliando la sua lettura. In tutti i modi, ogni anno il numero di contratti di traduzione degli scrittori spagnoli e latinoamericani dell'agenzia aumenta. Quest'anno è stato un record. Credo che chiuderemo l'anno con oltre 150 traduzioni.

Cos'è una lingua? Una convenzione per chiamare tiepido il tiepido e caldo il caldo? Una patria molteplice, caotica? Una patria unica che deve lottare per mantenersi così? Il basco, il gallego, il catalano, la vasta Iberoamérica? La sua unità o la sua diversità o entrambe le cose?

In un saggio intitolato El futuro del español, il cubano Humberto López Morales, vincitore quest'anno del PRemio Isabel Polanco per il suo saggio La andadura del español por el mundo, segnala che questa lingua, nonostante la sua diversità, ha un'unità mostruosa: l'80% dei termini usati è comune a tutti i Paesi che la parlano. In un articolo scritto per il Congreso de la Lengua de Cartagena nel 2007, lo scrittore colombiano Daniel Samper Pizano, che ha organizzato la sua vita tra la Spagna e la Colombia, si permette di pensare, con il maestro portoricano Salvador Tió che "qualunque ispano parlante può entrare dal New México, attraversare il Centro America, continuare per la costa del Pacifico, entrare nelle cordigliere e nelle selve, attraversare la pampa argentina, salire per l'Uruguay e continuare verso le Antille e da lì alla Spagna e può capirsi non solo con i colti: può capirsi con qualunque campesino". "Il miracolo" dice Héctor Abad Faciolince "è che dopo 500 anni ci capiamo ancora e non dobbiamo fare come i brasiliani e i portoghesi, edizioni e traduzioni diverse per l'Europa e per l'America".

E cos'è lo spagnolo, questa lingua che ha decantato per oltre mille anni ed è arrivata alla nuova America, dove si è incrociata con l'aimara, il guaraní, il mapudungún, il maya, il quechua, il taino; la lingua di Cervantes e di Calle 13 che parlano 450 milioni di persone, delle quali appena 40 milioni vivono nel posto da cui la lingua venne?

"Solo il 10% della popolazione ispano parlante vive in Spagna" dice Álex Grijelmo, direttore dell'agenzia EFE e autore di La gramática descomplicada "Questa lingua è sempre più americana e l'Academia adotta mano a mano soluzioni che hanno a che vedere con gli americani, come, per esempio, chiamare la i greca ye. Credo che in Spagna, fino a poco tempo fa, sentissero che qui se dettavano le regole e quello che succedeva in America è che deviavano. Adesso l'atteggiamento è pensare che la lingua si sia arricchita in America. Credo che quello che caratterizza lo spagnolo sia la relazione sentimentale con la lingua. Appena si incontrano due hispanohablantes, il primo argomento di conversazione è la lingua: come si dice automobile nel tuo Paese, queste cose. In India si parla inglese, ma io non mi immagino un vincolo così forte tra la India e Washington come tra il Guatemala e Santiago del Cile".

Che cos'è una lingua? I suoi dizionari, la sua grammatica? Le signore dei mercati che gridano los fríjoles, los frijoles, los fréjoles? Gli SMS? Le tre parole per dire "eso me importa" (questo mi importa) o "no te vayas" (non te ne andare)?