giovedì 7 aprile 2011

Animati dal poeta Javier Sicilia, migliaia di messicani in piazza contro la violenza

Se non fosse stato che tra le sette persone torturate e uccise a Cuernavaca, nel Messico, c'era anche il Juan Francisco Sicilia, 24enne figlio del poeta Javier Sicilia, forse l'ennesima strage della delinquenza messicana sarebbe passata quasi inosservata, in un Paese abituato ad aggiornare quotidianamente la lista delle vittime della violenza. Dal 2006, da quando Felipe Calderón è salito alla presidenza del Messico e ha iniziato la guerra al narcotraffico, attraverso l'uso dell'Esercito, sono morti 35mila messicani, la maggior parte dei quali senza ricevere giustizia. Il 98% dei delitti rimane impunito, grazie alla connivenza tra delinquenti e poliziotti e alla corruzione che si è impadronita dei gangli delle istituzioni.
Il dolore di Javier Sicilia, poeta e intellettuale apprezzato, ha dato voce all'indignazione dei messicani per bene, che sono ovviamente la maggior parte della popolazione, anche se senza voce. E' stato lui a parlare del figlio, un giovane uomo di solida formazione culturale, a testimoniare che tra i 35mila morti non ci sono solo narcos e delinquenti e che la violenza non è solo, come vorrebbe far credere il governo, il frutto dei regolamenti dei conti tra le bande di delinquenti, ma spesso, troppo spesso, coinvolge cittadini innocenti.
In morte del figlio Javier Sicilia ha composto questa poesia: El mundo ya no es digno de la palabra/ Nos la ahogaron adentro/Como te asfixiaron/Como te desgarraron a ti los pulmones/Y el dolor no se me aparta/Sólo queda un mundo/Por el silencio de los justos/Sólo por tu silencio y por mi silencio, Juanelo. (Il mondo non è più degno della parola/l'hanno affogata dentro di noi/come a te hanno asfissiato/come ti hanno strappato i polmoni/E il dolore non mi lascia/rimane solo un mondo/per il silenzio dei giusti/solo per il tuo silenzio e per il mio silenzio, Juanelo).
Dopo aver scritto questa poesia per il figlio, letta nello zócalo di Cuernavaca, Sicilia ha annunciato che non avrebbe più scritto versi: "Non esiste più poesia in me" si è giustificato.
Ma non ha smesso di volere un Messico diverso. Per questo è stato uno degli animatori della manifestazione organizzata ieri in numerose città del Paese, per chiedere la fine delal violenza e giustizia per i sette assassinati di Cuernavaca e per le migliaia di messicani che hanno perso la vita e per i quali non è stata fatta giustizia. "Siamo stanchi, molto addolorati. Ogni ragazzo che sta morendo sta già diventando il figlio di ognuna delle persone di questa nazione. Il cuore del Messico è appassito per la violenza criminale" ha detto Sicilia.
Ieri erano in migliaia, sulle strade del Messico a chiedere la fine della violenza. Cuernavaca, all'essere la città vittima dell'ultimo episodio violento, è stata un po' la capitale di questa grande manifestazione dell'indignazione dei messicani. Sono scesi in strada in 15mila, tantissimi per una città in cui non si erano mai registrati prima episodi di violenza così grave. Javier Sicilia ha annunciato che sarebbe rimasto nello Zócalo, davanti al Palazzo del Governo dello Stato di Morelos, ad aspettare che le autorità trovino gli assassini di suo figlio. Ha dato tempo fino al 13 aprile, poi, nel caso in cui l'omicidio di Juan Francisco rimanesse impunti, andrà a Città del Messico, a chiedere la destituzione del Governatore Marco Antonio Adame. Accanto a lui, nella manifestazione, l'attore statunitense di origine ispanica Edward James Olmos, ricordato soprattutto per il ruolo di commissario di Miami Vice; colpito dal clima respirato durante la marcia, ha annunciato che lavorerà negli Stati Uniti affinché il grande vicino del Nord sia finalmente consapevole della violenza che si vive in Messico e dell'indignazione e della stanchezza dei messicani per bene.
Se Cuernavaca è stata un po' la capitale morale delle manifestazioni di ieri, non sono mancate marce in tutte le principali città del Paese, da Guadalajara a Monterrey, fino a Puebla, Oaxaca e, addirittura, Ciudad Juárez, la città più violenta del mondo. Anche a Città del Messico la manifestazione è stata massiccia: migliaia di persone hanno riempito lo Zócalo della capitale chiedendo al governo "non più sangue", portando fiori e candele, deposte sotto la grande bandiera che domina la piazza più importante del Messico, in ricordo di tutte le vittime della guerra al narcotraffico. Hanno parlato in 15, dopo aver ascoltato, da Cuernavaca, Javier Sicilia: hanno letto poesie e manifesti, hanno espresso il dolore, la rabbia e la frustrazione per una guerra che sta rubando vite e futuro al Paese e hanno chiesto al Governo di cambiare la strategia di fronte alla violenza dei narcotrafficanti, sempre più potenti e sempre più presenti nei gangli dello Stato.
Javier Sicilia ha aperto un account su Twitter, @mxhastalamadre, affinché i messicani che ne hanno hasta la madre, fino ai capelli, per dirlo in modo elegante, della violenza che aggredisce il loro Paese, rimangano in contatto e possano dialogare.
Le fotografie della manifestazione di ieri, dalla galleria fotografica di El Universal.