mercoledì 13 luglio 2011

Come la logica del mercato ha distrutto il sistema scolastico cileno

Cercando informazioni sulle proteste degli studenti cileni, per il diritto a un'istruzione pubblica, gratuita e di qualità, ho trovato questa intervista alla ricercatrice dell'Osservatorio Cileno di Politiche Educative dell'Uiversità del Cile Jenny Assaél, che spiega come funziona il sistema scolastico e universitario cileno. Una spiegazione decisamente interessante sulle conseguenze di un sistema che non punta sul pubblico e si affida agli interessi del privato. L'intervista è del quotidiano argentino Página 12 e potete leggerla, in spagnolo, cliccando qui.

- Quando e come si inizia il processo di privatizzazione dell'istruzione cilena?
Prima degli anni 80, nel Cile il Ministero dell'Istruzione gestiva l'amministrazione dell'istruzione e avevamo un 90% dell'istruzione pubblica con finanziamento dello Stato. Dal 1981, il sistema d'amministrazione è passato ai municipi. Con questo è cambiato anche il sistema di finanziamento, che si è iniziato a pensare in base dalla domanda. Le istituzioni scolastiche si finanziano con una quantità definita per alunno. Se diminuiscono le iscrizioni, diminuisce il finanziamento e così inizia a funzionare la logica del mercato, la domanda e la concorrenza nell'istruzione.
- Che differenza c'è sul finanziamento tra istituzioni pubbliche e private?
Entrambe ricevono lo stesso finanziamento pubblico. La differenza è che le scuole private possono, in più, chiedere il contributo delle famiglie. E, se non fosse sufficiente, hanno un sistema esclusivo di scelta degli alunni. Opera inoltre un Sistema di Misura di Qualità dell'Educazione (Simce), che misura l'apprendimento degli studenti in modo standard. Inizia allora tutta una campagna sulla stampa in cui gli istituti pubblici hanno cattivi risultati, quando quello che davvero succede è che nelle scuole municipali si concentra la popolazione di maggiore povertà. Il risultato è un sistema assolutamente segmentato, in cui le scuole private selezionano gli alunni con maggiore livello socio-culturale e maggiore rendimento.
- E questo quali conseguenze comporta?
Si perde la democrazia del pubblico. La cosa interessante è poter condividere con un altro diverso da me. In genere l'apprendimento si produce quando c'è eterogeneità. Inoltre, siccome il finanziamento dello Stato centrale è insufficiente, alcuni municipi, i più ricchi, possono completare il Bilancio delle loro scuole, gli altri non possono contribuire. Non più di 20 municipi contribuiscono all'istruzione, ma in totale abbiamo 350 municipi. Così, mentre fino al 1990 avevamo ancora circa il 75% dell'istruzione pubblica, oggi in Cile abbiamo solo il 37% delle iscrizioni totali in istituzioni pubbliche e si prevede continuerà a scendere e che il settore pubblico arrivi a essere di un 30 o 25%.
- Come potrebbe essere rovesciato questo scenario?
E' molto complesso. E' un problema del nostro modello di sviluppo economico e politico. Si richiedono cambi legislativi di fondo. Siamo ancora sotto la Costituzione del 1980, in cui prevalgono i diritti privati e di mercato. La Legge Organica Costituzionale dell'Istruzione (LOCE) è stata promulgata da Pinochet il giorno prima di lasciare il suo incarico, nel '90. Questa legge consacra il lavoro iniziato negli anni '80, municipalizzazione, cambio nel finanziamento e privatizzazione. Dopo, nel 2009, dopo le grandi mobilitazioni studentesche, si fa una riforma e la LOCE è sostituita dalla Legge Generale dell'Istruzione (LGE), il cui primo progetto sembrava avere buoni principi, ma ha finito con l'essere peggiore della precedente. Inoltre sono uscite nuove leggi accessorie, che classificano gli istituti in base ai loro rendimenti, di nuovo la logica del mercato, che è regolata attraverso premi, castighi e incentivi.
- Qual è la situazione dell'istruzione superiore pubblica?
Iniziamo con il dire che nel Cile non esiste istruzione superiore gratuita. Le università pubbliche devono autofinanziarsi, attraverso le iscrizioni e le tasse pagate dagli studenti, perché lo Stato dà loro, in media, circa il 12%. C'è una percentuale di alunni con borse di studio, è vero, ma è molto bassa. Si può anche accedere a un credito con la garanzia dello Stato, ma con alti tassi d'interesse. Le università ricevono ancora alcuni fondi pubblici, che permettono finanziamento base del 20%, ma in realtà devono autofinanziarsi, e lo fanno attraverso le iscrizioni e le tasse degli alunni. Qual è il punto, in questo caso? Che le università pubbliche continuano a essere le più prestigiose, ma qui non arrivano i settori popolari o medio-bassi, perché dovrebbero pagare  non hanno capacità di indebitamento. La media che si deve pagare sono 5500 dollari all'anno.
- E quale la situazione dell'istruzione superiore privata?
Durante questo processo è iniziata la settorizzazione delle Università: prima c'erano sedi della Università del Cile in tutto il Paese, ma poi è rimasta solo a Santiago e le sue sedi sono state trasformate in università regionali, e così le hanno divise. Parallelamente è iniziata la crescita sfrenata delle università private, che nel Cile praticamente non esistevano. C'erano, sì, le tradizionali, la Universidad Católica, quella di Valparaíso. Anche l'istruzione superiore privata riceve fondi pubblici. Lo Stato dà un contributo fiscale indiretto, sovvenzionando le università per numero di studenti con alto punteggio al test d'ingresso all'università. L'istruzione tecnica superiore è stata completamente privatizzata, si sono vendute o consegnate concessioni alle imprese private. Lì non c'è alcun contributo dello Stato ed è lì dove va la gente che non può entrare all'Università.
- Qual è il dibattito centrale della mobilitazione studentesca?
Oggi nel Cile c'è un forte dibattito sull'istituzionalità dell'istruzione superiore, per una sua ristrutturazione e per un maggior finanziamento al settore pubblico. Inoltre cerca di rivedere il sistema d'ingresso all'Università. Quando è stata sostituita la LOCE con la LGE, nel 2009, si è modificata solo l'istruzione formale, mentre per quella superiore non c'è stato finora alcun cambio di legislazione. Adesso c'è una mobilitazione che non c'era dal 2006, con la Revolución Pingüina.
- Che posto occupano i docenti nelle proteste?
Il settore dei docenti di livello universitario è abbastanza disarticolato, non c'è un'organizzazione unica. I professori dell'istruzione superiore, in generale, lavorano in molte università, sono professori "taxi". Negli istituti privati, che sono la maggioranza, non c'è alcuna stabilità, hanno contratti per ora o a termine. Così nessuno si sindacalizza e si perde l'organizzazione.