martedì 13 settembre 2011

Javier Sicilia porta la Carovana della Pace nel Messico meridionale

Javier Sicilia, il poeta messicano diventato leader di riferimento contro la violenza del crimine organizzato, dopo l'assassinio del figlio Francisco, è tornato in strada. Stavolta la sua Caravana de la Paz è in movimento verso il Sud, negli Stati di Morelos, Guerrero, Oaxaca e Chiapas, per raccogliere altre storie di violenze e altre storie di gente comune. Se il Nord messicano è scosso dalla violenza del narcotraffico, il Sud conosce anche la violenza contro le comunità indígenas e contro "i fratelli" emigrati. Ed è con loro che Javier Sicilia e il suo Movimiento por la Paz con Justicia y Dignidad (MPJD) vogliono stabilire un contatto, per chiedere "un nuovo modello economico".
Vedete, si chiede un nuovo modello economico nel Cile trasformato in Stato-modello dei Chicago-boys e rifiutato dai suoi stessi cittadini, studenti in primis; si chiede un nuovo modello economico nel Mediterraneo musulmano, stanco di dittature politiche, economiche e sociali; si chiede un nuovo modello economico nell'Europa scossa dalla crisi del debito, pagata dai cittadini che non l'hanno provocata; si chiede un nuovo modello economico nel Messico sconvolto dalla violenza del narcotraffico e dalle connivenze dello Stato, che rendono insicura la vita dei cittadini in molta parte del territorio della Repubblica. E ovunque si chiede un Paese più a misura d'uomo, più giusto e più solidale, con movimenti partiti dal basso, i giovani nei Paesi arabi, gli studenti nel Cile, gli indignados in Spagna, le vittime della violenza nel Messico. Le realtà in cui si muovono questi movimenti sono geograficamente distanti, ma le richieste sono talmente simili che non possono non portare a una nuova pagina di storia.
Javier Sicilia è partito da Città del Messico quattro giorni fa, con una carovana di 13 autobus e 627 persone. E' tornato a Cuernavaca, dove suo figlio è stato assassinato, e poi si è infilato nelle lunghe strade che portano verso il Sud, "una zona del Paese con una grande tradizione di movimenti sociali e civili, che non ci sono al Nord".
"Questa volta non sono pianti di dolore per la violenza in Messico, ma clamori ancestrali di indígenas repressi, contadini spogliati di terre, comunità in cui gli stranieri travolgono l'ambiente, emigranti vittime di estorsioni, maestri desaparecidos o perseguitati" scrive El economista per descrivere il Messico meridionale che aspetta Javier Sicilia e la sua Carovana. E' il Messico indígena, che non appare nelle telenovelas di protagonisti biondi ed europei di Televisa e che è ignorato anche dalla politica. Qui le comunità indígenas resistono al liberismo con i caracoles, sistemi di autogestione che non rinunciano al mondo esterno, ma propongono modelli di sostenibilità ambientale e umana e ampliano così la democrazia e i diritti. Qui nel 1994 c'è stata la rivolta zapatista, con il Comandante Marcos trasformato per qualche tempo in un'icona di un altro mondo possibile, prima di tornare nel Chiapas, a sostenere la lotta degli indígenas e dei campesinos contro uno Stato che reprime i loro diritti. Qui ci sono i semi di un Messico nuovo possibile e di un nuovo modello di convivenza possibile.
Nello Stato di Oaxaca, Javier Sicilia è stato accolto nel sito archeologico di Monte Albán da un gruppo di indígenas mixtecos e zapotecos, che, con una cerimonia ancestrale, hanno voluto offrirgli il bastone del potere. "Mai più un Messico senza di noi!" ha proclamato il loro leader, Joel Aquino "E' finita la lunga note del dolore e della sofferenza. Come davanti a un nuovo mattino, oggi noi indígenas ci stiamo sollevando, per reclamare quello che ci corrisponde per giustizia e per diritto. Nel 1994 il sollevamento zapatista ha contribuito a rafforzare la coscienza dei popoli indígenas, per questo continuiamo a reclamare che gli Accordi di San Andrés Larráinzar diventino norma costituzionale". Con questi accordi, firmati nel 1996 dalla Repubblica Messicana con l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, il Messico si impegnava a inserire nella Costituzione diritti e autonomie dei popoli indígenas. Ma, 15 anni dopo, gli accordi sono ancora lettera morta. E Javier Sicilia, nel suo viaggio verso il Sud, ha invitato il Governo a rispettarli. "Siccome non siamo traditori, esigiamo che si rispettino gli accordi e le autonomie. Dicevano che le autonomie avrebbero balcanizzato il Paese e no, il crimine organizzato, l'impunità hanno balcanizzato il Paese, non gli indios" ha commentato.
A Monte Albán Sicilia ha incontrato i familiari di numerosi desaparecidos di Oaxaca: giovani e padri di famiglia scomparsi nel nulla, mentre si recavano al Nord a comprare qualcosa o mentre tentavano l'emigrazione verso gli Stati Uniti, inghiottiti probabilmente nel buco nero della tratta di persone e vittime delle stragi dei narcotrafficanti, che sequestrano e poi uccidono gli emigranti che non possono pagare i riscatti. "Nessuno ci dà retta, non abbiamo i soldi per cercarli" lamentavano alcune donne che hanno avvicinato Sicilia. Come se cercare un cittadino che scompare nel nulla non fosse dovere dello Stato e fosse una questione di denaro.
La Caravana de la Paz è adesso in viaggio verso il Chiapas, il territorio del Comandante Marcos. Non è ancora chiaro se i due leaders che resistono alla violenza e chiedono un Messico diverso, includente, giusto e solidale, si incontreranno, alcuni media lo danno per certo, altri riportano frasi di Sicilia, secondo il quale l'incontro si sta negoziando. Difficile immaginare incontro più mediatico e più politico, nel Sud del Messico.