martedì 27 settembre 2011

José Luis Rodriguez Zapatero scioglie le Camere: la sua tragedia, la crisi e le elezioni anticipate

E' il 9 maggio 2010 la data che indica il prima e il dopo della carriera di José Luis Rodriguez Zapatero. Potremmo dire che è la data che segna la fine della prima legislatura, progressista, laica e coraggiosa, e l'inizio della seconda, conservatrice e liberista. E' il giorno in cui l'Ecofin ha detto chiaro alla Spagna che o aggiustava i conti o ci sarebbe stato un intervento, in forma di salvataggio, sull'economia spagnola.
E' stato allora che José Luis Rodriguez Zapatero ha abiurato il suo credo progressista, ha tagliato del 5% medio gli stipendi dei funzionari pubblici, ha congelato le pensioni, ha tolto vari vantaggi fiscali per le categorie sociali più deboli, tipo l'abolizione dell'assegno da 2500 euro per ogni nuovo nato e la restituzione di 400 euro alle famiglie dalle dichiarazioni IRPEF. E' stato allora che la Spagna socialista e progressista si è sentita tradita dal suo leader più visionario, quello del no nos falles, non ci tradire, urlatogli dai militanti più giovani, la sera del 14 marzo 2004, quando, con ancora nelle orecchie le bugie del Governo di José Maria Aznar sugli attentati di Atocha di tre giorni prima, migliaia di persone hanno iniziato a credere in lui.
Il 9 maggio 2010 è cambiato Zapatero, è cambiata la Spagna. Tra qualche anno gli spagnoli gli riconosceranno i meriti della prima legislatura e ammetteranno che le riforme da lui iniziate affrettatamente, per non aver riconosciuto la crisi economica in tempo, sono il "lavoro sporco" che l'irriconoscente e ingeneroso Mariano Rajoy si risparmierà di dover fare (se verrà eletto) e le basi sulle quali la Spagna dovrà cambiare il modello economico.
Ieri, dopo che Zapatero ha firmato lo scioglimento delle Camere, e ha chiuso un'ulteriore porta, avvicinandosi mano a mano alla fine della sua carriera politica (non si presenterà alle elezioni e tornerà a vivere a León), per molti editoriali e molte tertulias televisive (dibattiti, dove giornalisti che più che tali sono rappresentanti politici, il che parla dell'obiettività dell'informazione che arriva ai cittadini, discutono di varia attualità) è stato tempo di bilanci. La cosa che colpisce di più è l'ingenerosità e l'accanimento: ZP colpevole e responsabile di tutto, dei 5 milioni di disoccupati, della bolla immobiliare, della crisi economica. In pochi gli riconoscono gli enormi progressi sociali, il declino dell'ETA, l'indipendenza garantita alla tv pubblica, e devono farlo quasi clandestinamente, per non essere travolti dall'intransigenza e dalla crudeltà di una destra che se la Spagna la vota, se la merita tutta (tornerò presto su questo perché ci sono dichiarazioni e anticipazioni su quello che sarebbe la prossima legislatura spagnola se vincesse il PP, che lasciano quantomeno perplessi). Qui mi preme riportare la parte di un editoriale uscito ieri su El Pais, che parla della "tragedia di Zapatero". Mi è molto piaciuto, lo condivido molto e spero che il Presidente possa prima o poi godere del riconoscimento degli spagnoli, una volta passata l'irrazionale furia di questo periodo.
"(...) Quando diceva che era lo stesso, accettava la compatibilità tra adottare le misure progressiste della sua prima tappa e le misure impopolari, che mai aveva pensato di poter adottare, al seguire i punti d'austerità segnati da un'Unione Europea assediata dalla crisi. La tragedia di Zapatero è stata precisamente vivere il paradosso di essere il presidente più progressista della democrazia a cui è toccato adottare alcune misure impopolari, alle quali non aveva mai pensato, all'essergli toccata in sorte la recessione economica più grave degli ultimi 80 anni.
Nella sua risposta alla crisi, Zapatero ha visto diluire il suo profilo nelle decisioni di un'Unione Europea indebolita e diretta da Francia e Germania. Usa dire che l'immensa maggioranza delle misure che ha adottato è la stessa di quelle degli altri Paesi della UE. Quelli che lo accusano di tutti i disastri possibili, se guardassero ad altri Paesi europei, vedrebbero che le misure si ripetono.
Per questo la seconda legislatura di Zapatero ha bisogno di tempo per essere giudicata in modo equanime. Per questo e perché la crisi è ancora lontana dall'essere superata. E, inoltre, perché l'analisi dovrà essere globale, perché Zapatero è rimasto intrappolato, come l'intera socialdemocrazia, nella stessa ragnatela che l'euro ha costruito in Europa e che sta abbattendo tutti i suoi governanti.
Il fatto è che Zapatero, da quando ha visto l'abisso per la prima volta, quella notte del 9 maggio 2010, non ha avuto altra ossessione che evitare l'intervento economico in Spagna. Questo e cercare di mantenere il più possibile la coesione sociale. La fattura che lo Stato paga ai disoccupati in questa crisi è storica. E Zapatero potrà annotare tra i suoi punti positivi il record di una bassa conflittualità sociale, nonostante abbia oltre 4,5 milioni di disoccupati.
La conseguenza della crisi è che le principali leggi sociali previste per la seconda legislatura, come l'approfondimento della laicità dello Stato, non le ha neanche sfiorate o non ha avuto tempo di portarle in Parlamento, come la Legge della Morte Degna, per le elezioni anticipate.
E' stata la crisi che ha potuto vincere Zapatero, non la destra politica e mediatica, che dall'inizio ha progettato una strategia della tensione continua per terminare con lui, iniziata con il non riconoscere la legittimità della sua vittoria nel 2004 e lanciare ombre di sospetto sul PSOE per l'attentato dell'11 marzo.
La destra politica e mediatica non ha potuto battere lo Zapatero della prima legislatura, il politico riformista ed entusiasta, che diceva "non sapete quello che si può fare con il BOE" e che cercava di risolvere i temi lasciati aperti dalla Transición, come il terrorismo dell'ETA. E' vero che gli hanno complicato il processo di riforma dello Statuto della Catalogna, per il quale ha commesso l'errore di permettere l'apertura di un dibattito con aspettative che non potevano compiersi.
Ma non ha potuto impedire che portasse avanti la Ley de la Memoria, che infine il processo di dialogo con l'ETA diventasse un successo strategico, che ci ha avvicinato oggi alla fine della violenza, un fatto molto importante e insufficientemente riconosciuto e che approvasse una serie di leggi sociali e di ampliamento dei diritti che persino i suoi rivali quasi neanche discutono. E che, dopo di questo, vincesse le elezioni di marzo 2008."