lunedì 27 febbraio 2012

23 ore di interrogatorio per Iñaki Urdangarin, che nega ogni responsabilità

E' durato un totale di 23 ore e mezza, spalmate su due giorni, l'interrogatorio di Iñaki Urdangarin, imputato dalla Procura di Palma di Maiorca per malversazione, frode e falso in documenti, nell'ambito delle indagini sulle attività dell'Instituto Nóos, di cui è stato presidente tra il 2005 e il 2006.
Il duca di Palma di Maiorca ha lasciato il Tribunale intorno alle 4 di mattina, anche se l'interrogatorio vero e proprio è terminato intorno all'1, causando un certo malessere tra i suoi avvocati e nella stessa Casa Reale per la durata e la durezza. Iñaki e il suo avvocato Mario Pascual Vives hanno passato le ore seguenti a controllare minuziosamente la trascrizione delle sue dichiarazioni (il genero del re ha rifiutato la registrazione del suo interrogatorio e la trascrizione del segretario ha allungato i tempi), in modo da correggere le parti che secondo loro non chiarivano lo spirito o il contenuto che intendeva trasmettere. Un po' tutti i media riportano che Urdangarin si è mostrato sereno e tranquillo durante tutto l'interrogatorio, molto più del primo giorno, senza mai dare segni di stanchezza e con un grande autocontrollo, che ha colpito i presenti (e che elpais.com attribuisce alla sua preparazione di atleta d'èlite).
Dall'interrogatorio risulta chiaro il punto più importante che il duca voleva e doveva chiarire: l'assoluta estraneità dell'Infanta Cristina dalla trama di captazione dei fondi pubblici (e privati) messa su dall'Instituto Nóos per poi deviarli a paradisi fiscali o a società intestate a Urdangarin e al socio Diego Torres (tra il 2004 e il 2007 hanno ottenuto oltre 6 milioni di euro da enti pubblici, soprattutto delle Comunidades delle Baleari e di Valencia).
Nella seconda giornata di comparizione davanti ai giudici il genero del re ha ammesso di aver continuato la sua attività con Nóos anche dopo l'invito della Casa Reale a slegarsi da qualunque rapporto con esso, ma ha anche aggiunto che si occupava esclusivamente di rapporti con enti privati e che è rimasto per concludere affari già avviati. I giudici gli hanno chiesto spiegazioni anche per un suo conto recentemente scoperto in Svizzera e il Duca, dopo un primo momento di sorpresa, ha spiegato di aver incassato attraverso questo conto il suo compenso di 300mila euro per la collaborazione nell'internazionalizzazione di Aguas de Valencia. Tra le sue varie attività di consulenza anche quella con l'imprenditore Domingo Diaz de Mera, presidente della Global Consulting Partners, per la quale ha ottenuto 300mila euro. Per buona parte delle fatture presentate alla Comunitat Valenciana e alle Baleari da Nóos, Urdangarin ha scaricato le responsabilità sul socio Diego Torres, come aveva già fatto ieri, e ha ripetuto di non essersi mai occupato della contabilità dell'Istituto, pertanto non era al corrente della trama di società per deviare il denaro all'estero.
Lo scambio di accuse tra Urdangarin e Torres, i cui rapporti sono gelidi, essendo il Duca convinto di essere stato derubato dall'ex socio (ha confermato il dubbio anche durante l'interrogatorio), non poterà però a un confronto tra i due. I magistrati che hanno interrogato Urdangarin (il giudice che istruisce il caso José Castro e due colleghi della Procura anti-corruzione) hanno per ora escluso misure cautelari contro il Duca.
Ad aspettare a casa Iñaki, l'Infanta Cristina, che è voluta rimanere pubblicamente al suo fianco e che è volata con lui a Palma di Maiorca, per non lasciarlo solo. La coppia ha dormito a Marivent, la residenza estiva della Famiglia Reale di Palma di Maiorca e, secondo i programmi, dovrebbe tornare oggi a Washington, dove sono rimasti i quattro figli.
Ad aspettare il Duca fuori dal Tribunale, non solo decine di giornalisti provenienti da tutta la Spagna e dall'estero, ma anche centinaia di persone che lo hanno fischiato e insultato (qualcuno ha anche lanciato uova contro la sua auto). A loro Arturo Pérez Reverte ha dedicato alcune righe su Twitter: "Inizio a essere stufo di queste truppe di linciatori autonomi. Adesso non c'è procedimento giudiziario senza una sulla porta. E' già una routine. Guardo le loro facce deformate, con la schiuma alla bocca e la vena del collo gonfia come quella del collo di un cantaor flamenco. Il gruppo aizzando, tirando uova, sicuro che se uno solo di loro se lo trova in un bar non gli direbbe neanche ba. Perché staranno lì, mi chiedo, di guardia, montando un teatro, se lui è già dentro dal giudice. (…) Mi suonano le loro facce, sono lo stesse che lo applaudivano quando si è sposato con l'Infanta e gli urlavano Guapo! Gli stessi che applaudiranno e faranno le foto con il cellulare al prossimo matrimonio che tocca. Ma oggi toccava guardare e, invece di sbavare, linciare. (…) Con questi opportunisti picchetti di strada, se non credessi che il biondo è un presunto canaglia, quasi mi sarebbe più simpatico. Meno male che lo so. Se questi linciatori vociferanti sono quelli che ci porteranno la Repubblica e la amministreranno, Vergine mia, che le cose continuino così". Impossibile non condividere.