lunedì 23 luglio 2012

L'agonia della Spagna in attesa del rescate: le tre opzioni rimaste

E' un'agonia. Per tutti noi che amiamo la Spagna e che non possiamo credere che abbia potuto perdere in così poco tempo la sua crescita e la sua allegria tumultuose e che non possiamo credere al suo impoverimento crescente ed evidente nelle sue strade. Per gli spagnoli, che sembrano già rassegnati agli anni di lacrime e sangue che li aspettano e che speriamo non si arrendano a questo desencanto che li accompagna ormai da troppo tempo (che li domini, piuttosto, questa indignación che incendia le loro strade e che può essere la molla per riportare il loro Paese verso la prosperità e la vivacità che abbiamo amato e ammirato).
Per tutta la giornata non c'è spagnolo che non abbia gettato uno sguardo alla prima de riesgo, lo spread, arrivata a oltre 670 punti. Il Governo si è inutilmente appellato alla BCE, chiedendole di comportarsi finalmente come una Banca Centrale (ma se la BCE è stata disegnata in altro modo, c'è poco da fare); che alla Moncloa siano disperati è ormai evidente: continuano a dire di aver fatto tutto il necessario e che è ora che Bruxelles collabori. Ma questa incapacità di controllare la situazione, questa evidente perdita di influenza e di importanza nella UE, stanno spingendo Mariano Rajoy verso l'impopolarità costata il posto a Georgios Papandreu e a José Socrates prima di lui. Un sondaggio pubblicato da El Mundo questa mattina registra il crollo di 9 punti del PP in eventuali nuove elezioni, ormai invocate da più parti (ma il PSOE cresce solo di 8 decimi, a indicare che nessuno ha dimenticato gli 8 anni di gestione economica di Zapatero, i suoi rifiuti di riconoscere la crisi, i suoi primi tagli alla spesa sociale, senza alcun risultato utile e con il tradimento dei valori socialisti).
Su elconfidencial.com, che sta seguendo fedelmente questa terribile giornata di sofferenza spagnola, ci sono vari commenti che sintetizzano l'attuale stato d'animo spagnolo; in essi riconosco molte conversazioni ascoltate nei bar sivigliani, in cui la prima de riesgo, la Merkel e la crisi hanno preso il posto di Betis, prensa del corazón e corride, e molte parole di amici desencantados e indignados.
"Ma si può essere più incapace?! la Spagna non può spendere 450 miliardi all'anno, se ha 380 miliardi di entrate. E' semplice! L'Europa chiede tagli di spesa, non aumenti delle tasse, incompetenti! Ma prima di smontare Regioni in bancarotta, licenziare il personale nominato per raccomandazione ed eliminare migliaia di cretinate e migliaia di politici pagati in questo Paese, preferite affondare il popolo. Questo si chiama alto tradimento del Paese, cavolo! Popolo: affila le ghigliottine! questi capiscono solo questo linguaggio e sono secoli che non lo parliamo!"
"Per favore, quello che dev'essere che sia, adesso! non so se potete immaginare il danno a tutti i livelli, anche quello psicologico, che sta facendo tutto questo a noi cittadini, specialmente ai più giovani, tra i 25 e 35 anni. Così come si sta gestendo la situazione si sta dando l'esempio di come non si deve trasmettere un messaggio alla società. Per favore che finisca, subito! e il giorno dopo iniziamo a rimetterci in piedi, ma quello che dev'essere, che sia adesso. Basta con quest'agonia!"
"Se Rajoy annuncia la richiesta di uscita dall'euro, la Merkel se la fa addosso e persino in America tremano... se allo stesso tempo annuncia una ristrutturazione seria e profonda delle amministrazioni, ne usciamo... passeremo alcuni anni difficili, ma ne usciremo... nell'euro, e sopportando il peso di quest'amministrazione, è impossibile uscire dalla crisi... aumentando le tasse si ottiene giusto l'effetto contrario, per questo l'annuncio dell'aumento dell'IVA è stato peggiore. Rettifichi, Rajoy, che ha ancora una strada davanti, se la vuole vedere".
La ricerca di soluzioni a questo strazio dell'economia spagnola, che pure non presenta numeri che giustifichino l'allarme internazionale (ma è ovvio che si tratti di un attacco speculativo, visto che la BCE né l'Europa hanno intenzione di intervenire, per frenare la caduta del Paese), tiene banco da tempo. La più proposta, quella che parla alla pancia degli spagnoli, è l'uscita dall'euro e il ritorno alla peseta, tanto persino in tv continuano a dare i prezzi in pesetas, dimenticando che sono 10 anni che c'è l'euro (è incredibile come moltissimi spagnoli continuino a pensare in pesetas); quando la gente è indignada, frustrada, rabiosa y exasperada è più facile parlare alla pancia che al cervello (ed è anche più facile che si ascolti più con la pancia che con il cervello). E in Spagna non abbondano politici che sappiano avere una visione a lungo termine, che vada oltre le elezioni e il risultato immediato; il Presidente del Governo Mariano Rajoy, poi, è un leader addirittura assente, semplicemente non si fa vedere (non era neanche in Parlamento, quando è stata approvata la manovra da 65 miliardi di euro, che ha portato migliaia di persone in piazza in 80 città spagnole, la scorsa settimana). La sensazione è quella di un Paese alla deriva, ostaggio e preda dei mercati, semplicemente perché privo di una classe dirigente carismatica e competente; a dir la verità è una sensazione lunga quattro anni, da quando José Luis Rodriguez Zapatero ha dimostrato di non avere le capacità per gestire l'imminente crisi economica, negandola per due anni, e l'opposizione di Mariano Rajoy gli ha rifiutato qualunque aiuto, esigendo soltanto le sue dimissioni, come se fossero la panacea dei mali spagnoli (sono bastati sette mesi per dimostrare che il problema non era Zapatero). Ed è una sensazione che è molto triste e dolorosa anche per chi è straniero ed era abituato a sentire un'atmosfera diversa ed eccitante sin dall'arrivo a Barajas. La Spagna alla deriva. Difficile crederci.
Stamattina, elconfidencial.com offriva tre scenari diversi per l'uscita dalla crisi. E nessuno è rassicurante.
Il primo è il rescate, il salvataggio, dato ormai per imminente da tutti, meno dal Governo, che lo ritiene "il meno probabile, perché supporrebbe un'iniezione di capitale di oltre 500 miliardi di euro, una quantità "esorbitante, difficilmente sottoscrivibile dalla UE", tra le altre ragioni perché implicherebbe che la seguente pedina a cadere sarebbe l'Italia, il che implicherebbe una quantità molto maggiore, 700 miliardi di euro. In ogni caso "suppone il riconoscimento di un fallimento che, inoltre, porterebbe inevitabilmente alla fine dell'euro, perché i Paesi nordici farebbero pressioni per la sua rottura" segnalano fonti dell'Esecutivo". Per questo il Governo di Rajoy continua a negare la necessità del rescate (ma prima di lui lo hanno fatto anche i Governi della Grecia e del Portogallo e sappiamo come è andata).
La seconda opzione è il default, cioè, la sospensione dei pagamenti, che, secondo elconfidencial.com, sarebbe "un modo di far pressione sulla BCE e sui Paesi nordici, in particolare la Germania, principale creditrice della Spagna, ma, allo stesso tempo, "darebbe un'immagine tremendamente negativa del nostro Paese e farebbe balzare lo spread a livelli inaccettabili, ance se lo è già, salvo che la UE agisca rapidamente, cosa che neanche ci libererebbe dal salvataggio" dicono fonti vicine al Governo". elconfidencial.com sostiene che questa sia per il Governo, però, la possibilità "più plausibile", tra le altre ragioni perché "se nella UE non si prende qualche decisione immediata, l'assenza di liquidità metterà a rischio il pagamento degli stipendi dei funzionari e degli interessi del debito oltre agosto o settembre.
Infine il terzo scenario, che prevede l'uscita o la rottura dell'euro. In questo caso, per decisione del Governo o dei Paesi nordici, che riuscirebbero così a imporre la loro idea di un'Europa a due velocità, la Spagna avrebbe di nuovo una propria moneta e potrebbe avere il controllo dei suoi indici di competitività: "E' vero che in un primo momento avrebbe conseguenze disastrose, ma ci darebbe autonomia per fare le nostre politiche e poter uscire dalla crisi prima del previsto. Questo sì, che i nostri creditori si scordino la restituzione dei soldi prima che la nostra economia dia segnali di ripresa" dicono le nostre fonti".
I prossimi giorni ci diranno quale scenario aspetta la Spagna e noi tutti.