Una bella riflessione da lanacion.cl sulla vicenda di Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks a cui l'Ecuador ha appena concesso l'asilo politico per evitare l'estradizione in Svezia, dove è accusato di violenza sessuale, e, probabilmente, negli Stati Uniti, dove potrebbe essere accusato di spionaggio ed essere anche condannato a morte. Al mettere in dubbio l'inviolabilità dell'Ambasciata dell'Ecuador e minacciando l'ingresso delle proprie truppe per catturare Assange, il Regno Unito mette in dubbio il principio dell'inviolabilità delle Ambasciate, che negli anni delle dittature militari sudamericane, ha salvato migliaia di vite. Per l'America Latina è un nervo scoperto e sensibile, che chissà se verrà utile a Rafael Correa, nei vertici regionali di questi giorni, in cerca di solidarietà dai Paesi vicini.
A Raul Sohr e al suo blog, grazie per questo punto di vista cileno e impensato, che offre altre prospettive allo scontro in atto tra Londa e Quito (ed è evidente che Julian Assange è l'ultima cosa che importa a entrambe). L'articolo, in lingua originale, è su lanacion.cl
Nel suo impegno per deportare Julian Assange, ha reso fragile un pilastro dei rapporti internazionali. All'insinuare la possibilità di inviare la polizia per catturarlo all'interno dell'ambasciata ecuadoriana nella capitale britannica, il Govenro di David Cameron ha messo in discussione l'inviolabilità delle sedi diplomatiche. Con questo ha danneggiato un principio che ha permesso a migliaia di latinoamericani di fuggire dalla tortura e dalla morte. Di conseguenza ha toccato un nervo vivo della sensibilità di chi ha vissuto sotto regimi dittatoriali.
Assange, australiano e leader di WikiLeaks, che ha pubblicato migliaia di cables segreti della diplomazia statunitense, è nell'occhio del ciclone. Rappresenta cose diverse per i Paesi coinvolti nel caso. Per Rafael Correa, il presidente ecuadoriano, e i seguaci di WikiLeaks, è un campione della libertà d'espressione. Per la procura svedese, che ad agosto 2010 ha chiesto la sua detenzione in Inghilterra, è un profugo, che deve rispondere delle accuse di violenza sessuale contro due donne. L'accusato nega simili imputazione e teme che se comparisse davanti ai tribunali svedesi, potrebbe essere estradato negli Stati Uniti, dove crede che sarebbe accusato di spionaggio.Se così fosse lo aspetterebbe una lunga condanna.
Nel loro impegno per evitare la deportazione di ASsange in Svezia, i suoi avvocati si sono appellati a tutti i livelli della giustizia britannica. Gli appelli non hanno prosperato e la Corte Suprema ha stabilito che dovrà comparire a Stoccolma. Per Londra il caso era chiuso. Ma il suo ingresso nell'Ambasciata ecuadoriana, due mesi fa e la richiesta di asilo hanno aperto una nuova pagina.
Il Foreign Office ha avvertito il Governo ecuadoriano che non avrebbe dato un salvacondotto per l'uscita di Assange se gli fosse stato concesso l'asilo. E' andato anche oltre, secondo Ricardo Patiño, il Ministro degli Esteri ecuadoriano, a cui è stato segnalato che certe disposizioni legali permettevano l'ingresso della Polizia nell'Ambasciata per arrestarlo. Sulla legalità di quest'azione le opinioni nel Regno Unito sono discordanti.
Non è chiaro quanto sia stata esplicita la minaccia di Londra, ma è sufficiente che si sia insinuato, anche in modo obliquo, per causare una maggiore inquietudine. Al di là dell'interpretazione dei testi legali, un Paese democratico che si distacca per il rispetto al Diritto, ha impugnato un qualcosa che finora anche i regimi dittatoriali si sono guardati dal mettere in discussione. Relativizzare il diritto d'asilo e l'inviolabilità delle ambasciate è un precedente che domani potrà essere invocato da tiranni di tutti i tipi. Decine di migliaia di latinoamericani sono scappati, attraverso l'asilo, da numerose dittature che hanno colpito la regione. I piccoli territori "sovrani" delle Ambiasciate, sono stati santuari che hanno salvato la vita a innumerevoli fuggitivi. Dittatori sanguinari hanno consegnato salvacondotti a persone accusate di cose un po' più gravi di quelle che pesano su Assange.
Il Foreign Office, nella sua determinazione per catturare Assange, ha minato un principio che aveva il rango di tabù nelle relazioni internazionali. C'è un enorme sproporzione tra i mezzi impiegati e i fini cercati. La diplomazia britannica ha la ben guadagnata reputazione di pragmatismo. Questo, purtroppo, non è il primo caso in cui è risultato più perseguitato il denunciante del crimine di chi l'ha commesso.
A Raul Sohr e al suo blog, grazie per questo punto di vista cileno e impensato, che offre altre prospettive allo scontro in atto tra Londa e Quito (ed è evidente che Julian Assange è l'ultima cosa che importa a entrambe). L'articolo, in lingua originale, è su lanacion.cl
Nel suo impegno per deportare Julian Assange, ha reso fragile un pilastro dei rapporti internazionali. All'insinuare la possibilità di inviare la polizia per catturarlo all'interno dell'ambasciata ecuadoriana nella capitale britannica, il Govenro di David Cameron ha messo in discussione l'inviolabilità delle sedi diplomatiche. Con questo ha danneggiato un principio che ha permesso a migliaia di latinoamericani di fuggire dalla tortura e dalla morte. Di conseguenza ha toccato un nervo vivo della sensibilità di chi ha vissuto sotto regimi dittatoriali.
Assange, australiano e leader di WikiLeaks, che ha pubblicato migliaia di cables segreti della diplomazia statunitense, è nell'occhio del ciclone. Rappresenta cose diverse per i Paesi coinvolti nel caso. Per Rafael Correa, il presidente ecuadoriano, e i seguaci di WikiLeaks, è un campione della libertà d'espressione. Per la procura svedese, che ad agosto 2010 ha chiesto la sua detenzione in Inghilterra, è un profugo, che deve rispondere delle accuse di violenza sessuale contro due donne. L'accusato nega simili imputazione e teme che se comparisse davanti ai tribunali svedesi, potrebbe essere estradato negli Stati Uniti, dove crede che sarebbe accusato di spionaggio.Se così fosse lo aspetterebbe una lunga condanna.
Nel loro impegno per evitare la deportazione di ASsange in Svezia, i suoi avvocati si sono appellati a tutti i livelli della giustizia britannica. Gli appelli non hanno prosperato e la Corte Suprema ha stabilito che dovrà comparire a Stoccolma. Per Londra il caso era chiuso. Ma il suo ingresso nell'Ambasciata ecuadoriana, due mesi fa e la richiesta di asilo hanno aperto una nuova pagina.
Il Foreign Office ha avvertito il Governo ecuadoriano che non avrebbe dato un salvacondotto per l'uscita di Assange se gli fosse stato concesso l'asilo. E' andato anche oltre, secondo Ricardo Patiño, il Ministro degli Esteri ecuadoriano, a cui è stato segnalato che certe disposizioni legali permettevano l'ingresso della Polizia nell'Ambasciata per arrestarlo. Sulla legalità di quest'azione le opinioni nel Regno Unito sono discordanti.
Non è chiaro quanto sia stata esplicita la minaccia di Londra, ma è sufficiente che si sia insinuato, anche in modo obliquo, per causare una maggiore inquietudine. Al di là dell'interpretazione dei testi legali, un Paese democratico che si distacca per il rispetto al Diritto, ha impugnato un qualcosa che finora anche i regimi dittatoriali si sono guardati dal mettere in discussione. Relativizzare il diritto d'asilo e l'inviolabilità delle ambasciate è un precedente che domani potrà essere invocato da tiranni di tutti i tipi. Decine di migliaia di latinoamericani sono scappati, attraverso l'asilo, da numerose dittature che hanno colpito la regione. I piccoli territori "sovrani" delle Ambiasciate, sono stati santuari che hanno salvato la vita a innumerevoli fuggitivi. Dittatori sanguinari hanno consegnato salvacondotti a persone accusate di cose un po' più gravi di quelle che pesano su Assange.
Il Foreign Office, nella sua determinazione per catturare Assange, ha minato un principio che aveva il rango di tabù nelle relazioni internazionali. C'è un enorme sproporzione tra i mezzi impiegati e i fini cercati. La diplomazia britannica ha la ben guadagnata reputazione di pragmatismo. Questo, purtroppo, non è il primo caso in cui è risultato più perseguitato il denunciante del crimine di chi l'ha commesso.