martedì 21 agosto 2012

Il 21 ottobre i Paesi Baschi al voto anticipato, tra crisi economica e fine dell'ETA. Il lehendakari: è un momento storico

Il lehendakari Patxi López ha annunciato che Euskadi tornerà al voto il 21 ottobre 2012, sette mesi prima della scadenza naturale prevista e il giorno dopo il primo anniversario dall'annuncio dell'ETA di rinuncia alla lotta armata (l'anniversario cadrà nella giornata di riflessione e chissà se è un caso). Le elezioni anticipate erano nell'aria da alcuni mesi, da quando il PP ha tolto il sostegno al Governo, il primo socialista nei Paesi Baschi nei 30 anni di democrazia. E' stato chiaro sin da subito che il PSE, il Partito Socialista di Euskadi, non poteva continuare a governare in minoranza, soprattutto visti i grandi cambiamenti che aspettano la Regione e la Spagna.
Da una parte la profonda crisi economica, con i tagli di Madrid alla Sanità, alla Scuola e alle Pensioni, che hanno visto sulle barricate Euskadi e l'Andalusia, le uniche due grandi Comunidades Autónomas che il PP non controlla, le uniche da cui il PSOE può mostrare un'alternativa possibile; Patxi óopez, giocandosi l'alleanza con il PP, ha evitato il copago, il ticket sulle medicine, imposto dal Governo centrale anche ai pensionati (che in caso di malattie croniche dovranno pagare il 10% delle medicine), è riuscito a mantenere buona parte delle politiche sociali avviate, ma sarebbe stato obiettivamente difficile nel futuro, con una minore raccolta fiscale, evitare i tagli. A meno di un mandato forte da parte degli elettori.
Dall'altra la sfida più importante che aspetta i Paesi Baschi in questi anni: la fine dell'ETA e la scommessa sulla convivenza tra le diverse anime della Regione. La rinuncia dell'ETA alla lotta armata, la legalizzazione di Bildu, il suo arrivo al Governo in importanti realtà di Euskadi come San Sebastián e la provincia di Gipuzkoa e il suo rafforzamento nei sondaggi, come prima o seconda forza nel caso di elezioni, in lotta con il PNV, il Partito Nazionalista Basco, che ha governato Euskadi negli ultimi 30 anni, hanno notevolmente cambiato lo scenario. Patxi López potrà sempre essere orgoglioso di essere il lehendakari sotto il cui mandato l'ETA ha dato l'addio alle armi e di essere l'uomo che ha mostrato a Euskadi che una via di pace è possibile, senza per questo lasciare in mano al nazionalismo l'affetto per la propria terra (López parla anche in euskera nei suoi comizi e porta al bavero un pin con la bandiera basca). Ma è evidente che, con un Governo minoritario e con un PP restio a dare segnali di pace da Madrid, pena la furiosa reazione di chi non vuole sentire parlare di dialogo con gli etarras (il risultato di anni di manipolazione delle vittime e di protagonismo degli ultras della tolleranza zero), è molto difficile che i Paesi Baschi possano pensare di chiudere davvero la pagina del terrorismo. E quanto sia forte l'opposizione a questo scenario in movimento, con l'ETA che chiede la fine del regime speciale per i suoi membri in carcere e con le forze indipendentiste, legalizzate, in grado di governare la regione, lo si vede in Twitter, nelle acidissime battute del direttore di El Mundo Pedro J. Ramirez, che ha annunciato le elezioni anticipate di Euskadi scrivendo: "Questo non vede l'ora di consegnare le chiavi di Granada", prendendo come riferimento Boabdil, l'ultimo re arabo di Spagna che, come gli rimproverò la madre Fatima sulla via dell'esilio, non seppe "difendere da uomo quello che stava piangendo come una donna" (e infatti uno dei fans di Pedro J ha immediatamente commentato: "Non pianga poi come nazionalista quello che non ha saputo difendere da socialista")
Dunque, Euskadi va verso le elezioni. Ci sarà tempo di parlarne nel blog: mancano due mesi e la sfida che aspetta questa regione tormentata e affascinante di Spagna è di quelle che meritano tutte le attenzioni.
Adesso che le elezioni anticipate sono nell'agenda politica del già caldo autunno spagnolo, Lopez ha scritto un post nel suo blog. Non è il suo testamento politico, perché a 53 anni sarebbe un po' presto e poi non solo continuerebbe ad avere un ruolo politico in Euskadi, nel caso di probabile sconfitta elettorale, ma è anhe considerato il più probabile successore di Alfredo Pérez Rubalcaba alla guida del PSOE. E' un post che traccia un bilancio orgoglioso di quattro anni di Governo, da parte dell'uomo che ha visto sconfitto l'ETA nei Paesi Baschi e che ha scommesso sulla pace, sulla convivenza e sulla tolleranza nella sua terra. Merita di essere letto anche in italiano.

A quest'ora credo che la notizia sia ampiamente conosciuta, ma non volevo non condividere nel blog le riflessioni che mi hanno portato a convocare le elezioni regionali basche per il prossimo 21 ottobre.
E' stata una decisione meditata e responsabile, adottata unicamente tenendo conto degli interessi generali della cittadinanza.
Così come ho manifestato nella mia comparizione pubblica delle 12, in accordo con il Consiglio del Governo di oggi e dei precedenti, abbiamo adottato buona parte delle misure necessarie per fare fronte alla crisi:
- Da un lato è già stata praticamente avviata la totalità dei programmi che, con ampie dotazioni di bilancio, avevano come obiettivo dinamizzare la nostra economia, aiutare le nostre imprese e lottare contro la disoccupazione
- E dall'altro abbiamo preparato le azioni per cui in Euskadi, mentre governiamo noi socialisti, i pensionati, i disoccupati e le persone con minori entrate non debbano più pagare le medicine. E abbiamo evitato altri tagli in Scuola, Sanità e altri Servizi Sociali.
Con la convocazione delle elezioni, non si fermerà il Governo né, tanto meno, Euskadi. Continueremo a sviluppare le nostre politiche e a far fronte a qualunque circostanza che si possa presentare nei prossimi mesi.
Considero, inoltre, che abbiamo rispettato i principali impegni assunti quando siamo arrivati al Governo.
Mettere fine al terrorismo è stato il maggior risultato dell'epoca democratica in Euskadi. Oggi, al finire la legislatura, posso dire con orgoglio che abbiamo messo fine al terrorismo in Euskadi e voglio ringraziare tutte le persone che lo hanno reso possibile, difendendo la libertà in questo Paese.
Solo per veder passeggiare nelle nostre strade in libertà tutte le persone, per ottenere che la libera opinione non significhi più rischiare la vita per molti, solo per questo, è valso la pena il Governo Socialista di Euskadi...
Ma questo Governo ha fatto molte altre cose:
- Abbiamo lasciato alle spalle la politica identitaria di conflitto permanente in cui vivevamo, in modo costante, solo quattro anni fa
- Abbiamo proposto politiche pubbliche per aiutare le nostre imprese, linee di avalli e di credito, per dotarle di finanziamento, abbiamo potenziato piani per la loro internazionalizzazione
- Abbiamo fatto dell'austerità e della gestione efficiente un nuovo modo di difendere i Servizi Pubblici in tempo di crisi, facendo di più con meno
- Abbiamo ricevuto un'Amministrazione con una spesa pubblica incontrollata, con aumenti annuali del 10%. E il Governo Socialista di Euskadi ha fermato lo spreco. E abbiamo mantenuto tutti i Servizi Pubblici e più che raddoppiando gli investimenti in politiche sociali.
- Abbiamo fatto un grande sforzo modernizzatore in Euskadi, in Scuola, Sanità, nell'Amministrazione, nelle politiche del Lavoro, nell'innovazione e nella ricerca...
In definitiva, abbiamo dimostrato che la buona gestione non è fare più tagli, come difendono il Governo Rajoy o i nazionalisti in Catalogna. Abbiamo dimostrato che c'è un altro modello, che può coniugare l'austerità con la crescita e che preserva, così, il nostro modello sociale e un sistema produttivo, innovatore e competitivo.
Oggi Euskadi è un Paese più moderno e più libero di quando siamo arrivati al Governo. Ma ci troviamo in un punto di non ritorno. Stiamo vivendo uno dei momenti più duri e difficili dell'epoca democratica, derivati dalla situazione di crisi attraversata dall'Europa.
Il Governo centrale si è trasformato in un'Amministrazione erratica, senza misure, con improvvisazione, che pensava che la sua sola presenza al Governo avrebbe risolto la crisi.
Da parte loro, le destre dell'Unione Europea stanno adottando misure che gettano nella miseria interi Paesi e si sono dimenticati delle persone e delle imprese, guardando solo alle entità finanziarie.
Sono convinto che sia necessario unire sforzi e avanzare insieme. Ma, soprattutto, è necessario sapere e decidere verso dove vogliamo camminare. Quali sono gli obiettivi che vogliamo difendere.
Credo, per tutto questo, che sia il momento adeguato per richiamare i cittadini alle urne, affinché i cittadini baschi determinino il modello e gli obiettivi con cui si deve gestire questo nuovo tempo.
Tocca rinnovare il contratto con i cittadini e che questi decidano quale progetto politico deve guidare Euskadi nei prossimi quattro anni.
Quattro anni fa lottavamo per la libertà piena in Euskadi. Oggi lottiamo per il nostro modello di benessere.
Ci sono proposte ben diverse sul tavolo e dev'essere la società basca chi sceglie il cammino da intraprendere.
Sono convinto che in Euskadi possiamo mantenere un modello sociale di solidarietà e di crescita.
Ma questo dipenderà della decisione che con il suo voto adotterà la cittadinanza basca.
Ci sono momenti, nella storia di una società, in cui i cittadini hanno l'opportunità di scegliere il cammino e il futuro per molto tempo. Credo che in Euskadi siamo in uno di quei momenti.