Nell'intervista concessa a Der Spiegel, anticipata ieri da vari siti d'informazione (era nella Home Page anche dei siti web spagnoli), Mario Monti ha lamentato come la scarsa flessibilità dei Paesi del Nord Europa non solo divida in due l'Unione Europea, ma stia anche favorendo un sentimento anti-euro in Italia. Più che anti-euro questo sentimento sembra essere anti-Germania. Ed è lo stesso sentimento che sta prendendo gli spagnoli. A quanti sarà capitato, nelle conversazioni con amici e conoscenti, di sentire inviti alla Germania di lasciare l'euro, se tanto le costa accettare gli oneri della moneta unica e della leadership del continente, o, addirittura, inviti al boicottaggio dei prodotti tedeschi, così "vediamo se capiscono che se noi non compriamo la loro economia va a picco"? In Spagna capita di frequente.
Ieri, mentre Mario Monti lanciava l'allarme, su El Mundo e su ABC, i più importanti quotidiani della destra spagnola riportavano articoli non esplicitamente anti-tedeschi, ma che invitavano a riflettere sul trattamento che la Germania sta riservando ai Paesi coinvolti nella crisi del debito e al trattamento che ha voluto per se stessa in analoghe circostanze.
Inizia El Mundo: "Esempio numero 1. Un Paese dell'Unione Europea, per esempio la Spagna, ottiene che la BCE compri direttamente 3,9 miliardi di euro di debito con l'obiettivo di "affrontare un indesiderabile aumento dei tassi d'interesse". La Germania si oppone. La Bundesbank dichiara il suo rifiuto assoluto. Wolfgang Schauble mette in discussione l'Unione Monetaria. L'euro affonda. La credibilità della BCE finisce a terra per sempre, amen.
Esempio numero 2. Un Paese dell'Unione Europea, per esempio la Spagna, decide che per ridurre il suo deficit, apprezzerà parte delle riserve d'oro della sua Banca Centrale. Dato che l'oro è a prezzi stratosferici, tramite questo sistema contabile così semplice, il Paese otterrà una diminuzione del suo deficit pubblico di mezzo punto del PIL, sufficiente per rispettare l'impegno assunto, senza che nessuno lo obbligasse e che di fatto ha imposto agli altri. La Germania si oppone. Angela Merkel e tutta la CDU-CSU e il Partito Liberale dichiarano abominevole questa misura. Il Paese che lo fa, la Spagna, è oggetto non solo di un attacco speculativo, ma della condanna mondiale, per un tipo di creatività contabile davanti al quale Nueva Rumasa è un esempio di solidità. Non solo l'euro crolla, ma si inizia a parlare chiaramente di rottura dell'eurozona. l Ministro delle Finanze che ha avuto la felice idea si dimette. Il Bundestag celebra un dibattito in cui condanna questa politica, la UEM è toccata forse a morte, la BCE deplora pubblicamente la decisione".
Lo scenario dei due esempi è apocalittico, ma il lettore, in fondo già preparato, non si sorprende troppo al leggere che la protagonista di queste acrobazie finanziarie sia stata proprio l'austera e severa Germania. Nel primo esempio era il 1975, con la sola differenza che a comprare il debito tedesco non era stata evidentemente l'allora inesistente BCE, ma la Bundesbank che oggi si strappa i capelli all'idea che la Banca Centrale Europea possa comprare il debito spagnolo o italiano per dare tregua agli spread dei due Paesi. Nel secondo esempio siamo nel 1997, già nell'era dell'euro, con la Germania governata dalla CDU-CSU, lo stesso partito di Angela Merkel; i Paesi europei sono impegnati nella convergenza richiesta dal Trattato di Maastricht e "a onore del vero bisogna dire che la Bundesbank si oppose e riuscì a intorpidire la misura" scrive El Mundo, sottolineando però che nella squadra di Governo c'era Jurgen Stark, l'economista che qualche mese fa si è dimesso dalla BCE, in disaccordo con l'acquisto del debito dei Paesi in crisi da parte della BCE.
La conclusione di El Mundo è durissima: "Stark dovrebbe astenersi dal dare lezioni. Come la Germania. Se questo Paese ha la leadership dell'eurozona deve assumere i fatti. Non può avere un atteggiamento passivo-aggressivo, pretendendo che gli altri siano come lei. Dovrebbe imparare dagli USA, che continuano a mantenere, per esempio, oltre il 50% del bilancio della NATO, nonostante quest'alleanza non serva loro molto. E dovrebbe ricordare che il suo passato è lontano dall'essere immacolato. Di quello che non c'è dubbio è che se gli americani ci stessero trattando come i nostri alleati europei (tedeschi, finlandesi o olandesi, per esempio), l'Ambasciata degli Stati Uniti sarebbe già ridotta in cenere" (sarà che anche noi europei abbiamo due pesi e due misure al reagire davanti all'imperialismo americano e a quello dei Paesi più forti dell'Unione, contro di noi?).
E l'ABC ricorda a noi e ai tedeschi perché il loro passato non è limpido. Non solo i due esempi di acrobazia contabile citati da El Mundo, ma anche tutte le volte del XX secolo in cui la Germania ha avuto bisogno di aiuto economico, "che non gli è stato negato".
Si parte ovviamente dal Piano Marshall, che, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, contribuì in modo decisivo a rimettere in moto l'economia europea. Di questi aiuti la Germania Occidentale ottenne circa 1,448 miliardi di dollari, cioè circa 1,17 miliardi di euro. "In questo modo la parte non comunista della Germania fu il terzo Paese europeo che ricevette più denaro dalle mani americani, dopo Francia e Gran Bretagna. Grazie al Piano Marshall e alle audaci politiche economiche del cancelliere Ludwig Edhard, la Germania Occidentale iniziò un'impressionante ripresa economica, conosciuta come il miracolo tedesco, con crescita del PIL dell'8% durante gli anni 50 e cadute della disoccupazione dall'11% deli 1950 all'1,3% del 1960". L'ABC ricorda anche, come contributo alla miracolosa crescita tedesca, il condono di metà del suo debito e la sospensione degli interessi dei prestiti stranieri. In questo modo gli Alleati evitarono i tragici errori del Trattato di Versailles, che, imponendo alla Germania riparazioni di guerra pesantissime e umilianti, finirono con il favorire le gravi difficoltà economiche e l'ascesa di Adolf Hitler.
Una quarantina d'anni dopo la Germania fu protagonista di un altro storico evento del XX secolo, la sua riunificazione, dopo la caduta del comunismo e del Muro di Berlino. La riunificazione tra le due Germanie fu dovuta non solo a ragioni politiche, spiega l'ABC, ma anche economiche perché, ad esempio, nel 1989 "il PIL della zona comunista era appena il 43% della media della Germania Occidentale".
La riunificazione della Germania ebbe pesanti conseguenze anche sull'Unione Europea, sottolinea l'ABC, per dimostrare come gli altri Paesi della UE siano stati allora più solidali di quanto la Germania sia oggi con loro. I Laender orientali dell'ex Germania Orientale si trovarono a essere parte dell'Unione Europea, "un fatto senza precedenti, dato che normalmente, affinché un Paese possa entrare deve iniziare un processo di vari anni, che esige che il candidato rispetti, secondo i Trattati europei, "alcuni criteri politici ed economici e assuma l'insieme di norme e trattati comunitari". D'altra parte, al contemplare questi Trattati la necessità di "ridurre le differenze strutturali tra le regioni dell'Unione e lo sviluppo equilibrato del territorio comunitario", l'Europa ha dovuto approvare in modo urgente un pacchetto di crediti per migliorare la critica situazione economica di Brandeburgo, Macklemburgo-Pomerania Occidentale, Sassonia, Sassonia.Anhalt e Turingia, i Laender che erano stati sotto il giogo comunista. Secondo un rapporto del Parlamento europeo, senza sapere se i dati forniti dalla ex DDR erano affidabili, l'Unione Europea ha approvato aiuti per un valore di tre miliardi di euro all'anno per il periodo compreso tra il 1991 e il 1993".
La conclusione di ABC non è dura quanto quella di El Mundo, ma piuttosto perfida (il che potrebbe essere peggio): "Nel periodi 1993-2013 la Germania è stato e sarà uno dei Paesi più beneficiati dai Fondi Europei di Sviluppo Regionale, del Fondo Sociale Europeo e del Fondo di Coesione. Così, secondo uno studio elaborato dal Dipartimento di Politica Regionale dell'Unione Europea, quando finirà il 2013, i tedeschi avranno ricevuto oltre 80 miliardi di euro".
Probabilmente, se la Germania fosse più flessibile e consentisse un "maggiore spazio di manovra" ai Paesi del Sud, così come richiestole da Mario Monti, tutti questi dati che parlano degli aiuti ricevuti dalla Germania e della solidarietà europea nei suoi confronti, non ce li avrebbero ricordati. E, in fondo, il sentimento anti-tedesco monta anche così. Ci pensi, Frau Merkel.
Ieri, mentre Mario Monti lanciava l'allarme, su El Mundo e su ABC, i più importanti quotidiani della destra spagnola riportavano articoli non esplicitamente anti-tedeschi, ma che invitavano a riflettere sul trattamento che la Germania sta riservando ai Paesi coinvolti nella crisi del debito e al trattamento che ha voluto per se stessa in analoghe circostanze.
Inizia El Mundo: "Esempio numero 1. Un Paese dell'Unione Europea, per esempio la Spagna, ottiene che la BCE compri direttamente 3,9 miliardi di euro di debito con l'obiettivo di "affrontare un indesiderabile aumento dei tassi d'interesse". La Germania si oppone. La Bundesbank dichiara il suo rifiuto assoluto. Wolfgang Schauble mette in discussione l'Unione Monetaria. L'euro affonda. La credibilità della BCE finisce a terra per sempre, amen.
Esempio numero 2. Un Paese dell'Unione Europea, per esempio la Spagna, decide che per ridurre il suo deficit, apprezzerà parte delle riserve d'oro della sua Banca Centrale. Dato che l'oro è a prezzi stratosferici, tramite questo sistema contabile così semplice, il Paese otterrà una diminuzione del suo deficit pubblico di mezzo punto del PIL, sufficiente per rispettare l'impegno assunto, senza che nessuno lo obbligasse e che di fatto ha imposto agli altri. La Germania si oppone. Angela Merkel e tutta la CDU-CSU e il Partito Liberale dichiarano abominevole questa misura. Il Paese che lo fa, la Spagna, è oggetto non solo di un attacco speculativo, ma della condanna mondiale, per un tipo di creatività contabile davanti al quale Nueva Rumasa è un esempio di solidità. Non solo l'euro crolla, ma si inizia a parlare chiaramente di rottura dell'eurozona. l Ministro delle Finanze che ha avuto la felice idea si dimette. Il Bundestag celebra un dibattito in cui condanna questa politica, la UEM è toccata forse a morte, la BCE deplora pubblicamente la decisione".
Lo scenario dei due esempi è apocalittico, ma il lettore, in fondo già preparato, non si sorprende troppo al leggere che la protagonista di queste acrobazie finanziarie sia stata proprio l'austera e severa Germania. Nel primo esempio era il 1975, con la sola differenza che a comprare il debito tedesco non era stata evidentemente l'allora inesistente BCE, ma la Bundesbank che oggi si strappa i capelli all'idea che la Banca Centrale Europea possa comprare il debito spagnolo o italiano per dare tregua agli spread dei due Paesi. Nel secondo esempio siamo nel 1997, già nell'era dell'euro, con la Germania governata dalla CDU-CSU, lo stesso partito di Angela Merkel; i Paesi europei sono impegnati nella convergenza richiesta dal Trattato di Maastricht e "a onore del vero bisogna dire che la Bundesbank si oppose e riuscì a intorpidire la misura" scrive El Mundo, sottolineando però che nella squadra di Governo c'era Jurgen Stark, l'economista che qualche mese fa si è dimesso dalla BCE, in disaccordo con l'acquisto del debito dei Paesi in crisi da parte della BCE.
La conclusione di El Mundo è durissima: "Stark dovrebbe astenersi dal dare lezioni. Come la Germania. Se questo Paese ha la leadership dell'eurozona deve assumere i fatti. Non può avere un atteggiamento passivo-aggressivo, pretendendo che gli altri siano come lei. Dovrebbe imparare dagli USA, che continuano a mantenere, per esempio, oltre il 50% del bilancio della NATO, nonostante quest'alleanza non serva loro molto. E dovrebbe ricordare che il suo passato è lontano dall'essere immacolato. Di quello che non c'è dubbio è che se gli americani ci stessero trattando come i nostri alleati europei (tedeschi, finlandesi o olandesi, per esempio), l'Ambasciata degli Stati Uniti sarebbe già ridotta in cenere" (sarà che anche noi europei abbiamo due pesi e due misure al reagire davanti all'imperialismo americano e a quello dei Paesi più forti dell'Unione, contro di noi?).
E l'ABC ricorda a noi e ai tedeschi perché il loro passato non è limpido. Non solo i due esempi di acrobazia contabile citati da El Mundo, ma anche tutte le volte del XX secolo in cui la Germania ha avuto bisogno di aiuto economico, "che non gli è stato negato".
Si parte ovviamente dal Piano Marshall, che, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, contribuì in modo decisivo a rimettere in moto l'economia europea. Di questi aiuti la Germania Occidentale ottenne circa 1,448 miliardi di dollari, cioè circa 1,17 miliardi di euro. "In questo modo la parte non comunista della Germania fu il terzo Paese europeo che ricevette più denaro dalle mani americani, dopo Francia e Gran Bretagna. Grazie al Piano Marshall e alle audaci politiche economiche del cancelliere Ludwig Edhard, la Germania Occidentale iniziò un'impressionante ripresa economica, conosciuta come il miracolo tedesco, con crescita del PIL dell'8% durante gli anni 50 e cadute della disoccupazione dall'11% deli 1950 all'1,3% del 1960". L'ABC ricorda anche, come contributo alla miracolosa crescita tedesca, il condono di metà del suo debito e la sospensione degli interessi dei prestiti stranieri. In questo modo gli Alleati evitarono i tragici errori del Trattato di Versailles, che, imponendo alla Germania riparazioni di guerra pesantissime e umilianti, finirono con il favorire le gravi difficoltà economiche e l'ascesa di Adolf Hitler.
Una quarantina d'anni dopo la Germania fu protagonista di un altro storico evento del XX secolo, la sua riunificazione, dopo la caduta del comunismo e del Muro di Berlino. La riunificazione tra le due Germanie fu dovuta non solo a ragioni politiche, spiega l'ABC, ma anche economiche perché, ad esempio, nel 1989 "il PIL della zona comunista era appena il 43% della media della Germania Occidentale".
La riunificazione della Germania ebbe pesanti conseguenze anche sull'Unione Europea, sottolinea l'ABC, per dimostrare come gli altri Paesi della UE siano stati allora più solidali di quanto la Germania sia oggi con loro. I Laender orientali dell'ex Germania Orientale si trovarono a essere parte dell'Unione Europea, "un fatto senza precedenti, dato che normalmente, affinché un Paese possa entrare deve iniziare un processo di vari anni, che esige che il candidato rispetti, secondo i Trattati europei, "alcuni criteri politici ed economici e assuma l'insieme di norme e trattati comunitari". D'altra parte, al contemplare questi Trattati la necessità di "ridurre le differenze strutturali tra le regioni dell'Unione e lo sviluppo equilibrato del territorio comunitario", l'Europa ha dovuto approvare in modo urgente un pacchetto di crediti per migliorare la critica situazione economica di Brandeburgo, Macklemburgo-Pomerania Occidentale, Sassonia, Sassonia.Anhalt e Turingia, i Laender che erano stati sotto il giogo comunista. Secondo un rapporto del Parlamento europeo, senza sapere se i dati forniti dalla ex DDR erano affidabili, l'Unione Europea ha approvato aiuti per un valore di tre miliardi di euro all'anno per il periodo compreso tra il 1991 e il 1993".
La conclusione di ABC non è dura quanto quella di El Mundo, ma piuttosto perfida (il che potrebbe essere peggio): "Nel periodi 1993-2013 la Germania è stato e sarà uno dei Paesi più beneficiati dai Fondi Europei di Sviluppo Regionale, del Fondo Sociale Europeo e del Fondo di Coesione. Così, secondo uno studio elaborato dal Dipartimento di Politica Regionale dell'Unione Europea, quando finirà il 2013, i tedeschi avranno ricevuto oltre 80 miliardi di euro".
Probabilmente, se la Germania fosse più flessibile e consentisse un "maggiore spazio di manovra" ai Paesi del Sud, così come richiestole da Mario Monti, tutti questi dati che parlano degli aiuti ricevuti dalla Germania e della solidarietà europea nei suoi confronti, non ce li avrebbero ricordati. E, in fondo, il sentimento anti-tedesco monta anche così. Ci pensi, Frau Merkel.