martedì 14 agosto 2012

Michelle Bachelet: La lunga strada per l'uguaglianza nello sport, dopo Londra 2012

Le 17 medaglie vinte dalla Spagna alle Olimpiadi di Londra sono lontane dalle 22 di Barcellona, numero mai più raggiunto dagli atleti spagnoli, ma in media con le 17 di Atlanta, le 19 di Sydney e le 18 di Pechino (ad Atene erano state solo 11). Tanto che, nonostante la delusione del calcio, del tennis e dell'atletica, si parla giustamente di un trionfo dello sport spagnolo. Quello che si sta altrettanto giustamente sottolineando è che è stato un successo soprattutto femminile.
"Poco più di 720mila donne iscritte alle Federazioni praticano sport in Spagna, una quarta parte dei 2,8 milioni di uomini iscritti, ma il successo è stata cosa loro" scriveva El Mundo un paio di giorni fa, per celebrare il fatto che 11 delle 17 medaglie spagnole siano state conquistate dalle donne. Il successo delle atlete (e curiosamente degli sport d'acqua) è stato travolgente, ma non è solo cosa spagnola, se Michelle Bachelet, ex presidente del Cile e direttore dell'Agenzia per le Donne dell'ONU, può dire con soddisfazione che le donne sono state il 45% dei partecipanti alle Olimpiadi (basti pensare che a Barcellona, solo vent'anni fa, erano il 25% e c'erano 34 delegazioni senza alcuna atleta, mentre stavolta, a Londra, persino squadre di Paesi come il Qatar, l'Arabia Saudita o il Bahrein hanno portato rappresentanti femminili).
Ma Michelle Bachelet, in un bell'articolo pubblicato da El Pais, approfitta di questo successo femminile alle Olimpiadi per dimostrare quanto sia ancora lunga la strada per la parità, anche nello sport. Si va dalle polemiche sollevate dall'abbigliamento che le atlete del pugilato dovevano indossare per distinguersi sul ring (si era parlato anche di gonne, che secondo Bachelet avrebbero rinnovato "gli stereotipi di genere"), alla violenza sessuale subita dalla judoka statunitense Kayla Harrison, da parte del suo allenatore, quando era adolescente, fino alla discriminazione negli spostamenti, per cui il Giappone e persino l'Australia hanno pagato biglietti aerei in prima classe agli atleti e in turistica alle atlete (e non si capisce perché, a parte il becero maschilismo e la stupidità abbondante).
"Uno studio fatto nel Regno Unito ha concluso che solo circa lo 0,5% di tutti i patrocini commerciali degli sport si destina a quelli femminili, mentre il 61% è destinato a quelli maschili, nonostante le donne stiano ottenendo sempre più fans e maggiori percentuali di audience. Lo stesso studio segnala che gli sport femminili ottengono solo il 5% della copertura mediatica e che il 43% degli adolescenti ritiene di non avere sufficienti modelli femminili di condotta. Il sessismo nello sport si manifesta anche nella breccia salariale; nella copertura dei media, che si concentrano più sull'apparenza che sull'impegno; nella mancanza di un accesso paritario a tutte le installazioni e agli strumenti sportivi, nei tempi di allenamento e allenatori; nelle competizioni, nel finanziamento e in una scarsa rappresentazione e leadership nelle istituzioni sportive" scrive Michelle Bachelet.
E anche il COI, il Comitato Olimpico Internazionale, non è estraneo a questo deficit nei confronti delle donne: solo il 10% delle sue poltrone è occupato dalle donne, mentre la meta del 1996 era che le donne arrivassero a occupare il 20% dei posti dei Consigli Direttivi dei 204 Comitati Nazionali e delle 35 Federazioni sportive. Secondo Bachelet la copertura di alcuni giornalisti sui temi della parità di genere e sulla presenza di atlete dei Paesi musulmani, tradizionalmente restii alla presenza femminile nello sport, ha dato maggiore consapevolezza e "speranza in tutto il mondo". La stessa judoka saudita Wodjan Ali Seraj Abdulrahim Shahrkhani, in gara per pochi secondi, ma nella storia delle Olimpiadi per essere stata la prima donna dell'Arabia Saudita a gareggiare, è consapevole dell'importanza della sua presenza: "Non ho dubbi che la mia partecipazione potrà aumentare la partecipazione delle donne in tutti gli sport" ha detto. E Michelle Bachelet aggiunge che "la sua partecipazione, anche se non ha portato nessuna medaglia, è stata una vera vittoria per l'Arabia Saudita".
"Ai Giochi Olimpici di Londra le donne hanno rotto molte barriere. Adesso hanno bisogno e meritano di avere uguaglianza di condizioni". Che Rio de Janeiro, nel 2016, non lo dimentichi.